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“Spending review” e nuove ipotesi di annullamento d'ufficio e revoca di atti amministrativi

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di Paolo Rebecchi
Con il decreto legge 7 maggio 2012 n. 52 (in vigore dal 9 maggio 2012) il Governo è intervenuto a dettare “Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica”.
Il provvedimento legislativo segue all’esame da parte del Consiglio dei ministri del documento presentato dal Ministro P. Giarda contenente gli “Elementi per una revisione della spesa pubblica” nella versione dell’8 maggio 2012 (c.d.  “Spending review”)   Il documento ricorda quanto osservato da Adam Smith nella “Ricchezza delle Nazioni”, secondo cui un paese non può vivere senza spesa pubblica, ma si può condannare alla stagnazione e all’instabilità finanziaria se la spesa pubblica cresce troppo rapidamente o se è troppo elevata. Le procedure di “spending review”, oggetto principale del rapporto “sono dirette principalmente ad affrontare il problema della spesa pubblica dal punto di vista delle singole attività, funzioni o organizzazioni, nelle quali l’offerta pubblica si organizza.
Esaminate le dinamiche complessive della spesa il rapporto osserva che il processo di revisione contempla almeno due percorsi “che si differenziano per il diverso mix di obiettivi strategici, aggiustamenti dell’esistente e attacco alle inefficienze” . Per quanto attiene alla “riduzione delle inefficienze” , si considerano la “eliminazione degli sprechi e dell’eccesso di risorse utilizzate”  nell’ottenimento di un certo risultato ovvero le “innovazioni nella organizzazione” della produzione.  Un secondo percorso riguarda la “ridefinizione dei confini dell’intervento pubblico, progettando una riduzione del suo territorio” . Sulla riduzione degli sprechi, tra le varie voci di spesa considerata “aggredibile” è individuata quella relativa ai “consumi intermedi “ della p.a. per un importo complessivo di 135,6 miliardi di euro , suddivisa tra Stato (61,8 miliardi), altri enti centrali (2,6), enti previdenziali (2,2), Regioni (4,5), Province (1,9), Comuni (12,8), Sanità (28,3), Università e altri enti (7,8).
Il decreto legge n.52/2012 si occupa delle procedure di razionalizzazione negli acquisti. L’art. 2 prevede la istituzione di un apposito Commissario straordinario “…al quale spetta il compito di definire il livello di spesa per acquisto di beni e servizi , per voci di costo , delle amministrazioni pubbliche. Il Commissario svolge anche compiti di supervisione , monitoraggio e coordinamento dell’attività di approvvigionamento di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni…”. Il comma 2 precisa che “Tra le amministrazioni pubbliche sono incluse tutte  le amministrazioni, autorità anche indipendenti, organismi, agenzie o soggetti pubblici comunque denominati e gli enti locali, nonché le società a totale partecipazione pubblica diretta e indiretta e le amministrazioni regionali commissariate per la redazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario…” e sono esclusi soltanto la Presidenza della Repubblica, il Senato, la Camera dei deputati e la Corte costituzionale. Per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, le disposizioni del decreto costituiscono “principi di coordinamento della finanza pubblica”. 
Oltre ai profili organizzativi, sono di interesse i poteri affidati al Commissario straordinario, il quale (art.5) può , tra l’altro “…definire, per  voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche…”.
Si tratta pertanto di un organo straordinario che nello specifico settore può intervenire limitando fortemente la attività contrattuale di soggetti pubblici da sempre caratterizzati da amplissimi margini di autonomia gestionale (autorità indipendenti, enti locali, società pubbliche).
In particolare poi, lo stesso art. 5 comma 5 prevede che “Su proposta del Commissario , il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro da questi delegato o, per le regioni, il Presidente della regione interessata, possono adottare le seguenti misure: a) sospensione , revoca o annullamento di ufficio di singole procedure relative all’acquisto di beni e servizi anche per ragioni di opportunità; b) introduzione di obblighi informativi a carico delle pubbliche amministrazioni finalizzati alla trasparenza ed all’effettivo esercizio delle funzioni di monitoraggio e supervisione attribuiti al Commissario ai sensi dell’art.1 “. IL Commissario (comma 7)   “…segnala alle amministrazioni le misure di razionalizzazione della spesa e fissa un termine per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.Alla scadenza del termine il Consiglio dei ministri può autorizzare, nel rispetto dell’art. 120 della Costituzione, l’esercizio di poteri sostitutivi dei vertici delle amministrazioni inadempienti…”.
