del Cons. Paolo Luigi Rebecchi
E’ attuale e costante l’attenzione degli organi di informazione e dell’opinione pubblica su ricorrenti fenomeni di corruzione nelle pubbliche amministrazioni e in generale di sviamento di risorse pubbliche dai fini per i quali sono erogate.
Nel numero di febbraio di Argilnews si è segnalato che tra le varie “audizioni” al Parlamento svolte dalla Corte dei conti nel 2011, vi sono state quelle sul provvedimento anticorruzione attualmente all’esame parlamentare.
Il nuovo provvedimento normativo (AC 4434 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”) viene a modificare ed integrare le disposizioni recentemente introdotte dal d.lgs. 150/2009 (c.d. decreto Brunetta) con le quali erano stati definiti vari strumenti volti soprattutto a realizzare un efficace sistema di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, nell’ambito di un vasto processo di riforma della pubblica amministrazione sulla base dei principi di “fedeltà” e “buona amministrazione”, indicati negli articoli 54 e 97 della costituzione italiana in base ai quali una amministrazione pubblica più efficiente , trasparente e meno costosa risulterà anche più impermeabile e reattiva di fronte alle condotte di corruzione.
Il decreto 150 riporta, tra l’altro, una apposita sezione dedicata alla “Trasparenza” che appare riassumere varie finalità comprendenti anche il contrasto alla corruzione. In particolare l'art. 11 definisce la “Trasparenza ” come un complesso di misure preventive dirette, tra l'altro a favorire legalità e integrità di comportamenti. Tali misure si fondano sulla pubblicazione sui siti internet delle amministrazioni dei dati relativi ai dirigenti, ai loro curricula, alle loro retribuzioni nonché alle analoghe notizie relative ai consulenti delle p.a. (queste comunque previste da disposizioni già vigenti) nonché del massimo numero di informazioni sulla attività della pubblica amministrazione interessata compatibile con le esigenze di riservatezza. A tale scopo concorre anche il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità che deve essere predisposto , reso pubblico e attuato dagli organi di indirizzo politico amministrativo degli enti , sulla base delle linee guida fornite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche che tra l'altro (art. 13 comma 5 lettera e del decreto 150- “...adotta le linee guida per la predisposizione dei Programma triennale per la trasparenza e l'integrità di cui all'articolo 11, comma 8, lettera a);...”), e presso la quale (art. 11 comma 8) è anche istituita la “la Sezione per l'integrità nelle amministrazioni pubbliche con la funzione di favorire, all'interno della amministrazioni pubbliche, la diffusione della legalità e della trasparenza e sviluppare interventi a favore della cultura dell'integrità. La Sezione promuove la trasparenza e l'integrità nelle amministrazioni pubbliche; a tale fine predispone le linee guida del Programma triennale per l'integrità e la trasparenza di cui articolo 11, ne verifica l'effettiva adozione e vigila sul rispetto degli obblighi in materia di trasparenza da parte di ciascuna amministrazione....”.
Le innovazioni introdotte dal d.lgs. 150/2009 sono state via via attuate dalle pubbliche amministrazioni sulla base delle deliberazioni e pareri resi dalla CIVIT (www.civit.it) e la più recente delibera è costituita dalla n.2/2012 “Linee guida per il miglioramento della predisposizione e dell’aggiornamento del programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
La materia è pertanto in via di attuazione e tuttavia, anche in riferimento alla recrudescenza di casi di corruzione di ampia portata, che hanno avuto un rilevante effetto anche sui media, è in corso di approvazione il disegno di legge n. AC4434 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (1).
Al riguardo è intervenuta una prima relazione della “Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione”, istituita con decreto del 23 dicembre 2011 dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione”con un “doppio mandato”: “…a) da un lato quello di formulare, in un arco temporale contenuto, alcune proposte di emendamento al disegno di legge in materia di anticorruzione (AC 4434), volte in specie a rafforzare le misure di contrasto alla corruzione ivi previste, in specie quelle relative alla prevenzione del fenomeno; b) dall’altro quello di predisporre, in un arco temporale più esteso, un rapporto in materia di anticorruzione, diretto, principalmente, ad identificare pratiche, modalità e misure, generali e settoriali, di prevenzione della corruzione nel settore pubblica…”.
