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Vincoli europei, patto di stabilità interno e nuove responsabilità per gli amministratori locali

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del Cons. Paolo Luigi Rebecchi
Da tempo il dibattito politico ha come oggetto , fra l’altro,  il “patto di stabilità”, ormai individuato come un fattore di grave limitazione delle possibilità di ripresa economica, per effetto dei limiti all’assunzione di impegni di spesa da parte degli enti locali (1). Ad esso si accompagnano le ulteriori difficoltà e ritardi nei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese (2)(3). Può essere allora utile una breve ricognizione sugli elementi caratterizzanti tale istituto e sulle norme che anche recentemente sono venute a “rafforzarne” i vincoli per le amministrazioni locali e che appaiono in controtendenza rispetto alle affermate esigenze di “allentamento”.
Tali principi generali permangono  anche dopo il d.l. 8 aprile 2013, n. 35 -Disposizioni urgenti  per  il  pagamento  dei  debiti  scaduti  della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli  enti territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti”.
Il “patto di stabilità interno” costituisce una applicazione , all’interno dell’ordinamento nazionale, del “patto” europeo  di “stabilità e crescita” (4). E’ questo un  accordo, stipulato nel 1997 dai paesi dell'Unione ed entrato in vigore con l'adozione dell'euro, il 1º gennaio 1999 con il fine del controllo delle politiche di bilancio in rapporto ai requisiti adesione all' unione economica e monetaria dell'UE  (1992-Trattato di Maastricht). Ha lo scopo di garantire l’equilibrio delle finanze pubbliche attraverso l’obiettivo di un saldo di bilancio prossimo al pareggio o positivo, proteggendo in tal modo la moneta unica da situazioni di instabilità economica che caratterizzavano alcuni stati membri. Si attua attraverso il rafforzamento delle politiche di vigilanza sui deficit ed i debiti pubblici, nonché un particolare tipo di procedura di infrazione, detta procedura per deficit eccessivo. A livello nazionale il “patto” (di stabilità)  è costituito da un insieme delle disposizioni, contenute  nelle leggi finanziarie, con cui si definiscono gli impegni degli enti decentrati a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo del rispetto del patto di stabilità e crescita , perseguito dal Governo centrale in ottemperanza agli impegni  dallo stesso assunti a livello europeo.  Nasce da un’esigenza di convergenza delle economie degli stati membri dell’UE verso specifici parametri, comuni a tutti e condivisi a livello europeo e specificamente dettati  nel Trattato di Maastricht. Nel corso degli anni, ciascuno dei Paesi membri della UE ha implementato internamente il PSC seguendo criteri e regole proprie, in coerenza con la normativa interna inerente le relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Per  raggiungere gli obiettivi previsti nei programmi di stabilità, gli stati membri dell’Unione hanno, coinvolto gli altri livelli di governo esistenti nei rispettivi paesi, attraverso strumenti atti a garantire un maggior controllo della situazione finanziaria delle amministrazioni locali, le quali, pur non essendo chiamate in causa dal PSC, contribuiscono comunque all’equilibrio complessivo richiesto alle amministrazioni pubbliche. L’Italia  ha adottato un proprio patto di stabilità interno a partire dal 1999 e la definizione delle relative regole avviene annualmente durante la predisposizione ed approvazione della manovra di finanza pubblica. Il patto tende ad assicurare mediante interventi di contenimento della spesa pubblica nazionale, attuati anche attraverso il controllo dell’indebitamento di Regioni ed enti locali, una politica economica complessiva tale da soddisfare il rispetto dei parametri economico-finanziari determinati a livello comunitario attraverso il PSC.
Con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, è stato inserito nell’art.  97 della Costituzione il principio per il quale le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione Europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico (5), definendo a livello costituzionale un obbligo già previsto dall’ ordinamento per tutte le amministrazioni locali.  Regioni e enti locali sono così chiamati a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, assunti in sede europea, per garantire il rispetto del PSC e che, a tale fine, questi enti siano assoggettati alle regole del c.d. patto di stabilità interno (6).
La disciplina del Patto è stata anche di recente modificata , nel corso del 2011  con il dl. 6 luglio 2011 n.98 (conv. nella legge 15 luglio 2011 n. 111), il d.l. 13 agosto 2011 (conv. nella legge 14 settembre 2011 n.148), il d.lgs. 6 settembre 2011 n.149 (c.d. decreto premi e sanzioni), e la legge 11 novembre 2011 n.183 (legge di stabilità 2012-in particolare gli artt. da 30 a 33)(7).
Il controllo sul rispetto degli equilibri di bilancio da parte degli enti territoriali, con riferimento al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea è affidato alla Corte dei conti da un complesso di disposizioni normative via via implementate nel tempo.
