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Le guerre di internet: l’America si spacca sull’antipirateria online

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di Cristiana Era


PROTESTA CONTRO LE PROPOSTE DI LEGGE SOPA E PIPA
Wikipedia in lingua italiana approva ed esprime solidarietà verso la protesta dei colleghi della Wikipedia in lingua inglese
contro lo Stop Online Piracy Act e il PROTECT IP Act.
Tali proposte di legge, se approvate dal Congresso degli Stati Uniti, limiterebbero la libertà del web e la sopravvivenza stessa di Wikipedia.
Leggi il comunicato

 

Chi mercoledì scorso ha provato ad accedere a Wikipedia si è trovato il banner in versione lutto. In realtà la protesta della famosa enciclopedia online avrebbe dovuto risultare nell’oscuramento del sito per 24 ore, come avevano annunciato i promotori dell’iniziativa. Pericolo scampato per gli utenti e semplice comunicato di solidarietà al sito americano che in questi giorni si batte contro due leggi antipirateria attualmente al vaglio al Congresso degli Stati Uniti. Al suo fianco gli altri giganti del web -  Facebook, eBay, Twitter, Yahoo, Google, YouTube – oltre a blogger e attivisti.
I due disegni di legge, la “Stop Online Piracy Act” (SOPA) e la “Protect Intellectual Property Act” (PIPA) sono state presentate rispettivamente alla Camera dei Rappresentanti e al Senato. La prima deve ancora affrontare l’esame in aula, mentre per la seconda la discussione è rinviata al 24 gennaio. Sia la SOPA che la PIPA prevedono la possibilità per il Governo di intraprendere misure nei confronti di siti che diffondono illegalmente materiale coperto da copyright e sui server che segnalano i suddetti siti. Per le grandi aziende della Rete questo significherebbe un controllo difficile e dispendioso di ogni singolo contenuto. E quindi si è lanciato l’allarme censura, si è mobilitato il popolo di Internet e si è gridato all’attentato contro la libertà di espressione, non senza qualche fondamento. Sul versante opposto, quello dei promotori dei disegni di legge (sia repubblicani che democratici, in perfetto stile bi-partisan) si sottolinea la necessità di combattere la pirateria online, che ogni anno si stima faccia perdere alle industrie dello spettacolo e ai media tradizionali circa 58 miliardi di dollari in diritti d’autore non pagati. I sostenitori di SOPA e PIPA sono anch’essi dei giganti del settore: parliamo delle industrie di Hollywood, le grandi case cinematografiche e discografiche. Ma soprattutto c’è la potente American Chamber of Commerce che ha grande influenza all’interno del Congresso. Quello che sta spaccando l’America è uno scontro fra giganti del business, che avrà comunque ripercussioni al di fuori dei suoi confini. Internet è dopotutto “un gioco senza frontiere”.
Le guerre di Internet stanno a poco a poco crescendo in termini di attenzione da parte dell’opinione pubblica e dei governi. In fondo è scoppiata pochi anni fa la diatriba fra Google e la Cina, proprio sulla libertà della Rete. E questo avvenne all’indomani della vittoria del primo Presidente statunitense ad aver raggiunto la Casa Bianca proprio grazie ad una campagna elettorale impostata sui social network, quindi su un uso massiccio del web e delle sue potenzialità. Lo sa bene l’attuale Ambasciatore USA in Italia, David Thorne, che di quella campagna online fu uno dei promotori e sostenitori. E poco tempo dopo il suo insediamento a Roma, in una intervista alla neonata rivista bilingue “Fellow” sosteneva con forza la necessità di non porre vincoli legislativi poiché Internet aveva la capacità di autocontrollarsi e autoregolamentarsi. E ricordò come ''in America ci si confronta molto sulla violazione della privacy ma il concetto dominante e' quello della libertà. (…) Credo che sia importante non creare leggi che eliminino il senso di apertura e di scambio che adesso troviamo sul web, anche se a volte può apparire il…selvaggio West! Dobbiamo innanzitutto cercare di difendere il diritto alla libertà... ”. Naturalmente in quel momento si dibatteva il caso di un video del 2006 che mostrava abusi su un minore diversamente abile e che non era stato rimosso dalla rete, sollevando proteste e coinvolgendo la magistratura italiana, che qualche mese più tardi condannava alcuni dirigenti di Google per violazione della privacy, aprendo di fatto un dibattito sulla regolamentazione di Internet. Ma al di là delle polemiche di contingenza, le priorità della politica americana in Italia della nuova amministrazione includevano comunque una campagna a sostegno della diffusione dei nuovi media e dei social network, in politica come nell’economia e nella società. Su questa “febbre da web” si sono dirottate buona parte delle energie e risorse della Missione americana, trascurando peraltro dei fattori culturali di alcune realtà locali italiane che mal si conciliano con un progresso tecnologico che si pretende attecchisca in breve tempo. Ma, si sa, per alcuni se una cosa funziona in America deve per forza funzionare anche altrove.
Non sorprende quindi il comunicato via blog della Casa Bianca di sabato scorso che ha preso le distanze dai disegni di legge in questione. Nel testo si sottolinea che la Presidenza non appoggerà alcuna misura volta a limitare la libertà di espressione mentre aumenta i rischi dal punto di vista della cybersecurity, pur riconoscendo che la pirateria online è un problema serio che danneggia l’economia statunitense, mette a rischio numerosi posti di lavoro e danneggia creatività ed innovazione. Immediata la replica del magnate dell’editoria Murdoch, che ironicamente accusa Obama di difendere i pirati proprio attraverso Twitter. Ma Murdoch dimentica, o finge di dimenticare, che l’origine stessa dell’amministrazione Obama è nella Rete e che pertanto non può voltare le spalle al mondo virtuale che gli ha permesso di arrivare alla presidenza. Per non parlare del fatto che gli Stati Uniti hanno speso fino ad ora 70 milioni di dollari per promuovere la “Internet freedom” nel mondo, considerato veicolo di democrazia. Sembra inoltre che diversi membri del Congresso non abbiano molta dimestichezza con il web e le sue potenzialità, un fattore che certamente non depone a favore di chi è chiamato a discutere un disegno di legge in una materia sulla quale ha poca o nessuna conoscenza.
Cosa succederà prossimamente è un punto interrogativo. Le lobby hollywoodiane continueranno la loro campagna forti di maggiore penetrazione ed influenza in campo politico. Ma la Silicon Valley, anche se con meno risorse, può comunque (ri)confermare che Internet è in grado di mobilitare le masse. E non solo nei Paesi a regime dittatoriale. Nel frattempo Pechino, da tempo in conflitto con gli USA per le sue restrizioni ad Internet, probabilmente se la ride sotto i baffi.

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