Nella relazione la commissione, prima di passare alla illustrazione delle proposte di emendamento, ha esposto alcune considerazioni generali riguardanti “la diffusione” e le “spiegazioni” del fenomeno, “il contesto internazionale”, “la politica di contrasto alla corruzione in Italia”, “la prevenzione:alcuni settori sui quali intervenire”, “i piani di organizzazione in funzione di prevenzione del rischio corruzione”, “l’integrità”, “incompatibilità, incandidabilità e ineleggibilità”, “codici di condotta”, “responsabilità disciplinare”, “trasparenza”, “il whisterblowing:tutela e premialità”, “formazione e promozione della cultura della legalità”.
Nel capitolo relativo alla “diffusione del fenomeno” la Commissione ha osservato che “Come è stato sostenuto, con riferimento al contesto italiano, nel rapporto GRECO (Group of States against corruption) del 2011 “”La corruzione è profondamente radicata in diverse aree della pubblica amministrazione, nella società civile, così come nel settore privato.Il pagamento di tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze e permessi, contratti pubblici, finanziamenti, per superare gli esami universitari, esercitare la professione medica, stringere accordi nel settore calcistico, ecc…La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società nel suo complesso”” E’ quanto emerge osservando i dati relativi al fenomeno della corruzione in Italia dell’ultimo decennio. Nel citarli è opportuno distinguere tra: dati tatti dalle rilevazioni giudiziarie; dati desunti dall’applicazione di talune metodologie volte a fotografare la percezione del fenomeno; dati volti a misurarne i costi economici. Quanto ai primi, dalle statistiche giudiziarie – che naturalmente riguardano la sola parte emersa del fenomeno –è dato ricostruire una dinamica discendente non solo per quel che attiene ai numeri dei delitti di corruzione e concussione consumati (dai 311 casi del 2009 ai 223 del 2010), ma anche quelli riguardanti le persone denunciate (dalle 1821 del 2009 alle 1226 del 2010) e i soggetti condannati per i medesimi reati in via definitiva (dai 341 del 2007 ai 295 del 2008 (dati tratti dal sistema di indagine della polizia criminale-Servizio analisi criminale del Ministero dell’Interno, riportati nella relazione annuale al Parlamento del SAeT, maggio 2011). Volendo utilizzare i dati relativi ad un orizzonte temporale più esteso, è utile considerare che, sulla base delle fonti dell’ISTAT , l’ammontare delle persone coinvolte e dei reati denunciati per corruzione e concussione, in crescita dal 1992, dopo aver raggiunto il picco dei 2000 delitti e delle oltre 3000 persone denunciate nel 1995, si è ridotto a circa un terzo per i reati e della metà per le persone nel 2006. Parimenti, con riferimento al numero di condanne per reati di corruzione , si passa da un massimo di oltre 1700 condanne per reati di corruzione nel 1996 alle appena 239 del 2006 (quasi un settimo di 10 anni prima). Ben differenti sono i dati desunti all’esito dell’applicazione di talune metodologie volte a fotografare la percezione del fenomeno, convergenti nell’attestare una diffusione negli ultimi anni della corruzione avvertita. Al riguardo, un sondaggio del 2009 di Eurobarometro mostra che la percentuale di cittadini italiani che hanno ricevuto la richiesta o l’offerta di una tangente negli ultimi mesi di riferimento è pari al 17 per cento (quasi il doppio della media dei Paesi UE, pari invece al 9 per cento). Ancora , una rilevazione del Global corruption barometer 2010 di Transparency International , indica che, tra il 2009 e il 2010, il 13 per cento dei cittadini (a fronte della media del 5 per cento nei Paesi dell’Unione europea) ha dichiarato di aver pagato – direttamente o tramite un familiare- tangenti nell’erogazione di diversi servizi pubblici (nello specifico, il 10 per cento nei contatti col sistema sanitario; il 3,8 per cento con la polizia; il 6,4 per cento per il rilascio di licenze e permessi; l’8,7 per cento per utilities, il 6,9 per cento con il fisco; il 13,9 per cento in procedure doganali; il 28,8 col sistema giudiziario). Quanto alle motivazioni che hanno indotto alla dazione, il 2,8 per cento ha pagato la tangente per evitare problemi con le autorità, l’ 1,5 per cento per accelerare le procedure; l’1,3 per cento per ottenere un servizio cui aveva diritto. Il rapporto tra le prime due tipologie di dati indicati ha indotto a ritenere la sussistenza di un rapporto inversamente proporzionale tra corruzione “”praticata” e corruzione “”denunciata e sanzionata””: se la prima è ampiamente lievitata, la seconda, invece, si è in modo robusto ridimensionata. Infine, quanto ai costi