Tali funzioni sono state  integrate dal  d.l.  174 del 2012 (conv. in legge 213/2012) che, nell’ urgenza di prevedere più penetranti controlli sull’attività delle amministrazioni territoriali in conseguenza di fenomeni eclatanti di cattiva amministrazione   ha , tra l’altro, previsto un controllo semestrale delle sezioni regionali della Corte dei Conti “sulla legittimità e regolarità delle gestioni, nonché sul funzionamento dei controlli interni, ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun  ente locale”, un potere di attivazione da parte di dette sezioni delle verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile da parte del ministero dell’economia e finanze ed un potere sanzionatorio da parte delle stesse sezioni giurisdizionali della Corte nei confronti degli amministratori responsabili in caso di assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie oggetto di controllo (8).
Con il medesimo d.l. è stato inserito nel testo unico sugli enti locali (d.lgs. 267/2000) l’art. 148 bis il quale stabilisce che “Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali, ai sensi dell'articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell'indebitamento, dell'assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti”. In caso di accertamento da parte delle citate sezioni  di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto , si stabilisce l’obbligo per gli enti interessati  “di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio” e di trasmettere tali provvedimenti alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti per la necessaria verifica. Nel caso di omessa trasmissione o di esito negativo della verifica da parte delle Sezioni regionali di controllo, “è preclusa  l'attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria".
Si evidenzia in questa sede, in particolare, la disciplina delle misure sanzionatorie e delle responsabilità connesse al mancato rispetto degli obblighi derivanti dal patto che si inseriscono nel complesso di disposizioni di tipo “sanzionatorio” e “tipizzato” che fin dal 2002 caratterizzano la legislazione finanziaria (9).
L ’art. 7 del d.lgs 149/2011 prevede quali conseguenze per il  mancato rispetto del patto di stabilità: il taglio delle risorse statali in misura pari allo scostamento rispetto all’obiettivo; -il divieto di impegnare spese correnti in misura superiore all’importo annuale medio dell’ultimo triennio; - il divieto di ricorrere all’indebitamento; il blocco delle assunzioni; la riduzione del 30% delle indennità di funzione e dei gettoni degli amministratori. Sono sanzioni che vengono adottate anche nell’ipotesi di mancata trasmissione al Ministero dell’economia e delle finanze  della certificazione finale del rispetto o meno del patto, da inviare entro il 31 marzo dell’anno di riferimento. La mancata trasmissione entro il termine e’ infatti considerata inadempimento al patto di stabilità.  L’ente adempiente al patto che invia la certificazione in ritardo è comunque punito con la sanzione del blocco delle assunzioni. Le sanzioni descritte si applicano nel solo anno successivo a quello del mancato rispetto. Con la legge 183/2011 è anche previsto che qualora la violazione del patto di stabilità sia accertata successivamente all’anno seguente a quello di riferimento le sanzioni sono “scontate” nel periodo annuale successivo a quello nel quale è stato accertato lo sforamento.
Tali “limitazioni amministrative” operano sull’ordinaria attività gestionale, impedendo lo svolgimento di specifiche attività e riducendo i margini di discrezionalità dell’ente. 
Sanzioni ulteriori e di diversa natura sono inoltre previste per i c.d. fenomeni elusivi (10).
L’art. 20, commi 10, 11 e 12 del d.l. n. 98/2011 (conv. nella legge  111/2011), di modifica dell’art.  1 della L. 220/2010, prevede l’ipotesi in cui sia accertato che il raggiungimento dell’obiettivo fissato dalla normativa vigente in materia di patto di stabilità sia solo formale ed apparente in quanto conseguito attraverso due tipologie di condotte: “la non corretta imputazione delle entrate e delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio” ovvero “altre forme elusive”. L’ accertamento, pur in presenza di un formale adempimento, di comportamenti elusivi,  diretti a aggirare i vincoli posti dal patto determina la nullità dei contratti di servizio e degli altri  atti  che si  configurano  elusivi e una sanzione pecuniaria a carico degli amministratori e del responsabile del servizio economico-finanziario rapportate  all’indennità di carica e al trattamento retributivo. La previsione richiama quella prevista dall’art. 30 commi 30 e 31 della legge 183/2011 (11)  e anche quella dell’art. 30 comma 15 della legge 289/2002 in ordine alla quale si è già formato un consistente approfondimento dottrinale e giurisprudenziale.
