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La minaccia Hollande fa scoprire a Merkel la crescita (degli altri)

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di Aroldo Barbieri
E’ bastato che Hollande vincesse al primo turno che la cancelliera tedesca scoprisse (almeno a parole) una cosa del tutto ovvia a chiunque segua l’economia: che senza crescita degli altri Paesi Ue (non della sola Germania) non ci sarà futuro per l’Europa, Germania compresa. E dire che Hollande è un socialista molto tranquillo, tuttaltro che barricadero, ma solo l’idea che la Francia possa riprendere peso e abbandonare la linea Sarkozy, di appiattimento totale su Frau Merkel (che aveva promesso addirittura di fare campagna elettorale per lui), perché questa aprisse alle ragioni di chi pensa che l’Europa debba investire su se stessa, sulle proprie infrastrutture, sulla qualità della ricerca e sulla formazione del capitale umano, se non vuole accettare il declino rispetto agli Usa e al resto del mondo che conta. Anche il nostro Monti ha parlato di sviluppo e crescita, il che farebbe presupporre che vorrà abbandonare la linea di fiscalità esasperata che ha sinora caratterizzato il suo operare, concausa della recessione che l’Italia sta soffrendo. Ma bisogna intendersi: il nostro Paese non può abbassare la guardia. Lo spread lo testimonia. Bisogna agire più decisamente sul versante della spesa improduttiva. Un’ Italia rimpicciolita, qual è quella che è passata nella graduatoria mondiale dal sesto all’ottavo posto, non può permettersi tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici ( e qui brillano in negativo regioni e comuni) di fatto inamovibili, un terziario tuttaltro che avanzato complessivamente. Se le entrate non possono diminuire, bisogna dosarle diversamente. Bisognerebbe, ma il condizionale è d’obbligo, far pagare chi per ora ha pagato ben poco in proporzione: gli evasori fiscali e i “veri ricchi”. Recuperare i primi non è facilissimo e ci vuole tempo, mentre a proteggere i secondi ci sono i meccanismi della finanza internazionale e una constatazione: da noi, come in USA, non è di moda. Basti pensare alle non poche dilazioni accordate a chi ha fruito del meccanismo del rientro dei capitali esportati illegalmente e il rinvio negli accordi fra Italia e Svizzera circa l’imposizione fiscale sui capitali “neri”.  Mentre, dopo aver tolto alla “classe operaia” il desueto “articolo 18”, che in origine equiparava l’operaio all’impiegato pubblico (senza “giusta causa” l’operaio non è licenziabile anche se non serve più, cosa improponibile in epoca di globalizzazione e concausa delle delocalizzazioni), ora la purga tocca alla piccola e media borghesia sotto forma di persecuzione nei riguardi della casa. Si dirà che da noi si è investito troppo sul mattone. Forse è vero. Ma sembra ci sia una precisa volontà di far crollare i prezzi delle abitazioni. Aver comprato una “prima” casa è colpevole, se “seconda” è delittuoso! D'altronde questo è il secondo Governo altoborghese dall’ Unità d’Italia, dopo quello della “destra storica”, che impose la tassa sul macinato!
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