economici del fenomeno, la Corte dei conti, ha stimato in diversi miliardi di euro il costo per il 2009 connesso al fenomeno della corruzione. Costi ai quali si aggiungono quelli – di ancor meno agevole quantificazione- sempre economici ma indiretti: si pensi ai costi connessi ai ritardi nella definizione delle pratiche amministrative, al cattivo funzionamento degli apparti pubblici e dei meccanismi previsti a presidio degli interessi collettivi ovvero- per citare taluni settori maggiormente esposti al rischio corruzione – alla inadeguatezza, se non inutilità delle opere pubbliche, dei servizi pubblici e delle forniture pubbliche realizzati, al mancato o insufficiente controllo pubblico sull’attività di trasformazione del territorio, alla non oculata allocazione delle già scarse risorse pubbliche. Per una prospettiva ancor più ampia, la corruzione, minando alla radice la fiducia dei mercati e delle imprese, determina tra i suoi effetti una perdita di competitività per i Paesi, incluso certo il nostro: se non combattuta adeguatamente produce costi enormi, destabilizzando le regole dello Stato di diritto e del libero mercato. Non pare superfluo considerare, peraltro, che il diffondersi dei fenomeni corruttivi reca con sé danni ulteriori, di tipo sistemico, non misurabili in termini economici, ma riguardanti i valori fondamentali per la tenuta dell’assetto democratico: l’eguaglianza, la trasparenza dei meccanismi decisionali, la fiducia nelle istituzioni…”. Quanto alle “spiegazioni” del fenomeno, la Commissione osserva che “…differenti, nelle analisi e negli studi condotti sul tema della corruzione- sono gli approcci seguiti nel ricostruire le cause del fenomeno e della sua diffusione:con mero intento descrittivo e volendo schematizzare, sono emerse due principali opzioni:-economica la prima; -socio culturale la seconda.Per l’opzione di matrice economica, la scelte di pagare o accettare tangenti sono il risultato di un calcolo razionale, compiuto tenendo conto dei costi (tra cui la probabilità di essere scoperti e la severità delle sanzioni previste) e dei vantaggi attesi, confrontati con il costo delle alternative disponibili. Nel tentativo di indicare le principali variabili che orientano il calcolo economico della corruzione, è stata, al riguardo, elaborata la formula C=M+D-T-A: il livello di corruzione (C) si associa alla presenza di posizioni monopolistiche di rendita (M) e all’esercizio di poteri discrezionali (D), ed è inversamente collegato al grado di trasparenza (T) e di accountability (A) (o responsabilizzazione) degli agenti, a sua volta dipendente dalla circolazione di informazioni e dall’efficacia dei controlli istituzionali e sociali sul loro operato. Per l’approccio socio-culturale, il diffondersi dei fenomeni corruttivi è meno improbabile in quei contesti nei quali più elevati sono gli standard morali, il senso civico, lo “”spirito di corpo”” e il senso dello Stato dei funzionari. Secondo questa diversa-ma non alternativa-impostazione, la corruzione è tantomeno diffusa quanto maggiore è la forza delle convinzioni personali e delle cerchie sociali di riconoscimento favorevoli al sistema di valori che sostiene il rispetto della legge. Si tratta di spiegazioni, come accennato, che lungi dal dover essere considerate alternative, impongono piuttosto, in sede di elaborazione di una accorta politica di contrasto, di por mano a misure volte a rendere efficace non solo la repressione del fenomeno, così bilanciando il calcolo razionale cui hanno riguardo i fautori dell’approccio di matrice economica – ma anche , e prima ancora, la prevenzione dello stesso, intervenendo sull’integrità dei funzionari pubblici e, quindi, tra l’altro, sulla disciplina dei codici di condotta, delle incompatibilità , della responsabilità disciplinare, oltre che sui controlli interni e sui livelli di trasparenza…”
Conseguenze negative sul bilancio pubblico, che si traducono, in aggiunta ai noti fattori connessi alla crisi economica nazionale ed internazionale, in una difficoltà di miglioramento dei parametri finanziari stabiliti dalle regole comunitarie sulla moneta unica (Trattati di Maastricht e Amsterdam) derivano direttamente e indirettamente anche dai reati di corruzione, cui si aggiunge una varia casistica di episodi di cattiva amministrazione , non sempre integranti fattispecie di reato, che attengono a gravi carenze di gestione delle risorse pubbliche e che costituiscono oggetto delle analisi della Corte dei conti in sede di controllo sulla gestione (come previsto dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20) e delle azioni di responsabilità amministrativa promosse dalle Procure regionali.
