di Giuseppe Lanzillotti
Il 14 luglio del 1985, cinque Paesi (Belgio, Germania, Francia, Olanda e Lussemburgo) hanno sottoscritto l’accordo di Schenghen, con lo scopo di abolire gradualmente i controlli alle frontiere comuni e garantire libertà di movimento a persone, merci e servizi all’interno dei propri confini.
Successivamente e fino ad ottobre 2007, hanno aderito al Trattato altri 10 Stati: Austria, Danimarca, Finlandia, Grecia, Spagna, Islanda, Portogallo, Norvegia, Svezia e Italia. Dal mese di ottobre 2007, sono entrati nel Trattato, ulteriori nove Paesi: Lituania, Estonia, Lettonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Malta, Polonia, Slovenia and Slovacchia.
Oggi, il totale dei Paesi aderenti a Schengen è 28, dopo l’ingresso di Svizzera, Romania, Bulgaria e Liechtenstein. In futuro, è previsto l’ingresso di Regno Unito, Irlanda e Cipro.
L’accordo istituisce un data base comune alimentato da ciascun Paese ed al quale tutti attingono informazioni. Per avere un’idea della sua rilevanza, si consideri che il numero totale dei latitanti in ambito Schengen è di circa 18.000 persone. Vi sono poi ulteriori 61.238 segnalazioni di individui ricercati dall’Autorità Giudiziaria per motivi diversi dall’esecuzione di misure restrittive della libertà personale ed ancora, il numero dei soggetti che devono essere fermati perché non possono entrare all’interno delle frontiere dell’area Schengen è di oltre 650.000.
Altro aspetto che affronta il Trattato, è quello relativo alle persone scomparse e da ricercare che, tra minorenni e maggiorenni, sono oltre 46.000 (24.224 maggiorenni e 22.482 minori).
La banca dati gestita dal Sistema Informativo Schengen, contiene complessivamente, circa 35 milioni di dati, tra cui veicoli, documenti, banconote ed armi, oltre naturalmente alle persone.
Proprio per tutelare al massimo la correttezza dei dati gestiti dall’archivio elettronico, particolarmente per le persone, è stato costituito il sistema informatico di trasmissione di fotografie segnaletiche ed impronte dattiloscopiche (Progetto SIR.PI.T.) che nasce all’interno dell’organizzazione Sirene (Supplementary Information Request at National Entries) che è l’unità nazionale che a livello centrale gestisce i rapporti con ciascun Paese, e prevede lo scambio di foto e impronte tra gli uffici Sirene dell’area Schengen.
In ambito europeo, l’Italia è il primo Paese ad avere predisposto un collegamento diretto tra il Servizio di Polizia Scientifica e l’Afis (banca dati delle impronte digitali) e presiede il gruppo di lavoro specifico, denominato Sirpit Project Management Board, a cui partecipano esperti delle Forze di Polizia.
L’efficacia di tale soluzione, sta ora evolvendo nell’implementazione della fotografia del soggetto cui fanno riferimento le impronte, in un unico file. Ciò consentirà una piena corrispondenza tra lo standard utilizzato dall’organizzazione Interpol e quello Sirene (Schengen), permettendo una razionalizzazione delle risorse umane e tecniche.
Tra le innovazioni acquisite con l’adesione al Trattato, merita ricordare la legge n. 69/2005, relativa al Mandato di Arresto Europeo (MAE) e alle procedure di consegna tra Stati membri, che ha sostituito, il sistema dell’estradizione con quello di una consegna “semplificata” dei ricercati, fondata sul principio del mutuo riconoscimento. Tale principio significa essenzialmente che in uno spazio giudiziario comune, anche le decisioni giudiziarie devono circolare liberamente sulla base di un riconoscimento reciproco che si fonda su principi di civiltà giuridica condivisi.
Richiamandosi quindi al principio del mutuo riconoscimento, l’Unione europea ha deciso di sostituire il meccanismo tradizionale con un sistema di consegna più rapido e semplificato.
La consegna dei latitanti ha per l’Italia tre regimi:
• quello con Stati membri dell’UE (mandato di arresto europeo - MAE);
• quello con Paesi i cui rapporti sono regolati da convenzioni o trattati internazionali: che hanno sottoscritto la Convenzione Europea di Estradizione del 1957, come ad es. la Svizzera ovvero legati da trattati bilaterali, (ad es. gli USA);
• quello con Paesi tra i quali non vi è accordo internazionale (ad es. l’Iran).
In pratica il MAE, non è solo una semplificazione delle procedure, ma implica anche e soprattutto una nuova filosofia, in quanto il rapporto non è più tra i Governi ma si stabilisce tra le autorità giudiziarie.
Tra i MAE eseguiti e portati alla ribalta della cronaca, vi è stato quello di un cittadino Ivoriano, tradotto dalla Germania a Perugia perché sospettato di essere coinvolto nell’omicidio di una giovane statunitense, di cui si sono occupate a lungo le cronache. Altro episodio, meno noto ma utile per comprendere la valenza della Cooperazione Internazionale di Polizia sotto il cappello di Schengen, riguarda la vicenda di un cittadino di nazionalità georgiana che è stato fermato dalla Polizia a Mestre a bordo di una vettura nel cui bagagliaio era “sistemato” il cadavere di una cittadina tedesca, le cui indagini sono state sviluppate in collaborazione tra le diverse polizie giudiziarie degli Stati aderenti al Trattato e proprio grazie allo strumento giuridico dell’Accordo di Schengen è stato possibile sviluppare e soddisfare, le esigenze investigative dei differenti organi nazionali, risalendo alle cause della vicenda e arrivando alla condanna dei colpevoli.
Schengen, uno spazio di libertà e sicurezza.
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