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Rigore nella spesa, auto blu, fantasia e semplificazioni

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di Gino Falleri
Non si può dire che il panorama politico nazionale non offra delle novità, a cominciare dalle 400 auto blu che il Tesoro aveva intenzione di acquistare. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Fra le tante, delle ultime settimane, una dovrebbe far riflettere. Con la ricorrente affermazione che lo Stato non deflette nella lotta all’evasione fiscale, nello smascherare chi non paga le tasse – la pressione fiscale il prossimo anno salirà  al 45,1 per cento mentre i tecnici spingono per fissare subito l’Iva al 23 per cento con le conseguenze connesse – non solo sono sotto il controllo dell’Agenzia delle entrate, guidata da Attilio Befera, i conti correnti e le cassette di sicurezza, ma lo saranno anche le telefonate che facciamo nel corso dell’anno con i telefoni fissi e mobili. 
Quanto si spende per conversare. Una iniziativa non del governo, ma della stessa agenzia. E’ legittimo?
Un provvedimento che ricorda, per essere comprensivi, “1984”, il libro scritto da George Orwell, lo pseudonimo del giornalista inglese Eric Arthur Blair. Un romanzo imperniato su tre superstati sempre in guerra tra loro e scientificamente organizzati per poter controllare pensieri ed azioni dei propri sudditi tramite la “Polizia del pensiero”. 
Quello di controllare le utenze telefoniche per scovare gli evasori potrà senz’altro essere utile, ma è un provvedimento opprimente, forse unico nell’Unione europea, da considerare senza se o ma non in linea con la Costituzione. Al momento non sembra che abbia suscitato interventi da parte di chi, prima dell’attuale governo, non perdeva occasione per segnalare tutto quello che era in violazione della carta costituzionale.
Le novità non si fermano a quanto spendiamo ogni dodici mesi per il telefono. Ce ne sono delle altre. Tutte interessanti e tutte che ci coinvolgono da vicino. Una riguarda proprio i giornalisti, coloro che quotidianamente informano su cosa accade in patria ed altrove. La legge sull’equo compenso, approvata dalla Camera e salutata con fervore dagli interessati, è stata stoppata al Senato dal governo per approfondimenti, non senza reazione da parte della Fnsi. Si potrebbe anche aggiungere che i giornalisti non sono molto considerati dalle istituzioni. E’ sufficiente collegarsi con Ossigeno per l’informazione per accertarsene. 
Quella più interessante, a parte le iniziative dei partiti di rifondarsi a cominciare dall’Udc guidata da Casini, che è in Parlamento da quasi trent’anni, o le spinte di rinnovamento di Giuseppe Pisanu anch’egli con una lunga milizia parlamentare, riguarda sempre il risanamento dei conti pubblici ed i tempi necessari per centrarlo. Una sfida tra il governo Monti ed il Fondo monetario internazionale. 
 
Per quest’ultimo il pareggio di bilancio potrà essere conseguito nel 2017. Tra cinque anni e in controtendenza rispetto alle previsioni governative che lo danno invece per il 2013. Per mantenerle occorre una rigorosa politica sulla spesa pubblica ed anche fantasia. Quella che non manca, e non è mai mancata, agli uomini delle tasse ed imposte per far quadrare i conti. Non hanno eguali. 
Hanno pure inventato per i Comuni la “tassa di scopo” per ipotetiche iniziative a favore dei cittadini. Purtroppo non si vede molto. Le strade sono dissestate e ricche di vegetazione (andare per via Nomentana) mentre le strisce pedonali, quelle che dovrebbero consentire un minimo di sicurezza negli attraversamenti, quasi invisibili. Sempre a proposito dei nostri Comuni, che chiedono a ritmo serrato come peraltro le Regioni nuove risorse per assicurare i servizi,  dove vanno a finire i soldi delle contravvenzioni, 
della tassa di soggiorno e dell’uso dei parcheggi? Per la trasparenza si dovrebbe informare la collettività attraverso quei mega uffici stampa che i grandi enti locali si dotano. Quello del primo  cittadino della Capitale conta ben 24 addetti. L’ultima proposta formulata dagli uomini delle tasse ed imposte è stata quella di venti centesimi, quasi quaranta lire, per ogni sms inviato. Sarebbe stata una inesauribile miniera, ma ha avuto vita breve. Per ora è stata archiviata. Potrebbe essere ripescata se si dovesse fare una ulteriore manovra fiscale visto che lo spread è alquanto ballerino nonostante che a palazzo Chigi ci sia il governo dei Professori. I tecnici dicono che l’altalena sia dovuta in buona parte alla rigidità della Germania e all’incombente crisi dell’Olanda e della Francia, che forse perderà la triplice A. La ragione del ritiro della tassa sugli sms è semplice. Poteva essere equiparata alla tassa sul macinato di antica memoria, quella introdotta nel 1868 da Menabrea, o ad altre, come il prelievo forzato sui conti correnti disposti dal governo Amato. Non avrebbe giovato all’immagine dell’attuale governo, la cui popolarità incomincia ad incrinarsi. Non si dimentichino i fatti di Torino.