Secondo quanto riferito nella relazione del procuratore generale della Corte dei conti in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012 (in www.corteconti.it) le fattispecie esaminate hanno riguardato casi di corruzione di ex assessore e dirigente di un comune nell’ambito di attività di assistenza ai minori, funzionari e amministratori pubblici in tema di appalti , assessore regionale con riguardo ad un appalto nel settore del turismo, truffe ad enti pubblici da parte di dipendenti preordinate alla percezione indebita di compensi. Numerose decisioni hanno inoltre riguardato le responsabilità in ambito sanitario (iperprescrizioni di farmaci, mancato raggiungimento di risultati nell’ambito di un programma di screening per la diagnosi precoce di tumori femminili, illecite percezioni di somme a fronte di prestazioni sanitarie non rese, illeciti favoritismi per il conseguimento della invalidità, illecito riconoscimento di compensi a cliniche convenzionate, condanne in sede civile di medici per errate prestazioni sanitarie, violazione del dovere di esclusività e assenze arbitrarie dal servizio), responsabilità connesse all’ “emergenza rifiuti” in Campania, illecita percezione di contributi pubblici e di derivazione comunitaria ed illecita erogazione di contributi a Paesi in via di sviluppo, danni correlati a strumenti finanziari derivati e operazioni finanziarie, responsabilità contabili e gestorie , responsabilità relative alla gestione di enti pubblici, responsabilità per la costituzione e gestione di enti e società a partecipazione pubblica, responsabilità in materia di lavori pubblici, urbanistica, appalti e forniture (2), in tema di riscossione di tributi, di illegittima corresponsione di trattamenti economici o indennità, per il conferimento illecito di incarichi e consulenze, per spese promozionali, spese di rappresentanza o illecito uso di auto di servizio. Con riguardo al conferimento illecito di incarichi e consulenze i dati globali individuano sentenze per 2,9 milioni di euro e citazioni per 1,2 milioni. Nel settore sanitario sono state emesse condanne per 22 milioni di euro in primo grado e 11 milioni in appello. Nel settore dei finanziamenti pubblici (nazionali e comunitari) indebitamente percepiti risultano in primo grado emesse nel 2011 complessivamente 111 sentenze per un importo complessivo di euro 64.995.951,05 (nel 2010 erano state emesse 93 sentenze per un importo di condanne pari a euro 75 milioni 706.200,81 nel 2009 n. 60 sentenze per euro 24 milioni 561.891,51).
Anche le sezioni di appello hanno emesso sentenze nel settore dei finanziamenti pubblici per un importo complessivo per un importo complessivo di euro 18. 825.661.
Per quanto attiene agli atti di citazione delle Procure regionali, risulta complessivamente, nella materia, l’emissione di 190 atti di citazione per un importo complessivo di euro 157.997.247,58, (nel 2010 159 atti per un importo di 152 milioni 632,57 di euro; nel 2009 - 145 atti di citazione per l’importo di euro 136 milioni 260.993,02 - nel 2008, 92 atti di citazione per 67,02 milioni di euro; nel 2007 n. 57 atti di citazione per 15,5 milioni di euro).
