di Aroldo Barbieri
Casa e pensioni sembrano essere i due campi privilegiati di intervento del Governo per reperire i fondi necessari (ma non necessariamente sufficienti) a centrare il pareggio di bilancio nel 2013. Ma mentre i rumors che circolano sull’accelerazione del processo di riforme dei trattamenti pensionistici stanno ad indicare che si procederebbe nella giusta direzione: quella del superamento dei privilegi e delle disparità, segnatamente attraverso la più rapida equiparazione dell’età di pensionamento delle donne (che vivono mediamente di più) a quella degli uomini, mediante l’allungamento nel tempo della presenza al lavoro in relazione all’incremento delle speranze di vita, che avvicinerà il superamento delle pensioni di anzianità, e soprattutto attraverso l’estensione del calcolo contributivo a tutti, anche per valorizzare il versamento dei contributi e ridurre l’area dell’evasione, non convincono affatto le voci che circolano circa le tasse sulla casa.
Rivalutare le rendite catastali in cifra percentuale fissa (dal 5 al 15%) non risolverebbe le disparità anacronistiche che da decenni affliggono le zone periferiche delle grandi città rispetto ai centri storici, per cui una casa del centro, che vale ben di più e in linea di massima fruisce di migliori servizi, paga assai meno in proporzione di una di periferia per il semplice motivo che a quest’ultima la rendita catastale è stata attribuita in tempi successivi.
Sarebbe necessario affidare questa funzione ai Comuni, che potrebbero decidere di rivalutare maggiormente alcune zone di pregio rispetto ad altre.
Reintrodurre l’ICI sulla prima casa nella veste già nota sarebbe un errore. Si tratterebbe infatti di una patrimoniale limitata ai soli beni immobili, già gravati da mille balzelli: tassa di registro, ipotecaria e catastale sulle compravendite, obbligo di passare attraverso i notai, un’istituzione oramai superata che resiste solo o quasi nel panorama delle lobby italiane etc. mentre la nuova ricchezza è chiaramente quella finanziaria, sin qui esente da ogni tassazione che non sia quella modestissima dell’imposta di bollo sui conti correnti.
Diverso sarebbe se si coniugasse un’IMU sui servizi in godimento del cittadino con una patrimoniale a partire da 500 mila Euro complessivamente. Vediamo come.
E’ noto che la soppressione dell’ICI sulla prima casa ha inguaiato i conti dei comuni. Ma se questi ultimi potessero far pagare una tassa sui servizi in godimento dei cittadini a seconda delle zone delle città e dei paesi: trasporto pubblico, nettezza urbana, etc. che si riflettono anche sul valore degli immobili e sulla loro capacità di generare reddito (un quartiere ben collegato e pulito e più richiesto e comodo da abitare) allora ci si avvicinerebbe non solo ben di più ad un criterio di equità, ma si spingerebbero gli enti locali a migliorare i servizi al cittadino, sia proprietario che affittuario, anche allo scopo di poter chiedere una tassa di livello più elevato. La proprietà della casa di abitazione infatti non genera reddito e sarebbe ancora più demagogico e distorsivo addirittura un’ICI patrimoniale, ma rapportata al valore catastale rivalutato, ai mq. del bene, al numero degli occupanti, o addirittura progressiva in relazione al reddito di chi l’occupa. Un criterio quest’ultimo decisamente punitivo e tale da scoraggiare definitivamente l’investimento nella casa e di sapore sovietico oltre che incostituzionale.
I conti tornerebbero e con essi l’equità fra gli investimenti, se all’IMU sui servizi di cui la casa fruisce si accompagnasse una patrimoniale, come detto, sulle fortune medio-grandi. E’ chiaro da tempo che nella nostra Italia i patrimoni superano di gran lunga i redditi ed è giusto perciò sgravare i secondi. Una patrimoniale ordinaria a percentuale medio-bassa e a partire mettiamo da 500 mila di Euro, che prenda in considerazione tutta la ricchezza immobile e mobile andrebbe in questa direzione, magari esentando in questa fase i titoli del debito pubblico in grave difficoltà e degni di incoraggiamento anche fiscale. Sarebbero di fatto esenti tutte le abitazioni di basso valore e i piccoli pacchetti di investimento (fondi etc).
A completare il tutto andrebbe incrementata al momento giusto (quando la borsa si riprenderà, presumibilmente a metà 2012) la tassazione sulle transazioni finanziarie, ovvero sulla nuova forma di ricchezza rampante, che non più da tempo quella del mattone.
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