Per quest’ultima disposizione in particolare la sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei conti, con la   sentenza n. 3001/05 del 20 dicembre 2005 è intervenuta a puntualizzarne i profili della speciale ipotesi di responsabilità. La sentenza  evidenzia profili di connessione con la materia dei debiti fuori bilancio, riguardando la fattispecie concreta proprio il finanziamento, attraverso l’indebitamento, di una serie di debiti fuori bilancio attinenti a spese correnti (12), e contiene il riferimento ad elementi di carattere  generale che riguardano l’adempimento delle obbligazioni della p.a. (debiti fuori bilancio, sentenze esecutive, maturazione del debito)(13). La problematica del divieto di indebitamento è stata confermata dalla legge finanziaria per il 2003 la quale, nel rafforzare i principi generali in tema di patto di stabilità interno ha previsto all’art. 30,c.15,  che nel caso di ricorso, da parte degli enti territoriali all’indebitamento per finanziare  spese diverse da quelle di investimento, in violazione dell’art. 119 della Costituzione, viene stabilita, oltre alla nullità dei relativi “atti” e contratti, la “possibilità” della irrogazione, da parte delle sezioni regionali della Corte dei conti, nei confronti degli amministratori che abbiano assunto la relativa delibera, di una condanna a sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento della commissione della violazione. La norma che ha introdotto un meccanismo sanzionatorio volto a rafforzare il divieto di indebitamento per spese non di investimento, stabilito in costituzione, anche al fine di perseguire il raggiungimento degli obiettivi fissati a livello comunitario e sanciti dal patto di stabilità interno (14), ha suscitato particolare interesse, per le implicazioni in ordine ad eventuali diverse connotazioni della responsabilità amministrativa. Si è posta attenzione , per la “tipicità” della previsione (15), al “…soggetto cui spetta l’iniziativa di attivare le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti…”, prospettandosi l’ipotesi che, accanto al pubblico ministero , titolare dell’azione per i casi di responsabilità amministrativa e contabile, possa prevedersi un potere di “…iniziativa diretta da parte dei cittadini, singoli o associati, ovvero di componenti degli organi politici dell’ente…” (valorizzandosi la sentenza Cass. Sez. un. Civ., n. 179 del 12 marzo 2001, in tema di legittimazione all’azione popolare). Quanto agli elementi costitutivi della responsabilità delineata dall’art. 30, comma 15, si è rilevato ancora (16) che la stessa  “…sembra disegnata dal legislatore prescindendo dalla dimostrazione di un danno concreto e dell’elemento psicologico. Infatti, da una parte il pregiudizio appare coincidente con il semplice ricorso all’indebitamento per spese non di investimento, indipendentemente da una possibile non economicità di queste ultime o da un eventuale vantaggio conseguibile dall’amministrazione, dall’altra anche l’elemento psicologico appare insito nella mera partecipazione, con voto favorevole, alla delibera che ha deciso l’indebitamento (il fatto che la norma sembra prescindere dall’elemento psicologico è anche dimostrato, probabilmente dalla circostanza che una volta realizzatosi il presupposto voluto dalla stessa eventuali cause di solito ritenute esimenti-quali la necessità della spesa ovvero un eventuale errore scusabile- potrebbero influire solo sul quantum e non sull’an della sanzione). La sanzione pecuniaria, poi è quantificata direttamente dal legislatore, entro un minimo e un massimo predeterminato, tenendo presente un elemento (indennità di carica) legato esclusivamente allo status e alla funzione esercitata dai soggetti possibili destinatari della stessa e non ai diretti effetti della loro condotta. Con la suddetta disposizione il legislatore sembra voler sanzionare la decisione, in sé, di ricorrere all’indebitamento per spese non di investimento, e perciò la mera violazione del divieto posto dall’art. 119 della costituzione. Pertanto quella in discorso sembra essere una responsabilità oggettiva e “”formale”” (che può perciò dare adito a dubbi di incostituzionalità) non assimilabile a quella amministrativa; essa, secondo l’intenzione del legislatore, dovrebbe trovare la sua giustificazione nei preminenti interessi che intende tutelare…”(17). Le regole di assunzione della spesa ed i limiti all’indebitamento di regioni ed enti locali portati dall’art. 119 hanno costituito il parametro di riferimento della questioni di compatibilità con il nuovo assetto costituzionale delle numerose norme legislative volte al contenimento della spesa pubblica ed al rispetto dei parametri finanziari imposti di vincoli comunitari. In particolare le prescrizioni in tema di  atti di riconoscimento di debito, acquisto di beni e servizi, patto di stabilità, e divieto di indebitamento per finanziare spese correnti introdotte dagli artt. 23, 24 e 30 della legge 289/2002-legge finanziaria per il 2003, sono state oggetto di ricorsi alla Corte costituzionale. Il divieto, con l’art. 3, commi 16 e 21 della legge 24 dicembre 2003 n. 350 (finanziaria per il 2004) è stato esteso anche alle aziende ed organismi compresi nel sistema delle autonomie locali (città metropolitane, comunità montane, comunità isolano e  di arcipelago, unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni), con la sola esclusione delle società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici. La Corte costituzionale con riguardo al tema del l’indebitamento degli enti (18) “…ha ritenuto legittime (sent. n. 376/03)  …le norme statali che, allo scopo di contenere il costo dell’indebitamento e di monitorare gli andamenti  di finanza pubblica, attribuiscono al ministro dell’economia poteri di coordinamento per l’accesso delle regioni e degli enti locali al mercato dei capitali, con obbligo di comunicazione al ministero dell’economia dei dati relativi alla propria situazione finanziaria; coordinamento e comunicazioni da svolgersi con contenuti e secondo modalità stabiliti con decreto del ministro dell’economia sentita la conferenza unificata Stato –regioni-autonomie locali…In sostanza, come nel caso deciso dalla sentenza 303/03, l’attrazione al livello centrale di funzioni amministrative in una materia di competenza legislativa concorrente, qual è il coordinamento finanziario, ben può essere giustificata da esigenze di esercizio unitario;  a differenza però da quel caso, la legge statale oggetto della sentenza in esame, non reca la disciplina delle funzioni, che viene invece demandata al ministro dell’economia (tenuto a sua volta non già a ricercare intese con la conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali ma soltanto …udirne il parere nel procedimento di emanazione del previsto decreto. Ne discende che, acquisite allo Stato funzioni amministrative di coordinamento finanziario queste possono essere disciplinate, secondo la corte, anche con atti non legislativi (e senza necessità di “”intese forti”” con regioni ed enti locali). Forse consapevole di tale “”strappo”” la corte ha avvertito il bisogno di ancorare le sue conclusioni alla circostanza che l’accesso degli enti locali al mercato dei capitali è pure connesso con la competenza statale in materia di “”tutela del risparmio e dei mercati finanziari”” che riguarda in particolare la disciplina delle forme e dei modi in cui i soggetti interessati – e fra di essi, gli enti territoriali, possono ottenere risorse finanziarie derivanti da emissione di titoli o contrazione di debiti (sempre sent. 376/03)…”. La corte è risultata ancora più netta nell’affermare la legittimità degli obblighi che derivano a carico delle finanza nazionale dai vincoli comunitari dati dal “patto europeo di stabilità e crescita” e dal conseguente “patto di stabilità interno”. Su questa linea (19) “…si è affermato che rientrano nella competenza statale a dettare principi di coordinamento della finanza pubblica sia l’imposizione a regioni ed enti locali di vincoli alle politiche di bilancio mediante limiti alla crescita della spesa corrente (pur lasciando agli enti la libertà, ovviamente ridotta dalle limitazioni quantitative ad essi imposte, di allocare la spesa ai diversi oggetti e finalità); sia la previsione di meccanismi sanzionatori a carico degli enti che debordino dai limiti stabiliti; sia l’obbligo imposto agli enti di adottare determinati parametri di prezzo-qualità per gli acquisti di beni e servizi, con l’ulteriore obbligo di motivare i provvedimenti concernenti gli acquisti da effettuare a prezzi e condizioni meno vantaggiosi e con la prescrizione di controlli interni (ad opera dei revisori) sulle relative spese” (sentenza n. 36/04). Ritornando agli orientamenti della Corte costituzionale in tema di previsioni normative di coordinamento e controllo della spesa pubblica è stato rilevato, in conclusione che (20)“… le sentenze …tendano ad iscrivere tra i principi fondamentali del coordinamento finanziario norme che prescrivono comportamenti o impongono divieti a contenuto particolare e specifico, così giustificando forti riduzioni degli spazi altrimenti riservati alla autonome scelte delle regioni e, con riguardo agli enti locali, il sacrificio integrale, per alcuni aspetti della loro autonomia organizzativa (sent. n. 4/04). Ed è a tal punto sovrastante la finalità di rispettare gli impegni a contenuto economico- finanziario assunti nei confronti dell’Unione europea, da aver indotto la corte a legittimare, da un lato, l’esercizio di poteri regolamentari da parte del ministro dell’economia, senza dover neppure richiedere un parere a organismi rappresentativi delle autonomie (sent. n. 36/04); dall’altro lato, il potenziamento degli organi di controllo interno (degli enti locali) come custodi delle regole stabilite e come terminali informativi del ministero dell’economia…” (sent. 4/04; 36/04)… Ma il problema più serio è quello in cui i poteri amministrativi riconosciuti al ministero dell’economia sono radicati sull’aprioristica diffidenza del legislatore statale verso i comportamenti finanziari delle regioni e degli enti locali; donde la mancata ricerca, del legislatore e della stessa corte, di una possibile definizione patrizia, fra tutte le “”componenti”” della repubblica, delle regole che, per il conseguimento dei generali obiettivi di finanza pubblica, s’impongono alle autonomie come allo Stato, ed il cui rispetto anche le prime avrebbero (hanno) il diritto di sottoporre a verifiche e sanzioni…”. Inoltre la Corte costituzionale, con sentenza n. 320 del 5 novembre 2004 (in Foro amm. , 2004, 11, pp. 3065) ha affermato la costituzionalità dell’art.  30 comma 15 della legge 289/2002 (21).
Le disposizioni prima richiamate in ordine al patto di stabilità individuano  una ipotesi di responsabilità amministrativa di carattere sanzionatorio, diretta a rafforzare il rispetto del patto.
Sono interessati alla disposizione  i soggetti responsabili dell’adozione degli atti che si configurano come elusivi ed in particolare gli amministratori ed i responsabili del servizio economico-finanziario degli enti soggetti al rispetto del patto.
