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Il caldo autunno dell’Unione

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di Gino Falleri
La domanda è sottintesa. Riguarda l’autunno, come sarà dal punto di vista economico-politico. Se i mercati entreranno in fibrillazione e se avrà in serbo ulteriori gravami per le tasche di chi puntualmente paga le tasse e quant’altro possa venire in mente al governo e alle amministrazioni locali, che non sempre risultano essere virtuose. Spendono e chiedono. Per la riduzione dei trasferimenti statali, compresa la “favoletta” che debbono assicurare i servizi ai cittadini (quali e di quale livello?), premono in continuazione sulla leva fiscale. Niente sfugge alla loro imposizione ed il più spremuto e tartassato è sempre l’automobilista. E’ considerato una specie di Creso. Neanche il governo è da meno.
Tutto raddoppia, tutto si triplica. Il giorno prima dell’entrata in vigore dell’euro, tanto per fare un esempio, la sosta nei parcheggi gestiti dal Comune di Roma costava 1000 lire l’ora. Il giorno dopo è schizzata ad un euro. Quasi il doppio. La tassazione locale in quindici anni, con quegli ottimi risultati che sono sotto gli occhi di tutti, è andata alle stelle. 
Lo riferisce un recentissimo studio della Confartigianato di Mestre, che ha pure informato che dall’entrata in circolo dell’euro i prezzi sono aumentati del 25 per cento, mentre la Banca Mondiale-Doing Business ha collocato l’Italia all’87mo posto nella graduatoria dei paesi dove è più facile fare impresa. Ne ha presi a riferimento 183. Per gli eccessivi adempimenti burocratici, e la burocrazia non scherza nella richiesta di documenti da presentare, ci vogliono ben 86 giorni prima di poter iniziare una qualsiasi attività economica. 
Sulle spese pubbliche, su come vengono impiegate le risorse, ovvero le tante tasse ed imposte caricate sulle spalle dei cittadini, per far funzionare la macchina statale, è istruttivo un articolo, uno dei tanti sull’argomento a firma di Sergio Rizzo, pubblicato sul “Corriere della Sera” nella terza decade di agosto. La Regione Lazio eroga ai gruppi consiliari contributi superiori a quelli che vengono liquidati ai gruppi politici che siedono nel Parlamento. Nello stesso tempo l’Irpef laziale è salita all’1,73 per cento per via del piano di rientro del debito sanitario causato dai precedenti governatori. A cui si devono aggiungere i ticket che si corrispondono fin dall’epoca di Marrazzo.
Sempre Rizzo ha in un successivo articolo riferito in merito ad una decisione della Regione Molise, relativa alla ricerca di un superconsulente cui attribuire il compito di individuare le giuste modalità per disfarsi degli strumenti a rischio. Da individuare al di fuori dei quadri organici della regione poiché al loro interno non esisterebbe. E’ la stessa giustificazione frapposta ogni qualvolta un ente pubblico a dimensione nazionale cerca un addetto stampa. 
Per i paesi nordici dell’Unione, ed anche per le autorità di Bruxelles e Francoforte, non siamo un paese virtuoso. Siamo sotto osservazione, sebbene la credibilità sia maggiore rispetto ad un anno addietro. Con un punto interrogativo sul dopo Monti. I nostri malanni sono costituiti da una opprimente burocrazia e dall’eccessiva spesa pubblica. Costituiscono due freni allo sviluppo. 
Se non si incide sulla spesa, finora noi italiani abbiamo vissuto sopra i nostri mezzi, e non si rimodella l’apparato burocratico difficilmente si potrà alleggerire l’eccessivo carico fiscale, che è a sua volta la causa della contrazione dei consumi e dei problemi ad essa collegati. Snellimento della burocrazia, riduzione della spesa e rilancio dell’economia, a parere degli esperti, dovrebbero camminare di pari passo. Qualcosa è stato detto al riguardo e qualcosa si sta facendo tramite i provvedimenti inseriti in quella  surrettizia manovra fiscale chiamata “Spending review”. 
E’ stato durante il Meeting di Rimini, l’appuntamento annuale di Comunione e liberazione, che sia il presidente del Consiglio che il ministro Passera, oltre a pronunciare parole rassicuranti sul futuro, sulla luce che si sta intravedendo alla fine del tunnel in cui si è infilato il paese, hanno anche parlato di carico fiscale, di tasse che costituiscono una specie di zavorra per la crescita. Hanno indicato che nelle prossime iniziative governative ci saranno le dismissioni, il riordino degli enti locali (i contribuenti auspicano che si riscriva il titolo V della Costituzione, che è una delle principali fonti del debito pubblico), meno aiuti alle aziende, fondi ed incentivi per le start up, semplificazioni anti burocrazia, banda larga, agenda digitale e liberalizzazioni.
