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Roberto il Guiscardo ed un famoso giuramento

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di Pier Giorgio Monti  (Direttore scientifico del Museo Archeologico di Fregellae - Ceprano)
Il 29 giugno dell’anno 1080, a Ceprano, Roberto il Guiscardo prestò giuramento solenne al papa Gregorio VII, ottenendo l’investitura dell’Italia meridionale. Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo (il Furbo), era nato intorno al 1025 in Normandia. Sesto figlio del conte Tancredi, era arrivato in Italia nel 1047 da avventuriero con pochi soldati-briganti al seguito. Nell’Italia meridionale alcuni suoi fratellastri avevano ottenuto la Contea di Puglia come ricompensa per i servigi prestati a favore dei vari signori longobardi. Per alcuni anni anche lui combatté in favore di vari principi nell’intento di procurarsi vantaggi economici e terre su cui insediarsi. Con la vittoria del 1053 della battaglia di Civitate ottenne il vassallaggio alla Chiesa impegnandosi a proteggerla nel futuro. Con questo importante riconoscimento i Normanni divennero di fatto i difensori della Cristianità nel meridione d’Italia. Ripudiata la prima moglie, sposò a Melfi la principessa longobarda Sichelgaita di Salerno. Con questo matrimonio suggellò l’alleanza tra Normanni e Longobardi. Ma una nuova alleanza maturò nei suoi piani: quella con lo Stato della Chiesa. Nel frattempo subentrò al fratello Umfredo nel possesso delle terre di Puglia e di Calabria nell’anno 1057. Due anni dopo, con il Concordato di Melfi, fu nominato duca di Puglia, Calabria e Sicilia. Nei due decenni successivi fu continuamente impegnato in guerre di conquista per annettersi il meridione d’Italia e la Sicilia. La sua impresa più grandiosa, che tuttavia non riuscì a portare a termine, fu la campagna di guerra contro l’Impero bizantino. Motivata dalla deposizione dell’imperatore Michele VII, il cui figlio Costantino avrebbe dovuto sposare sua figlia Olimpia, Roberto il Guiscardo iniziò la sua ultima avventura nel mese di maggio del 1081. Sbarcato nei pressi di Durazzo con quasi 16.000 soldati inflisse una pesante sconfitta all’imperatore Alessio e conquistò l’isola di Corfù. Le sorti della guerra volgevano a suo favore quando, nel 1084, fu costretto a ritornare a Roma dove il papa Gregorio VII era assediato in Castel Sant’Angelo dalle truppe dell’imperatore Enrico IV. Giunto con un esercito di circa 36.000 uomini iniziò una terribile devastazione della città, passata nel frattempo all’antipapa Clemente III,  e costrinse le truppe avversarie alla ritirata. Nel frattempo la guerra contro l’Impero bizantino volgeva a suo sfavore dopo alcune sconfitte subite da suo figlio Boemondo. Rientrato in Grecia, riconquistò l’isola di Corfù ma, proprio mentre si accingeva a conquistare anche l’isola di Cefalonia, morì il 17 luglio del 1085. A ricordo della sua permanenza su quest’isola rimane il nome della cittadina di Fiscardo. Questo avventuroso personaggio incontrò il papa Gregorio VII a Ceprano alla fine di giugno dell’anno 1080. Qualche anno prima, nel 1077, il Guiscardo aveva iniziato le sue scorrerie finalizzate alla conquista del Meridione e della Sicilia e, mentre il fratello Ruggero combatteva i Saraceni in Sicilia, lui conquistò Salerno e Capua. Cacciò i Bizantini da Bari ma invase anche le terre pontificie e, presa Benevento, si spinse fino a Spoleto. Questa invasione obbligò il papa Gregorio VII a scomunicare il Guiscardo e tutti i Normanni implicati in quelle devastazioni. Grazie all’intercessione dei monaci di Montecassino e del cardinale Desiderio, fu dunque organizzato l’incontro a Ceprano. Si narra che “quando Roberto vide il papa cadde in ginocchio e gli baciò umilmente il piede, chiedendogli perdono dei delitti commessi contro i diritti di San Pietro. Il papa lo invitò a sedere e, allontanati gli astanti, restò a segreto colloquio con lui. Quando l’abboccamento ebbe termine, Gregorio VII ordinò che si portassero i Vangeli, sui quali Roberto prestò giuramento”. Subito dopo il papa gli conferì l’investitura dell’Italia Meridionale. I Vangeli, cui si riferisce la notizia, sono contenuti nella cosiddetta Bibbia di San Paolo Fuori le Mura, conservata a Roma nell’abbazia di cui porta il nome. Si tratta di un’opera d’arte di inestimabile valore artistico e storico, donata da un “rex Karolus” a Cristo, cioè al Pontefice. In questo re si è forse riconosciuto Carlo il Grosso che regnò tra l’879 e l’887 e donò la preziosa opera al papa Giovanni VIII. Nella parte superiore del secondo foglio del prologo è appena visibile una scritta in grafia minuscola della seconda metà del secolo XI. Si tratta di una decina di righe in cui è riportata la formula del giuramento prestato dal Guiscardo in quel famoso mese di giugno a Ceprano. Si può ipotizzare che su questo volume di enorme valore storico ed artistico, il Guiscardo abbia pronunciato il suo giuramento, leggendone il testo scritto a mano su di un foglio.
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