Il decreto poi prevede una serie di disposizioni sostanziali riguardanti l’attività contrattuale che attengono alla individuazione di “Parametri di prezzo qualità per l’espletamento delle procedure di acquisto” (art.7), la pubblicazione , a fini di trasparenza, dei dati relativi alla acquisizione di beni e servizi (art.8)  , la messa a disposizione delle pubbliche amministrazioni,  a titolo gratuito, del sistema automatico di negoziazione (ASP) del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 9), e contiene ulteriori disposizioni in materia di centrali di committenza (art.10), mercato elettronico della p.a. (art. 11), aggiudicazione di appalti con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 12), semplificazione dei contratti di acquisto di beni e servizi (art. 13), misure in tema di riduzione dei consumi di energia e di efficientamento degli usi finali di energia (art. 14). Tra i vari aspetti del decreto si può qui ora segnalare il profilo del potere speciale di sospensione, revoca o annullamento di ufficio di singole procedure relative all’acquisto di beni e servizi, anche per ragioni di opportunità di cui all’art. 5, comma 5.
Si tratta della previsione di ipotesi speciali di provvedimenti in autotutela che sono regolati in via generale dalla legge 241/1990.   La nozione di autotutela amministrativa (1) è descritta in dottrina nell’ambito dei procedimenti di secondo grado e si realizza attraverso l’annullamento di ufficio, la revoca e la sospensione dell’efficacia dell’atto (2 e 3). Si tratta di provvedimenti nei quali la pubblica amministrazione tutela i propri interessi rimuovendo di propria iniziativa un atto viziato o inopportuno , sottraendosi in tal modo alle conseguenze dannose che possano derivare dal medesimo provvedimento. Nell’esercizio di tale potestà , anche nel caso dell’annullamento di un atto illegittimo la pubblica amministrazione deve valutare l’esistenza di un interesse pubblico attuale. In altre parole l’amministrazione deve  “…porre a raffronto i vantaggi e gli inconvenienti che ad essa ed ai terzi possono derivare. Tale interesse è escluso (e quindi l’annullamento di ufficio non è legittimo) se l’eliminazione dell’atto viziato non è di nessuna utilità per l’amministrazione; a maggior ragione se nel corso del tempo l’atto di cui ora si constata l’illegittimità ha determinato il consolidarsi di situazioni giuridiche dei destinatari, o il formarsi di situazioni giuridiche dei terzi, derivate dalle prime, o ad esse connesse, talché l’annullamento determinerebbe una turbativa dell’ordine giuridico più grave di quella della persistenza dell’atto viziato…”(4).
La legge 241/1990 ha definito i presupposti dei provvedimenti di annullamento di ufficio o di revoca.
In particolare l’art. 21 nonies della legge 241/90 stabilisce che”:
1. Il  provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21 octies (5) può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da un altro organo previsto dalla legge (6).
2. E’ fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico entro un termine ragionevole”(7).
La giurisprudenza amministrativa ha prima anticipato e poi ribadito i requisiti per l’annullamento di ufficio poi definiti dal predetto art. 21-nonies. In tal senso Consiglio di Stato, Sez. V  n. 8291/2010 secondo cui : “Giova premettere una breve sintesi dei principi che governano l’esercizio del potere di auto annullamento dei titoli edilizi, enucleati dalla giurisprudenza di questo Consiglio e sostanzialmente confluiti nell’art. 21 nonies, l. n. 241 del 1990:
a) presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio con effetti ex tunc sono l’illegittimità originaria del provvedimento, l’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità, l’assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari;
b) l’esercizio del potere di autotutela è espressione di rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l’amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei su menzionati presupposti;