Sono previste due modalità di realizzazione della condotta :  “la non corretta imputazione delle entrate o  delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio” ovvero “altre forme elusive” . La prima modalità riguarda la violazione delle regole della c.d. competenza mista (22), in base alle quali si compiono le registrazioni contabili dei fatti di gestione rilevanti ai fini dell’accertamento del rispetto del patto e che prevedono che il saldo finanziario tra entrate finali e spese finali calcolato in termini di competenza mista è costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti ed impegni, per la parte corrente e dalla differenza tra incassi e pagamenti, per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione dei crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti.
La circostanza che ai fini della valutazione sul rispetto degli obiettivi del patto vengano computati anche i “pagamenti” può determinare la situazione per la quale un ente, anche se dispone di risorse spendibili , non possa procedere ad effettuare pagamenti che andrebbero a peggiorare i dati di saldo (23).
Con la seconda modalità (“altre forme elusive”) sono sanzionati tutti i restanti comportamenti affermatisi nella prassi (24), attraverso i quali gli enti conseguono il rispetto solo fittizio degli obiettivi imposti dal patto.
E’ prevista una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita dagli amministratori al momento di commissione dell’elusione e per il responsabile del servizio economico-finanziario, una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. L’accertamento della sussistenza dei presupposti applicativi della norma in commento è rimesso  alle sezioni giurisdizionali regionali della Corte. 
Dopo essere stata prevista un’ipotesi specifica di condotta elusiva (non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio), viene utilizzata una formula onnicomprensiva (altre condotte elusive) idonea a sanzionare tutti i restanti casi realizzabili nella prassi. Per la prima ipotesi viene principalmente fatto riferimento  all’utilizzo dei servizi per conto terzi, (c.d.  “partite di giro”), che registrano entrate e spese di natura ed importo corrispondente, nelle quali l’ente agisce quale soggetto la cui attività è meramente strumentale alla realizzazione di interessi di altro soggetto. I servizi per conto terzi comprendono le transazioni poste in essere per conto di altri soggetti in assenza di qualsiasi discrezionalità ed autonomia decisionale dell’ente (es. quelle effettuate quale sostituto d’imposta) e non hanno natura autorizzatoria (25). L’imputazione ai capitoli “servizi in conto terzi”(26) deve essere limitata alle tipologie di entrata e di spesa strettamente previste dall’ordinamento finanziario e contabile ed appositamente elencate. La registrazione su tali capitoli di entrate o spese non pertinenti può costituire un mezzo per eludere il patto di stabilità, in quanto ai fini del computo dei saldi rilevanti per lo stesso, le partite di giro non sono prese in considerazione dal legislatore, in ragione della loro neutralità (sono a “saldo zero”) e della finalità di realizzazione di interessi istituzionali di terzi. L’irregolare imputazione ai servizi per conto terzi consente di estromettere poste contabili dai saldi rilevanti ai fini del patto di stabilità  con rilevante effetto distorsivo (27). Tale effetto è stato più volte  accertato in sede di controllo dalla Corte dei conti, la quale ha rilevato che l’allocazione di spese in un titolo non pertinente, che va ad incidere sui conteggi ai fini del patto di stabilità, può implicare l’elusione del patto stesso ed una violazione dei principi di veridicità e di attendibilità del bilancio  (es. spese afferenti a funzioni programmate o organizzate da altri enti che hanno demandato il pagamento ad un comune, semplice esecutore -  Corte Conti sez. contr. Veneto delibera n. 43/2010); spese per il censimento; finanziamenti regionali concessi per opere di competenza dell’ente in materia di viabilità ai quali corrispondono le relative spese ; finanziamenti regionali relativi ad interventi realizzati in qualità di ente capofila dal Comune in parte sul proprio territorio ed in parte sul territorio di comuni limitrofi (Corte dei Conti sez. contr. Puglia delibera n. 140/2010); rimborso quota mutuo per conto della società partecipata. Per la seconda ipotesi (28)“… La formula generica utilizzata … è espressione della difficoltà di stabilire a priori quali siano gli atti ed i comportamenti elusivi, atti e comportamenti che possono essere individuati solo caso per caso in relazione alle specifiche circostanze…Tra i casi individuati…” sono state evidenziate  “… operazioni volte ad esternalizzare, a vario titolo, le procedure di pagamento (rapporti con società in house; leasing finanziario; project financing; concessione credito; cessione credito; accollo interno). Queste procedure potrebbero infatti determinare un’elusione dei parametri relativi alla consistenza della cassa, che non sarebbe più rappresentativa dei flussi finanziari dell’ente e, quindi, si configurerebbe inidonea a rappresentare uno dei parametri per valutare il rispetto del patto di stabilità. Il riferimento è in particolare alle esternalizzazioni con finalità elusive che, prescindendo da qualsiasi strategia gestionale improntata ad efficienza ed economicità, mirano semplicemente a trasferire all’esterno funzioni e servizi al fine di collocare le relative spese al di fuori del perimetro del bilancio dell’ente e farle risultare in quello delle società  partecipate (29). In tali casi, l’uso strumentale dei contratti di servizio con organismi partecipati dall’ente è espressamente sanzionato dal comma 30 dell’art. 30 della L.183/2011 con la nullità, in riferimento ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore della norma (tale disposizione richiama l’art. 76 comma 4 del d.l.  n. 112/2008, conv. in l. n. 133/2008, il quale prevede per l’ente inottemperante al patto di stabilità il blocco totale delle assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, ed estende il divieto anche alla stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi).  