di Pier Giorgio Monti (Direttore del Museo Archeologico di Fregellae)
La rivolta di Fregellae nel 125 a.C. contro Roma sarebbe passata quasi inosservata se si fosse trattato di una città appartenente ad un’altra cultura e lontana migliaia di miglia da Roma.
Si trattava, invece, di una colonia di diritto latino fondata dai Romani nel 328 a.C. in quello che allora era il territorio controllato dai Sanniti. Si trattava di una città che in pochi decenni era diventata la più importante nel Lazio meridionale. Occupava una vasta area di quasi 90 ettari, al centro di vie di comunicazione come la Via Latina, fondamentale per l’economia romana e locale. Fedelissima alleata di Roma, aveva resistito agli attacchi delle truppe di Pirro e di Annibale. Quando molte altre colonie si erano arrese allo strapotere del Cartaginese, Fregellae, alla testa delle poche colonie fedeli, aveva rinnovato il suo appoggio a Roma inviando più soldati di quelli richiesti.
E i suoi soldati avevano partecipato vittoriosamente anche alle guerre in Oriente all’inizio del II secolo a.C. contro Antioco III di Siria. La sua cavalleria d’élite, la “turma fregellana” formata da quaranta nobili fregellani, aveva fatto parte della guardia del corpo del console durante le guerre d’oltremare. Dunque Fregellae in poco più di 200 anni era diventata una città economicamente rilevante e luogo di immigrazione per molte popolazioni italiche, impoverite dalle guerre. Si pensi che nel solo anno 177 a.C. ben 4.000 famiglie di Sanniti e di Peligni si erano trasferite in questa città. E qualche decennio prima 200 nobili ostaggi cartaginesi avevano chiesto e ottenuto di abitare a Fregellae durante il loro forzato esilio conseguente alla disfatta di Cartagine.
Dunque, la rivolta di una città che tanto aveva contribuito alla gloria militare di Roma giunse inaspettata e pericolosa agli occhi della classe dirigente romana, asserragliata nella difesa delle proprie prerogative economiche. Già, perché Fregellae aveva osato chiedere ripetutamente il riconoscimento della cittadinanza romana per i suoi abitanti; ciò avrebbe garantito a molte migliaia di Italici una migliore speranza di vita. Ma la bocciatura dell’ennesima proposta di legge in tal senso scatenò la rabbia popolare. In poco tempo, un esercito inviato dalla vicina Roma, comandato dal pretore Lucio Opimio, lo stesso che avrebbe poi ucciso Caio Gracco, assediò la città e, dicono le fonti storiche, la prese e la distrusse. Gli abitanti furono deportati e processati a Roma, dove abitarono un quartiere che, da loro, prese il nome di Fregellae.
La rivolta di Fregellae costituisce dunque un precedente significativo a quella che fu poi la guerra sociale, cioè la guerra scatenata dai socii italici poco più di trenta anni dopo. Con questa guerra, le popolazioni italiche, dopo aver costituito una forte alleanza militare contro Roma, alleanza durante la quale vennero coniate per la prima volta nella storia alcune famose monete che riportano emblematicamente la dicitura “Italia”, ottennero il riconoscimento di cittadini romani. La sfortuna di Fregellae consistette invece nell’avere sfidato Roma da sola.
Oggi, le rovine di questa popolosa e vasta città, consistenti in interessanti resti di case e di terme pubbliche, si possono ammirare sull’altopiano di Opri tra i comuni di Arce e Ceprano, in provincia di Frosinone, mentre i materiali rinvenuti durante più di venti campagne di scavo sono conservati nel Museo Archeologico di Fregellae a Ceprano. Qui sono visibili alcuni importanti resti del santuario di Esculapio, dio greco della medicina, nonché un modello ricostruttivo dell’intero santuario. Degni di nota sono i frammenti dei personaggi del frontone del tempio nonché l’altare con dedica epigrafa alla divinità. Una suggestiva serie di telamoni, grandi figure di terracotta con funzione decorativa, ricrea quello che poteva essere un ambiente delle terme cittadine; frammenti di un fregio storico raccontano, con dovizia di particolari, le gesta dei soldati fregellani durante le guerre in oriente mentre un’altra bellissima serie di lastre di terracotta, decorate con maschere tragiche ad altorilievo, sono forse la prova di un’attività teatrale in città, a cui non è estranea la notizia dell’esistenza di un famoso autore di commedie fregellano, tale Terenzio Libone.
Questo ed altro materiale è visibile nelle sale del museo, in attesa della prossima realizzazione di un più vasto ed organico museo dedicato a quella che fu la prima città nella storia a chiedere una integrazione con Roma in nome di un’unità che, dopo venti secoli, vede oggi la sua realizzazione nell’unità d’Italia e in quella europea.
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