c) l’ambito della motivazione esigibile è integrato dalla allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio dovendosi tenere conto, per il resto: I) del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono (ambiente, paesaggio, salute, sicurezza, beni storici e culturali) che quasi sempre sono prevalenti rispetto a quelli contrapposti dei privati; II) della eventuale negligenza o della malafede del privato che ha indotto in errore l’amministrazione o ha approfittato di un suo errore;
d) rimane ferma l’esigenza di assicurare che la tutela del governo del territorio avvenga senza imporre sacrifici inutili al privato;
e) pur non riscontrandosi un termine di decadenza del potere di auto annullamento del titolo edilizio, la caducazione che intervenga ad una notevole distanza di tempo e dopo che le opere sono state completate, esige una più puntuale e convincente motivazione a tutela del legittimo affidamento”.
Secondo Cons. Stato, n. 816 del 4 marzo 2008 “in caso di illegittimità del provvedimento, il potere di autotutela deve essere esercitato in un termine ragionevole, come prescritto dall’art. 21 nonies della legge n. 241/1990”. Ulteriore disposizione speciale in materia di annullamento di ufficio si rinviene nell’art. 1, comma 136, della legge n. 311/2004 stabilisce che, “al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l’annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall’acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante”.
Per un richiamo a tale disposizione v. Cons. Stato, sez. V, n. 1946/2010 per la quale “…con tale disposizione è stato disciplinato l’annullamento in re ipsa di provvedimenti che comportano un indebito esborso di denaro pubblico, senza incidere sulla generale codificazione dell’istituto ai sensi dell’art. 21 nonies comma 1 della legge 241/1990 (entrato in vigore dopo l’art. 1 comma 136 ad opera della legge n. 15/2005). In assenza di coordinamento tra le due norme deve ritenersi che il citato comma 136 abbia individuato l’unica ipotesi di annullamento per ragioni di pubblico interesse in re ipsa, con esclusione di altri casi, non connessi a risparmi o minori oneri per la p.a., in precedenza a volte ammessi dalla giurisprudenza. Nel caso di specie tuttavia, non si è in presenza di un annullamento di ufficio per ragioni di pubblico interesse in re ipsa, avendo l’amministrazione indicato, come analizzato in precedenza, le ragioni di pubblico interesse poste a fondamento dell’atto di autotutela. In ogni caso il potere di annullamento di ufficio è stato esercitato nei tre anni stabiliti dall’art. 1 comma 136, in quanto tale termine decorre per i provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati, dall’acquisizione di efficacia del provvedimento sulla base del quale è sorto il rapporto contrattuale (aggiudicazione avvenuta con la determinazione 11 ottobre 2005 n. 541). Ai fini del rispetto del termine triennale non rileva il fatto che con il provvedimento di autotutela siano stati annullati anche atti precedenti, sia perché tali atti non erano collegati con il rapporto contrattuale poi sorto, sia perché per i procedimenti di lunga durata sarebbe altrimenti impossibile esercitare il potere di autotutela sull’intera procedura per la sola circostanza che il procedimento è durato oltre tre anni. Di conseguenza deve ritenersi che il potere di autotutela sia stato legittimamente esercitato con riguardo al profilo temporale. Si perviene a tale conclusione,anche se si accede alla tesi, secondo cui la prima parte del comma 136 costituisce una eccezione alla seconda parte con la conseguenza che l’annullamento per finalità di risparmio o di minor onere sarebbe possibile solo entro il termine di tre anni se riguarda provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati, mentre sarebbe temporalmente possibile negli altri casi, fermi restando i presupposti stabiliti in via generale dall’art. 21 nonies della legge 241/90…(8)”.