La  Corte dei conti ha più volte osservato  che l’esternalizzazione può costituire una scelta gestionale, subordinata alla preventiva valutazione del rapporto costi-benefici, in termini di miglioramento dell’efficienza, efficacia ed economicità rispetto alla gestione diretta del servizio, che non può prescindere da un’analisi delle ricadute sui cittadini in un’ottica di lungo periodo. In molti casi tuttavia l’esternalizzazione non è stata una conseguenza di ponderate scelte organizzative e gestionali scaturenti da una revisione delle strategie sull’assetto generale dei servizi, ma semplicemente una risposta ad estemporanee necessità derivanti da criticità di bilancio, e, soprattutto, a difficoltà nel rispetto degli obblighi comunitari in tema di finanza pubblica, tra cui, in primis, il patto di stabilità interno e i limiti di spesa di personale. Le pronunce della Corte hanno inoltre individuato quali possibili ipotesi elusive l’evidente sottostima dei costi dei contratti di servizio tra l’ente e le sue articolazioni societarie o strumentali, con copertura rimandata ad esercizi futuri, nonché il rinvio ad esercizi successivi di pagamenti eccedenti i limiti previsti dal patto, ovvero nella mancata iscrizione in bilancio delle reali spese da sostenere. Trattasi in entrambi i casi, di prassi contabili scorrette ed illecite, potenzialmente foriere di danno per l’ente. Nella prima ipotesi, infatti, tale condotta, oltre ad essere elusiva delle norme del patto, procrastina indebitamente le tempistiche di pagamento  ed espone l’ente ad un aggravio di passività per la maturazione di interessi da ritardo o di spese legali. Analoghe considerazioni possono svolgersi con riferimento alla mancata iscrizione in bilancio delle reali spese da sostenere che, pur nel rispetto formale del principio di coerenza del bilancio con i vincoli del patto di stabilità (art. 77 bis comma 12 del d.l. n. 112/2008 conv. in l. n. 133/2008 e art. 1 comma 107 della legge n. 220/2010), risulta una prassi elusiva del patto e dunque illecita, che viola anche i principi di universalità, integrità e veridicità di bilancio (art. 162 comma 1 del TUEL), e finisce per alimentare l’insorgere di debiti fuori bilancio nella misura in cui l’esigenza di spesa venga ugualmente soddisfatta al di fuori delle regole giuscontabili, con possibile maturazione, anche in questo caso, di passività aggiuntive per interessi e spese legali. Altre ipotesi di elusione sono state individuate nella sovrastima di entrate o negli  accertamenti effettuati in assenza dei presupposti indicati dall’art. 179 del TUEL. Una certa potenzialità elusiva è stata rinvenuta anche nell’utilizzo improprio di alcuni strumenti contrattuali, quali il leasing immobiliare per la realizzazione di opere pubbliche, il project financing …  strumenti di per sé leciti ed ammessi dall’ordinamento, ma che possono configurare ipotesi di elusione nel momento in cui l’amministrazione locale vi faccia ricorso al solo fine di rispettare, solo formalmente, la disciplina del patto di stabilità. In relazione al leasing immobiliare per la realizzazione di opere pubbliche, la Corte dei conti ha avuto modo di precisare che in presenza di particolari clausole contrattuali (ad es., l’obbligo e non la mera facoltà di riscatto del bene) che ne snaturino la finalità, siamo di fronte ad un contratto atipico di finanziamento dell’opera pubblica, di cui va valutata attentamente la convenienza economica e finanziaria rispetto ad altre forme di investimento e che non può essere utilizzato con finalità elusiva per aggirare la sanzione del divieto di indebitamento conseguente al mancato rispetto del patto di stabilità nell’esercizio precedente… Lo stesso può dirsi con riferimento al contratto di “sale and lease back (o locazione finanziaria di ritorno), allorquando l’operazione (che si articola nella vendita di un bene dal proprietario ad una società di leasing e nella successiva concessione del bene in leasing allo stesso soggetto venditore, verso il pagamento di un canone periodico e con opzione di riacquisto finale) miri soltanto a procurare immediata liquidità all’ente alienante attraverso uno strumento convenzionale che, di fatto, per le modalità di restituzione tramite i canoni di leasing, può dissimulare un’operazione di indebitamento, non consentita alla luce dei vincoli del patto (30)… E’ stata altresì  considerata elusiva l’esternalizzazione del pagamento a soggetti terzi ed in particolare sono stati individuati profili di illegittimità per le operazioni di: -accollo del debito di un ente locale da parte di una propria azienda speciale (potenziale espediente per eliminare dal bilancio dell’ente locale un debito, trasferendolo presso un ente strumentale – Corte Conti Emilia Romagna n. 5/2012); accordi tra enti locali ed intermediari finanziari, diretti ad assicurare liquidità alle imprese che vantano crediti nei confronti dell’ente stesso, attraverso la cessione pro soluto degli stessi (nella considerazione dei possibili oneri che tali accordi potrebbero determinare per il bilancio dell’ente e per l’intrinseca potenzialità elusiva alle regole del patto, Corte Conti Toscana n. 5/2012)(31)(32).” - .