Ritornando al nuovo disegno di legge anticorruzione attualmente all’esame del Parlamento va osservato, con specifico riguardo alla materia di competenza della Corte dei conti, che in esso si affrontano alcuni temi di rilevante interesse.
In primo luogo viene prevista una disciplina di tutela dei denuncianti (art. 4 –Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti) che appare di rilievo anche con riferimento alle denunce di danno erariale in quanto con l’introduzione nell’ordinamento dell’art. 17 comma 30 ter della legge 141/2009 di conversione del decreto legge 103/2009 che ha modificato la legge 103/2009 di conversione del d.l. 78/2009 è oggi prevista una totale discovery delle anzidette denunce in relazione al procedimento per la dichiarazione di nullità degli atti istruttori che fossero stati posti in essere in carenza di una denuncia “specifica e concreta” di danno. Va comunque precisato che il pubblico ministero contabile può comunque svolgere accertamenti anche sulla base di anonimi, purchè contenenti notizie specifiche e concrete di danno.In proposito le sezioni riunite della Corte dei conti hanno emesso due decisioni di massima che hanno affrontato le varie problematiche connesse alla nuova disposizione in tema di notizie di danno (Sez. riun. sentenze n. 12/QM e n. 13/QM del 2011).
La commissione , nelle sue proposte di modifica del DDL ha espressamente ricompreso la Corte dei conti quale soggetto destinatario delle denunce del dipendente per il quale va attivata la tutela.
La Commissione ha inoltre proposto l’inserimento dell’art. 4-bis (Segnalazione di condotte illecite.Premialità) nel quale, è previsto che “A chiunque segnala all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti condotte illecite che cagionano danno erariale o all’immagine della pubblica amministrazione , spetta un premio in denaro non inferiore al 15 e non superiore al 30 per cento della somma recuperata all’erario a seguito di condanna definitiva della Corte dei conti. Ai fini della determinazione di detta somma si tiene conto del contributo attivo di colui che ha segnalato la condotta illecita. Ai casi previsti dal presente comma si applica il comma 2 dell’art. 4. In ogni caso la somma spettante a titolo di premio non può eccedere i due milioni di euro. 2 E’ istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica un ufficio per la ricezione delle segnalazioni di cui all’art. 4 e al presente articolo. L’ufficio provvede anche alla liquidazione dei premi di cui al comma 1.
Un’altra norma inserita nel disegno di legge anticorruzione , non esaminata dalla Commissione di cui sopra, è l’art. 7 che prevede che “1. All’art. 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, dopo il comma 1-quinquies sono inseriti i seguenti:
1.sexies. Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.
1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1 sexies, il sequestro conservativo di cui all’art.5 comma 2 del decreto legge 15 novembre 1993 n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994 n. 19, è concesso in tutti i casi di probabile attenuazione della garanzia del credito erariale” . La commissione Il testo è stato emendato in sede di esame parlamentare e risulta ora , sostituito, dopo le parole “casi di” con la frase “fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale” (emendamento approvato l’11 ottobre 2011).
Si tratta di norma di rilievo che evidenzia l’attenzione del legislatore all’attività della Corte dei conti con riferimento alla perseguibilità del danno all’immagine cagionato dal dipendente infedele, che viene quindi considerata significativa quale elemento di contrasto ai fenomeni di corruzione e , nella proposta della commissione (art. 4 bis) costituente un parametro di riferimento per la definizione dei premi per i denuncianti.