La competenza ad adottare il provvedimento di annullamento (9) “…spetta in via ordinaria all’organo dell’amministrazione che in concreto ha adottato l’atto contrario all’ordinamento, salvo che la legge non attribuisca tale potere ad un altro organo o ad altra amministrazione (TAR Lecce, sez. I, 4 marzo 2008, n. 731). Nel caso di atto viziato di incompetenza, l’annullamento dovrà essere posto in essere dalla stessa P.A. che ha posto in essere l’atto illegittimo e non dall’amministrazione che sarebbe stata competente (Cons. Stat0, sentenza n. 10 dell’8 gennaio 2007). L’amministrazione non ha alcun obbligo di dare avvio al procedimento che sfocia nell’annullamento dell’atto, trattandosi di procedimento ad iniziativa di ufficio. Ciò comporta che una volta divenuto inoppugnabile il provvedimento di primo grado l’interessato non può pretendere una istanza di riesame, per poi agire con il rito contro il silenzio dell’amministrazione, nel caso in cui quest’ultima non abbia adottato alcuna determinazione…” (v. esattamente Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 4308 del 6 luglio 2010 “…Non sussiste alcun obbligo per l’Amministrazione pubblica di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile ab extra l’attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell’atto amministrativo mediante l’istituto del silenzio rifiuto e lo strumento di tutela offerto dall’art. 21 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241- Conferma TAR Puglia- Lecce, sez. III n. 218/2010).
Esistono inoltre casi di annullamento doveroso nei quali “…la P.A. è obbligata ad esercitare il proprio potere. Si tratta del caso in cui l’illegittimità dell’atto amministrativo sia stata accertata dal g.o. (art. 4 legge 2248/1865) ovvero del caso in cui in sede giurisdizionale amministrativa siano stati annullati atti presupposti rispetto a quello di cui si tratta, o, infine, nel caso in cui l’invalidità dell’atto sia stata accertata in sede di controllo successivo di legittimità…” (10).
E’ invece nullo l’atto amministrativo , ai sensi dell’art. 21 septies (11), “…che manca degli elementi essenziali (12),che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”. Al riguardo v. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 891 del 28 febbraio 2006 secondo cui “...Nel diritto amministrativo la nullità costituisce una forma speciale di invalidità che, nei soli casi (oggi meglio definiti dal legislatore dopo l’entrata in vigore dell’art. 21 septies della legge n. 241/90) in cui sia specificamente sancita dalla legge, mentre l’annullabilità del provvedimento costituisce regola generale di invalidità del provvedimento, a differenza di quanto avviene nel diritto civile dove la regola generale è quella della nullità. La sanzione della nullità del provvedimento è stata fino a poco tempo fa prevista solo con riferimento ad ipotesi peculiari, quali ad esempio l’assunzione nel pubblico impiego senza il filtro preventivo della procedura concorsuale, mentre oggi l’art. 21 septies della legge 241/1990 prevede che il provvedimento amministrativo è nullo quando:
a) manchi degli elementi essenziali;
b) sia viziato da difetto assoluto di attribuzione;
c) sia stato adottato in violazione o elusione del giudicato ed infine;
d) in tutti gli altri casi espressamente previsti dalla legge.le cause di nullità del provvedimento amministrativo devono quindi oggi intendersi quale numero chiuso. Poiché nel caso di specie, il provvedimento di revoca dei contributi è stato emesso dall’amministrazione competente ad adottarlo deve essere senza dubbio escluso che il provvedimento possa essere considerato nullo, non essendo stato adottato da un amministrazione totalmente priva del potere di emanarlo…”.  La revoca del provvedimento amministrativo è disciplinata dall’art. 21 quinqiues della legge 241/1990 secondo cui” 1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno di soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. 1bis. Ove la revoca di un atto amministrativo a efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte  dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico. 1-ter. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali , l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente  e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei  contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto all’interesse pubblico”. 