Il citato recente decreto legge 8 aprile 2013, n. 35 ha introdotto anch’esso ulteriori ipotesi di responsabilità tipizzata . L’art. 1 “ Pagamenti dei debiti degli enti locali “ , prevede al comma 4° che “ Qualora le sezioni giurisdizionali  regionali  della  Corte  dei conti accertino, su segnalazione del collegio dei revisori,  che  gli  enti locali, senza giustificato motivo,  non  abbiano  richiesto  gli spazi finanziari nei termini e secondo le modalita' di cui  al  comma 2, ovvero non abbiano proceduto, entro l'esercizio finanziario  2013, ad effettuare pagamenti per  almeno  il  90  per  cento  degli  spazi concessi, le stesse irrogano  una  sanzione  pecuniaria  pari  a  due mensilita' del trattamento retributivo, al netto degli oneri  fiscali e previdenziali, per i  responsabili  dei  servizi  interessati.  Gli importi di cui al  periodo  precedente  sono  acquisiti  al  bilancio dell'ente”. L’art. 5-                 “Pagamento dei debiti delle Amministrazioni dello Stato –“, al comma 3 prevede che “ Ai fini del  monitoraggio,  le  Amministrazioni  trasmettono  ai coesistenti Uffici Centrali di Bilancio, con cadenza trimestrale,  un prospetto dei pagamenti dei debiti di cui al  comma  1,  evidenziando altresi' quelli  che  non  hanno  potuto  essere  estinti.  L'Ufficio “centrale di bilancio trasmette alla Corte dei Conti, per gli  effetti di cui all'articolo 23, comma 5, della legge  27  dicembre  2002,  n. 289 (33), una relazione finale  relativamente  alle  somme  effettivamente impegnate e  pagate  con  riferimento  agli  importi  indicati  negli elenchi di cui al comma 1.”, mentre l’ art. 6 – “Altre  disposizioni  per  favorire  i   pagamenti   delle   pubbliche amministrazioni” , stabilisce , al comma 9 che  “ Entro il 30 giugno 2013 le pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5, comunicano ai creditori, anche  a  mezzo  posta elettronica,  l'importo  e  la  data  entro  la  quale  provvederanno rispettivamente ai pagamenti dei debiti di cui agli articolo 1, 2,  3 e 5. L'omessa comunicazione rileva ai fini della responsabilita'  per danno erariale a carico del responsabile dell'ufficio competente” Il comma 10 prosegue precisando che “ Fermo restando quanto previsto  dall'articolo  1,  comma  4,  e dall'articolo 7, commi 2 e 5, il mancato  o  tardivo  adempimento  da parte delle amministrazioni pubbliche debitrici alle disposizioni  di cui all'articolo 1, commi 2, 8 e 14, all'articolo 2,  commi  3  e  5, all'articolo 3, commi 5,  6  e  7,  all'articolo  5,  commi  1  e  3, all'articolo 6, commi 2, 3 e 4, e all'articolo 7,  comma  4,  che  ha causato la condanna al pagamento di somme per  risarcimento  danni  o per interessi moratori e' causa di responsabilita'  amministrativa  a carico del soggetto responsabile del mancato o tardivo adempimento.  ”Viene anche stabilito , comma 11 che “  11. Al fine di garantire la massima  tempestivita'   nelle  procedure di pagamento previste dal presente decreto-legge, le  amministrazioni competenti possono omettere la trasmissione alla Corte dei conti, per gli effetti di cui all'articolo 3,  commi  1  e  2,  della  legge  14 gennaio 1994, n. 20, dei decreti di riparto fra gli enti  interessati delle anticipazioni di liquidità di cui al presente Capo” (34).