Le enunciazioni debbono avere un seguito. Per ora costituiscono delle nobili intenzioni, come gli spot del governo Berlusconi. Sono i fatti quelli che contano. La regola aurea, basata sull’esperienza degli ultimi 66 anni,  è quella di fare delle tare. Il governo per un motivo o l’altro non sempre ottempera a quanto dichiara di voler realizzare. E’ sufficiente dare una scorsa alle motivazioni che sono state o vengono addotte per caricare di ulteriori accise la benzina: è ancora vigente quella imposta per la conquista dell’Impero. Da noi il temporaneo diventa eterno. Quanti ricordano le domeniche senza la circolazione delle macchine per una delle tante crisi energetiche, con l’immancabile aumento del carburante alla pompa, e la fotografia di Mariano Rumor, presidente del Consiglio, che usciva dalla stazione della metro del Colosseo per andare a piedi a Palazzo Chigi? Una operazione alla Edward Bernays.
Dato che si sta parlando di gasolio e benzina. tutti sanno che è stata introdotta una ulteriore accisa, i cui proventi sono destinati a favore degli abitanti delle zone terremotate dell’Emilia per la ricostruzione. Ebbene, l’Agenzia delle entrate, diretta da Attilio Befera, ha chiesto agli sfollati, ai senza lavoro, agli imprenditori, che rivogliono mettere in funzione le loro attività, che ancora non avrebbero ricevuto un euro di aiuto, di pagare le tasse, Imu compresa. Una improvvida richiesta poiché il governo aveva dato ampie assicurazioni che li avrebbe aiutati. La richiesta, a seguito della levata di scudi dei sindaci e delle massime autorità regionali, è stata per il momento sospesa. 
Come sarà l’autunno? Pressappoco come l’estate meteorologica. Caldo e pieno di rischi. Qualche anticipazione l’ha avanzata “Publico”, una rivista portoghese. Non è soltanto la lievitazione del prezzo dei carburanti a preoccupare. Le preoccupazioni sono altre e riguardano la tenuta dell’Unione. Si dice che la Finlandia, sempre in sintonia con la Germania, abbia elaborato un piano per affrontare il “botto” della moneta unica. La Francia è sul piede di guerra per garantire il benessere dei suoi pensionati a spese dei contribuenti tedeschi mentre questi, a loro volta, auspicano un ritorno della “cancelliera di ferro”. 
Da noi le preoccupazioni riguardano prezzi e crescita, nonché una crescente insofferenza nei confronti del governo Monti, su cui ha espresso la sua opinione pure il Pd.  Le famiglie paventano tutta quella serie di rincari che bussano alle porte. Le impoveriranno ancora di più. Per quello che è dato di conoscere,  questo grazie alle anticipazioni del mondo giornalistico, riguarderanno luce, gas, rifiuti, treni, generi alimentari e persino le autostrade. Un ritocco, secondo il ministro Clini, per combattere l’inquinamento mentre il ministro Balduzzi mira ad introdurre una piccola tassa sulle merendine contrastata dal Pdl e da una frangia del Pd. Tre centesimi per tutelare la nostra salute.
Per mantenere caldo l’autunno si riparlerà di patrimoniale. Una nuova torchiatura. I sostenitori sono Camusso, Bersani, il presidente in pectore, e Fioroni. Solo per i patrimoni superiori ai 1.200.000 euro. Una misura estremamente utile, a parere dei tre esponenti della sinistra, per il rilancio delle attività economiche e ridurre l’astronomico debito. C’è  una domanda, finora mai posta, a cui si dovrebbe dare una risposta. E questa la dovrebbero fornire i giornalisti, che assolvono anche un ruolo sociale. I  contribuenti sanno cosa realmente vuole significare Fiscal compact? E’ stata chiarita la sua portata? I politici se ne sono guardati bene dal rivelarlo.
Non significa altro che ogni anno, fino al 2030, gli italiani saranno obbligati a sborsare qualcosa come 20 miliardi di euro per ciascun esercizio finanziario oltre a quelli necessari per il pareggio di bilancio. E a contribuire pesantemente saranno i soliti noti. Così ci saranno ulteriori povertà e drastiche contrazioni dello stato sociale: pensioni e sanità. Tutto questo per rispettare le regole dell’unione monetaria e quant’altro è stato sottoscritto. 
Non sono solo i problemi interni - la disoccupazione giovanile, che viaggia al 36 per cento, il calo della produzione industriale, la chiusura delle attività economiche, le nuove povertà, la tassazione esasperata -  a costituire un gravoso fardello da scaricare nel modo migliore. Ce ne sono altri e riguardano la stessa Unione europea. La Germania ha calzato l’elmetto per la difesa dell’euro. I suoi falchi, con la Bundesbank in testa che contrasta le proposte e l’autorità di Mario Draghi, non vogliono cedere su niente e lo si è visto con la Grecia, che ha chiesto altri due anni per sistemare i suoi conti. Un eventuale aiuto solo dopo la relazione degli ispettori.
Per avere ulteriori elementi per classificare come sarà l’autunno, si dovranno attendere il verdetto della corte costituzionale tedesca sul nuovo fondo salva stati e l’esito delle elezioni nei Paesi Bassi. Potrebbero produrre la disgregazione dell’Unione europea, che altro non è che lo scenario tratteggiato da tempo dagli Stati Uniti. La vittoria del biglietto verde. Senza l’unione politica, fiscale e sociale non si va lontani.
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