La norma (13) “…riprende l’impostazione fatta propria dalla dottrina e dalla giurisprudenza (14), confezionando una ipotesi di caducazione del provvedimento di primo grado che prescinde dall’esistenza di vizi di legittimità e che produce effetti ex nunc, salvaguardando quelli medio tempore prodotti dal provvedimento revocato. La revoca ha ad oggetto provvedimenti amministrativi discrezionali con efficacia durevole. Non sono invece suscettibili di revoca i provvedimenti ad effetti istantanei, quelli interamente eseguiti, gli atti vincolati, i provvedimenti che hanno consumato il potere. La norma pone fine al dibattito circa l’ampiezza dei presupposti del potere di revoca, scegliendo la tesi estensiva secondo la quale la revoca può essere disposta per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. Del tutto nuova è invece la previsione di un obbligo di indennizzo in capo alla p.a. che non esclude la possibilità di una richiesta risarcitoria in caso di revoca illegittima. Tra gli elementi di diversità che caratterizzano la disciplina dell’annullamento da quella della revoca è infatti il ruolo che gioca l’affidamento legittimo del privato …mentre nella disciplina dettata dall’art. 21 nonies, infatti, esso gioca un ruolo di effettivo limite al potere di annullamento (Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2006, n. 564), nella disciplina contenuta nell’art. 21 quinquies, riemerge in filigrana quale parametro di valutazione dell’indennizzo in favore del privato. La revoca va distinta dalla revoca sanzionatoria (o decadenza) che presuppone la commissione di un illecito da parte del destinatario del provvedimento o il mancato rispetto di un onere impostogli dalla legge. Allo stesso tempo la revoca va distinta dal mero ritiro che ha ad oggetto provvedimenti ancora (ab origine) inefficaci…”. In tal senso Cons. Stato, sent. n. 2244 del 21 aprile 2010 secondo cui “L’art. 21 –quinquies della legge n. 241/1990 ha accolto una nozione ampia di revoca, prevedendo tre presupposti alternativi, che legittimano l’adozione di un provvedimento do revoca:
a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;
b) per mutamento della situazione di fatto;
c) per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
La revoca dei provvedimenti amministrativi è, quindi, possibile non solo in base a sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. jus poenitendi)- conferma TAR Campania, Napoli, sez. VIII n. 20237/2008. In tal senso anche Cons. Stato, sent. n. 7334 del 6 ottobre 2010 che ha precisato che “L’adozione di un provvedimento di revoca da parte della p.a., in ossequio a quanto disposto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 è legittimo se sopraggiungono motivi di pubblico interesse e se c’è una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il c.d. jus poenitendi. In tal senso, si è ritenuta corretta la sentenza gravata laddove aveva dichiarato legittima la revoca delle deliberazioni di pubblico interesse del progetto presentato dalle società resistenti in ordine alla pedonalizzazione di un tratto stradale comunale, dal momento che la predetta revoca era stata adottata in virtù di una nuova valutazione dell’interesse pubblico da parte dell’ente locale ricorrente, rivolto a dettare una più organica e diversa pianificazione del territorio comunale”.
Quanto alla sospensione dell’efficacia del provvedimento, è prevista dall’art. 21 quater, della legge 241/1990- “L’efficacia ovvero l’esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa , per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volata, nonché ridotto per sopravvenute esigenze”.
I poteri di sospensione, annullamento di ufficio e revoca definiti nel decreto legge n. 52/2012 definiscono quindi nuove ipotesi speciali che richiamano la disposizione richiamata prima di cui all’art. 1, comma 136, della legge n. 311/2004 in materia di annullamento di ufficio di atti a fini di contenimento della spesa.
Il decreto legge n. 52/2012 , all’art. 5 comma 6, contiene inoltre un richiamo alle competenze della Corte dei conti. Prevede infatti che “I provvedimenti di cui al comma 5 sono segnalati, anche ai fini di quanto previsto dall’art. 11 della legge 4 marzo 2009, n. 15, al Presidente della Corte dei conti, il quale, per quanto riguarda le Regioni, li comunica alla competente sezione regionale di controllo della Corte medesima”. Il richiamo alla legge 15/2009 (legge “Brunetta”) attiene ai nuovi poteri di intervento della Corte dei conti sulla gestione delle pubbliche amministrazioni anche durante lo svolgimento delle medesime, che possono condurre, con l’intervento del  Ministro competente, anche alla sospensione dell’impegno di somme stanziate sui pertinenti capitoli di spesa.


