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Multipolarismo e difesa nazionale: il quadro attuale

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di Cristiana Era
Un ventennio e più di cambiamenti dello scenario politico internazionale e le recenti trasformazioni interne pongono al nostro Paese nuovi quesiti e nuovi scenari operativi per la Difesa italiana. Quali sono questi quesiti e soprattutto quali possibili direzioni  le istituzioni potranno prendere è il risultato della ricerca promossa dalla Fondazione Farefuturo e che ha portato alla pubblicazione del volume “Quale Difesa per la Repubblica?”. Pur riconoscendo a priori l’impossibilità di includere tutti i temi e tutti gli aspetti legati alla dinamica del cambiamento che stiamo vivendo, il libro ha il pregio di mettere in risalto i punti cardini principali, i riferimenti da tenere a mente nel momento in cui si vuole affrontare il tema del futuro della nostra Difesa. Si parla di crescente conflittualità a livello internazionale, di crisi e di riforme interne necessarie che toccano vari settori della società, della politica, dell’economia. E naturalmente delle Forze Armate. E proprio quest’ultime hanno da tempo avviato una riforma, intesa come un processo ancora in atto, iniziata qualche anno fa con l’abolizione della leva e l’introduzione del concetto di esercito professionale per poi passare alle modifiche relative alla riduzione del personale. E’ certamente un “work in progress” che avrà bisogno dei suoi tempi ma che negli stessi ambienti di Forza Armata viene considerato indispensabile.
E tuttavia, se Esercito, Marina ed Aeronautica cercano di fare la loro parte, il multipolarismo e le instabilità regionali impongono anche delle modifiche a livello di decisioni di politica estera, di sicurezza nazionale (elementi imprescindibili ormai uno dall’altro), di politica industriale e anche di quadro giuridico di riferimento. Ecco i punti principali su cui ruota l’intera ricerca. La fluidità degli scenari, l’esigenza della comunità internazionale di intervenire in più aree per garantire la sicurezza, la presenza – e affermazione – di attori non statali sono fattori che impongono a medie e piccole potenze delle scelte ben precise. E mentre ci sono tendenze che spingono per una forma di “isolazionismo all’italiana”, ossia la limitazione dell’impiego delle Forze Armate al solo territorio nazionale,  è evidente che la Difesa italiana non può uscire dal contesto internazionale. Ma può e deve elaborare una strategia di Difesa e di sicurezza che definisca con chiarezza obiettivi ed interessi nazionali. Dopotutto, le Forze Armate italiane all’estero hanno operato spesso con successo, ottenendo consensi e qualche volta diventando esempio per quelle di Paesi alleati. E quindi, come ricorda il Direttore di Farefuturo, Paolo Quercia, parlare di politica di Difesa non vuol dire affrontare solo aspetti strettamente militari, ma significa parlare di politica estera, stabilendo le priorità, forse riducendo gli interventi, che però devono tener conto della posizione geografica e dell’opportunità di concentrarsi sugli scenari vicini (Libia, Egitto, Maghreb, Libano) .
E anche la politica industriale è Difesa. Infatti, non bisogna dimenticare che il settore Difesa è strettamente legato all’industria: tecnologia e innovazione sviluppate in questo ambito hanno una ricaduta positiva anche in campo civile. Le nuove tecnologie hanno, infatti, dei risvolti commerciali oltre che militari e le applicazioni possono essere molteplici quando industria e Difesa si incontrano e collaborano. E se le risorse sono scarse, allora occorre investire meglio nei settori strategici.
Non da sottovalutare è anche il quadro normativo attuale, in cui non trovano spazio le nuove tipologie di conflitto internazionale, costringendo ad interventi ad hoc e a contorsioni lessicali. La errata interpretazione “pacifista” dell’art. 11 della Costituzione, ha sottolineato il Professor De Vergottini in occasione della presentazione della pubblicazione, ha generato timori ingiustificati nel legislatore che non ha approfondito l’argomento, lasciando vuoti significativi nell’ordinamento italiano: non si parla infatti di guerre internazionali e non abbiamo neanche una clausola che preveda le missioni all’estero. Nella pratica si sono affermate le missioni di peacekeeping e gli interventi umanitari, ma gap culturale, pregiudizi e paura di essere additati come militaristi ha impedito un intervento innovativo e sostanziale che adeguasse il quadro normativo ai mutati scenari politico internazionali in cui le conflittualità di area continueranno a crescere e a minacciare la stabilità e la sicurezza di intere regioni. Dunque anche questa sarà una delle sfide immediate per il nostro Paese e per una politica adeguata e razionale della Difesa.
La ricerca appena pubblicata include il contributo di esperti del settore Difesa dal punto di vista legale, militare e politico. “Quale Difesa per la Repubblica” è una analisi che presenta luci ed ombre de sistema attuale, pone molti interrogativi e getta le basi per ulteriori discussioni e approfondimenti che possano contribuire a rinnovare e ridisegnare il ruolo dell’Italia in Italia e all’estero.

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