Va peraltro ricordato che la concreta perseguibilità del danno all’immagine, per effetto delle disposizioni limitative di cui all’art. 17 comma 30 ter della legge 141/2009 prima citate (confermate dalla sent. Corte cost. 355/2010) è limitata ai casi di sentenza passata in giudicato per i reati commessi dai pubblici ufficiali verso la p.a. e pertanto non potrà essere azionato in caso di prescrizione del reato, pur essendo gli anzidetti comportamenti, pur definiti in sede penale con prescrizione o dichiarazione di estinzione del reato per altra causa, idonei a configurare ipotesi di danno patrimoniale, con diversa decorrenza, tra l’altro, dei termini di prescrizione dell’azione erariale per le diverse fattispecie (danno patrimoniale, dalla data della realizzazione del fatto dannoso o della sua scoperta in caso di illecito occultamento ai sensi dell’art. 1 della legge 20/1994; danno all’immagine dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna ai sensi dell’art. 7 della legge 97/2001 richiamato dall’art. 17 comma 30 ter della legge 141/2009).
NOTE
(1) Sul disegno di legge il presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino ha reso una audizione parlamentare in data 13 settembre 2011 nella quale, dopo aver espresso il parere della Corte sui vari articoli del provvedimento ha evidenziato che “… non posso in questa sede non cogliere l’occasione per affermare fortemente il ruolo che la Corte dei conti può svolgere ai fini del contrasto e della prevenzione dei fenomeni corruttivi. A tal proposito, mi preme ricordare, ancora una volta, che, l’articolo 5 della Convenzione ONU anticorruzione, ratificata con legge 116 del 2009, pone, per la prevenzione della corruzione, tra gli altri, due principi fondamentali: trasparency e accountability. Ed è opportuno ribadire che il termine accountability, nell’accezione corrente nel mondo anglosassone, comprende qualcosa di più del mero concetto di responsabilità: per un funzionario della pubblica amministrazione essere accountable, infatti, significa essere sottoposto all’obbligo di rendicontazione; deve, cioè, dimostrare (in ogni momento), anche documentalmente, che nell’azione amministrativa siano stati rispettati, non solo i canoni della legalità, ma anche quelli dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità, al presidio de quali opera la Corte dei conti. La Corte è, anzitutto, organo di controllo, garante dell’osservanza, da parte delle pubbliche amministrazioni e degli organismi di diritto pubblico, dell’obbligo della rendicontazione, in termini contabili e di risultato e, al contempo, giudice della responsabilità degli amministratori e dei funzionari delle pubbliche amministrazioni e dei predetti organismi di diritto pubblico… Con riguardo all’azione che la Corte svolge nella prevenzione della corruzione con l’attività di controllo, si è anche avuto modo di ricordare che le sezioni del controllo sono impegnate nell’azione quotidiana di verifica e valutazione dell’azione amministrativa. Si è avuto modo di evidenziare che più efficaci, sotto il profilo della prevenzione dei fenomeni corruttivi, sono i controlli sulla gestione. Ed, infatti, la consapevolezza degli amministratori e dei funzionari delle pubbliche amministrazioni che la Corte dei conti può svolgere, ex post, controlli puntuali, su aree definite della gestione, produce un buon livello di deterrenza, anche se la programmazione delle azioni di verifica (attraverso la quale i settori che saranno sottoposti a controllo sono resi noti) rende meno incisivo l’effetto di deterrenza”
(2) Rischi di distorsione a fini illeciti delle procedure contrattuali sono stato evidenziati dalla Banca d’Italia che ha ricordato come l’azione della PA , nella scelta delle procedure di aggiudicazione deve tener conto oltre alle valutazioni discrezionali nell’ambito delle possibilità offerte dalla disciplina normativa, di “…numerose variabili aggiuntive...”, costituite dal rischio di: 1) mancato completamento dell’opera; 2) collusione tra le imprese; 3) corruzione; 4) carenze nella progettazione dei lavori; 5) molteplicità di obiettivi perseguiti. Limitando i richiami al “rischio corruzione”, nello studio viene osservato che “…In Italia, il settore degli appalti per opere pubbliche è probabilmente quello maggiormente soggetto a fenomeni di corruzione e, più in generale, di illegalità in tutte le aree del nostro Paese. È, tuttavia, difficile avere misure adeguate dell’illegalità. In