Note

(1) V. M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, Milano, 1988, vol. II, pagg. 712-714; A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, pagg. 196 per i quali l’autotutela individua uno degli attributi dell’autorità (o “autarchia”) dei provvedimenti amministrativi, individuati nell’imperatività (produzione di mutazioni nelle situazioni giuridiche dei destinatari indipendentemente dal loro concorso o dalla loro collaborazione) e nell’autotutela (possibilità per l’autorità amministrativa di realizzare unilateralmente e se necessario, coattivamente, le situazioni di vantaggio che col provvedimento nascono a favore dell’amministrazione). Accanto a questa nozione (“autotutela esecutiva”- v. M.S. GIANNINI, op. cit., pag. 1259) se ne individua un’altra (“autotutela decisoria”) che si esprime nell’intervento su altri provvedimenti amministrativi attraverso l’esercizio dei poteri di annullamento d’ufficio, di rimozione,di revoca, di convalida degli atti amministrativi invalidi e di decisione dei ricorsi amministrativi (A.M. SANDULLI, op. cit, pagg. 196 e ss.).

(2) F.CARINGELLA, Compendio di diritto amministrativo, Roma, 2008, pp. 372 e ss. 
 
(3) A.VETRO, L’esercizio dell’autotutela da parte della pubblica amministrazione.Riflessi sulla responsabilità amministrativa dei pubblici funzionari, in www.contabilità-pubblica.it.
  
(4) G.LANDI-G.POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, Milano , 1974, pag. 276.

(5) Art. 21 octies:” 1. E’ annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. 2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti , qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto diverso da quello in concreto attuato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri che i contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.  

(6) Circa l’organo competente v. anche l’art. 138 del d.lgs.  18 agosto 2000 n. 267- “Annullamento straordinario. In applicazione dell’art. 2 comma 3 , lettera p) della legge 23 agosto n. 400, il Governo, a tutela dell’unità dell’ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare di ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio dei ministri, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità”.
  
(7) F.CARINGELLA, op. cit., pag. 378 “…Il legislatore, con l'art. 21 nonies, secondo comma della legge 241/90 ha espressamente disciplinato la convalida del provvedimento annullabile. Non è tuttavia escluso l’utilizzo di altri strumenti di sanatoria del provvedimento invalido , tutti espressione della medesima ratio di conservazione, quali la ratifica, la sanatoria, la conversione, la riforma, la proroga e la rinnovazione…”. Con la “…conferma …la PA all’esito del procedimento di riesame, conclude nel senso della piena validità del proprio precedente provvedimento…”. Gli effetti della conferma operano retroattivamente , mentre “dalla conferma in senso proprio deve distinguersi la conferma in senso improprio (o meramente confermativo) che si verifica quando la p.a . a seguito di una segnalazione sterna esclude la necessità di intervenire in autotutela, confermando, senza però esercitare il proprio potere discrezionale la determinazione già assunta. La conferma impropria non è autonomamente impugnabile perché non produce una nuova lesione…”.
 
(8) N.PIGNATELLI, Legalità costituzionale ed autotutela amministrativa, in www.giustizia-amministrativa,2012, che richiama casi di “…illegittimità dei provvedimenti vincolati nell’an e nelle modalità di esercizio o all’illegittimità dei provvedimenti che provocano un esborso di denaro pubblico-v.anche in materia di autotutela tributaria TAR Toscana, 22 ottobre 1999, n. 767 in Foro it., 2001, 27 e ss….”.
 
(9) F.CARINGELLA, op. cit., pag. 374.

(10) F.CARINGELLA, op. cit., pag. 374.

(11) F. CARINGELLA, op. cit., pag.536 “…il “difetto assoluto comprende, oltre alla c.d. incompetenza assoluta, la mera carenza in astratto del potere , viceversa, dovrebbe essere qualificata non come causa di nullità, bensì come causa di annullabilità, quella  che la Cassazione chiamava “”carenza in concreto del potere”” degradata a ipotesi di “”cattivo uso del potere”” (TAR Campania, Napoli, sezione V, n. 5025/2005)…”.

(12) E.CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 1999 ,pag. 476- Gli elementi tradizionalmente considerati essenziali sono il soggetto, il contenuto dispositivo, l’oggetto, la finalità, la forma. 
  
(13) F.CARINGELLA, op. cit..

(14) Cons. Stato, sez. V, decisione 10 maggio 1929, n. 279, c.d. “caso Bruzzone”, in Le grandi decisioni del Consiglio di Stato, Milano ,2001, pp. 141 e ss., con commento di M.CHIAPPETTA, L’autotutela amministrativa.
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