Il nostro è comunque un paese ricco di pregi, ma anche di non poche contraddizioni e non sempre l’equità è sovrana. Da una parte si tassano i soli noti, si impone l’Imu sull’abitazione di proprietà (si sta costituendo un fronte anti), con esclusione di alcuni soggetti, si pensa a tassarla ulteriormente per i soliti servizi che i Comuni dovrebbero erogare, si vuole riformare l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori - vecchio di quaranta anni e da allora molte cose sono cambiate - dall’altra esistono incongruenze o  incompiute. Non esiste ancora un provvedimento che richiami amministratori centrali e locali alla parsimonia. Ci sono dei limiti. Lo spending review, quel programma volto a ridurre la spesa pubblica, che fine ha fatto? La Corte dei Conti e la Banca d’Italia hanno posto l’accento sulla pressione fiscale. Anche Draghi si è fatto sentire.
In materia di spese girano delle storie stupefacenti. Cosa deve pensare un cittadino quando viene a sapere di dipendenti delle istituzioni di non alti livelli, Camera e Senato, con retribuzioni superiori all’assegno per il presidente della Repubblica, che è la prima carica dello Stato? Poi c’è quella della giumenta a suo tempo donata per l’ippoterapia ed ora a riposo. Per il suo mantenimento la Regione Sicilia spende qualcosa come oltre 2.300 euro al mese.
Forse la novità di maggiore rilievo è costituita dalle cosiddette semplificazioni, che sono le benvenute. Riducono le incombenze a carico dei cittadini frastornati, come sono, da una miriade di regole da osservare e dai documenti che debbono presentare, il più delle volte già in possesso della stessa Pa. Gli ultimi dieci anni del secolo passato, gli anni Novanta, sono stati considerati il periodo aureo per le iniziative intraprese volte ad ammodernare la pubblica amministrazione, che si muoveva con leggi, regolamenti e circolari farraginose ed alle volte incomprensibili nella loro applicazione. Se per caso si sbagliava o si ometteva a subirne le conseguenze era il cittadino. Una regola purtroppo tuttora vigente.
Nel secondo decennio del Terzo Millennio e con le riforme in atto potrebbe essere propedeutico incominciare a considerare ed approfondire quanto accade nel “pubblico” con un’ottica diversa, a cominciare dalle responsabilità per gli errori che vengono commessi. Chiedersi se sia ancora valido quel principio che vuole che debba essere la collettività a sopportare gli oneri derivanti dagli errori o debba invece esserci una inversione. La seconda ipotesi, da analizzare, comparare e valutare con i comportamenti delle più antiche democrazie europee, potrebbe dare luogo ad un interessante confronto e portare a soluzioni condivise. Sempre che il confronto sia su basi corrette e nell’interesse dei cittadini, che non può essere a lungo il soggetto negativo di negligenze, superficialità e preconcetti. Potrebbe anche spingere ad una maggiore assunzione di responsabilità chi svolge funzioni pubbliche.
Le semplificazioni sono indispensabili ed attestano che sia l’Esecutivo che il Legislativo sono ben consci delle esigenze della gente - la sicurezza è una di queste ed al riguardo è significativo il numero due di “LABIulm” - e  di conseguenza semplificano. 
Fin qui tutto bene. Tuttavia non sempre è così. L’esempio è dato dalle istruzioni per la prossima denuncia dei redditi, compreso il lessico. E’ un volume di oltre settanta pagine. Non tutti i contribuenti, sempre quelli a reddito fisso, sono Professori.
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