particolare, i pochi dati disponibili a livello territoriale sulla corruzione sono di difficile utilizzo, perché riguardano le denunce o le condanne per reati o illeciti di dipendenti delle PA, fra cui anche quelle relative ad appalti di opere pubbliche. I dati riflettono, oltre all’effettiva correttezza dei dipendenti pubblici, anche le attitudini locali dei cittadini nei confronti della giustizia e l’efficienza della macchina giudiziaria stessa. È probabile che dove la giustizia funziona peggio, molti casi di corruzione e illegalità rimangano non denunciati. Inoltre, in alcuni particolari periodi storici, o in corrispondenza di eventi particolarmente eclatanti, possono emergere nei dati situazioni che resterebbero altrimenti nascoste…Anche se l’impatto economico dell’illegalità è difficile da valutare, tutti gli attori coinvolti sono ben consci della sua grande rilevanza. Ad esempio, un’indagine condotta nel 2005 dalle Delegazioni della Banca d’Italia di Parigi, Francoforte e Londra presso dei primari gruppi impegnati nella realizzazione di grandi opere infrastrutturali in tutta Europa, ha rilevato come tali operatori ritengano particolarmente complessa e rischiosa “l’interazione con l’ambiente economico” del Mezzogiorno, valutando molto negativamente prassi diffuse, come la concessione di almeno un terzo dei lavori in subappalto a imprese locali. Più in generale, le stesse imprese di costruzioni italiane attribuiscono anche agli stretti legami con le amministrazioni locali e con la politica locale, la fortissima chiusura e segmentazione su base regionale e sub-regionale del mercato delle opere pubbliche Pertanto, appare chiaro come – pur in assenza di una specifica analisi empirica – la problematicità dei formati di gara più discrezionali , a fronte del rischio corruzione, sarà più marcata in alcune aree del Paese….”. La “…limitazione del ricorso a meccanismi di esclusione automatica delle offerte anomale e, più in generale, l’attribuzione di un maggior grado di discrezionalità alle scelte della PA, dovrebbe essere controbilanciata dal rafforzamento delle misure di contrasto ai fenomeni di corruzione, anche in considerazione dell’elevato rischio di infiltrazioni criminali che …è presente nel settore degli appalti pubblici in Italia…”. Si osserva ancora che “…l’estensione del ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando per tutti i lavori inferiori a 500.000 euro, senza ulteriori vincoli connessi con le caratteristiche dell’oggetto dell’appalto, può risultare inopportuna sotto il profilo del rischio di corruzione e di infiltrazioni criminali, in quanto amplia indiscriminatamente la discrezionalità amministrativa nella scelta del contraente, in una fascia di appalti che, pur se di valore inferiore alla soglia comunitaria, come si è visto, rappresentano nel mercato italiano oltre il 60 per cento dei lavori aggiudicati. … Mentre il Codice dei contratti pubblici detta una disciplina piuttosto puntuale in materia di subappalto, disponendo – tra l’altro – che esso possa essere stabilito nel limite del 30 per cento del valore complessivo del contratto, risulta ancora piuttosto deficitaria quella relativa agli altri sub-contratti che, seppur non qualificati formalmente come subappalto, pongono analoghe problematiche sotto il profilo del rischio di elusione dell’apparato normativo vigente. Se, infatti, è vero che la disciplina del subappalto, entro i limiti di cui all’art. aziendale in capo ad altre ditte con l’intento di far fruttare al meglio la struttura dell’azienda. L’Autorità rileva, in particolare, che mediamente ogni 10 imprese ce ne è una che cede l’azienda nell’arco di validità dell’attestato di qualificazione. Cfr. AVCP (2008b)…È, inoltre, assolutamente indispensabile – ai fini di un efficace contrasto dei fenomeni di corruzione – assicurare la piena accessibilità ai dati relativi agli appalti pubblici: in questo modo, infatti, ogni cittadino potrebbe – almeno potenzialmente – monitorare l’operato della PA…Infine, si segnala la necessità che l’analisi dei ribassi tenga conto anche del fatto che l’esperienza storica recente evidenzia una preoccupante corrispondenza tra ribassi eccessivi e infiltrazione dei gruppi criminali, in quanto la disponibilità di ingenti capitali da riciclare rende questi ultimi estremamente concorrenziali rispetto alle imprese “sane” anche in periodi di congiuntura negativa...”.
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