Note


(1) M.BARBERO, Il Patto blocca 13 miliardi di risorse, in Italia Oggi, 21 febbraio 2013

(2) In tema di ritardo nei pagamenti Pa  v. relazione scritta del  Procuratore generale della Corte dei conti per il giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato 2011- Attività contrattuale (PG Nottola-rel. Lombardo), in www.corteconti.it/procuragenerale
 
(3) www.ance.it/docs/docDownload.aspx?id=7550ance.it “Patto di stabilità interno e ritardati pagamenti a livello locale”

(4) Si richiamano in particolare le osservazioni di L. CATENI, Patto di stabilità interno e responsabilità ammnistrativa,  atti del Master interuniversitario Roma-La Sapienza-Luiss, Roma , 2013

(5) F.D’AURIA, Sull’ingresso in Costituzione del principio del “pareggio del bilancio” (a proposito di un recente parere delle sezioni riunite della Corte dei conti- nota a Corte dei conti, sez. riun. cons. 13 dicembre 2011, n. 3), in Foro it., 2012, III, 55

(6) F.D’AURIA, Circa le “trattative” fra lo Stato e le regioni speciali per gli accordi sull’attuazione del patto di stabilità interno, in Foro it., 2012, I,  2937 e ss

(7) In argomento è anche di recente nuovamente intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 46/2013 secondo cui “…“…Secondo la normativa comunitaria, le condizioni integranti la gestione in house, alle quali è subordinata la possibilità del suo affidamento diretto (capitale interamente pubblico, controllo esercitato dall’aggiudicante sull’affidatario di “”contenuto analogo”” a quello esercitato dall’aggiudicante stessi sui propri uffici; svolgimento della parte più importante dell’attività dell’affidatario in favore dell’aggiudicante) debbono essere interpretate restrittivamente, costituendo l’ “”in house providing”” un’ eccezione rispetto alla regola generale dell’affidamento a terzi mediante gara ad evidenza pubblica. Tale eccezione viene giustificata dal diritto comunitario con il rilievo che la sussistenza della suddette condizioni esclude che l’in house contract configuri, nella sostanza, un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante ed affidatario, perché quest’ultimo è, in realtà, solo la longa manus del primo. Quindi una diversa disciplina che favorisca le società in house rispetto all’aggiudicante amministrazione pubblica si potrebbe porre in contrasto con la stessa disciplina comunitaria, in quanto verrebbe a scindere le due entità e a determinare un ingiustificato favor nei confronti di questo tipo di gestione dei servizi pubblici, dato che il bilancio delle società in house non sarebbe soggetto alle regole del patto di stabilità interno. Le suddette regole , invece, debbono intendersi estese a tutto l’insieme di spese ed entrate dell’ente locale sia perché non sarebbe funzionale alle finalità di controllo della finanza pubblica e di contenimento delle spese permettere possibili forme di elusione dei criteri su cui il “Patto” si fonda, sia perché   la maggiore ampiezza degli strumenti a disposizione dell’ente locale per svolgere le sue funzioni gli consente di espletarle nel modo migliore, assicurando, nell’ambito complessivo delle proprie spese, il rispetto dei vincoli fissati dallo stesso Patto di stabilità…”..

(8) Con tale decreto è stata in primo luogo rafforzata la partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni (art. 1), l’ art. 2 è espressamente intitolato “ Riduzione dei costi della politica nelle regioni mentre l’art. 3 prevede il “ Rafforzamento dei controlli in materia di enti locali”

(9) Spending review e nuove ipotesi di annullamento d’ufficio e revoca di atti amministrativi in Argilnews-maggio2012(http://www.newsandsociety.net/pdf/201205-argilnews.pdf);“”Spending review”” atto secondo e responsabilità erariale tipizzata”, in Argilnews –novembre 2012 (http://www.newsandsociety.net/pdf/201210-argilnews.pdf); “Recenti fattispecie tipizzate di responsabilità amministrativa. Incremento delle tutele o trappola della tipicità?”- in www.amcorteconti.it- ottobre 2008; G.BERRETTA, Responsabilità amministrativa e sistema sanzionatorio, in Atti del convegno “ Lo scioglimento e la revisione dei contratti in essere con la pubblica amministrazione dopo il d.l. “spending review” -D.L. n.95/12 conv. in Legge n.135/12, Milano, Paradygma  28 novembre 2012; M.MINERVA, Per una nozione patrimonialistica di investimento nel quadro della responsabilità sanzionatoria contabile per indebitamento illecito; A.CIARAMELLA, Le recenti disposizioni sanzionatorie delle patologie nel conferimento degli incarichi di consulenza da parte di amministrazioni pubbliche, A.LUPI, Art. 3, commi 59 e 79 della legge finanziaria 2008 Legge 24 dicembre 2007, n. 244; R.SCHULMERS, Sul parametro costituzionale riferibile alle nuove fattispecie sanzionatorie affidate alla giurisdizione della Corte dei conti; tutti , in Atti del   Corso di formazione organizzato dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti su “Evoluzione normativa e giurisprudenziale sulle ipotesi di responsabilità sanzionatoria e delle altre forme tipizzate di responsabilità introdotte nell’ordinamento e affidate alla cognizione del giudice contabile”, Roma,1-3 aprile 2008;  U.MONTELLA, Gli appalti di forniture e di servizi alla luce dell’art. 24 della legge 27 dicembre 2002 n. 28, in www. Formez.it;;P. SANTORO, La responsabilità amministrativa sanzionatoria tra clausola generale e tipizzazione dell’illecito, in Foro amm.-CDS, 2007,12, pp. 3565 e ss.

(10) V. F.ALBO, Amministratori locali ed elusione del patto di stabilità interno, in Riv. Corte dei conti, 1-2, 2001, pp. 446  e ss.

(11) Art. 30 L. 183/2011 “ ….30. I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere  dagli enti locali che si configurano elusivi  delle  regole  del  patto  di stabilità  interno sono nulli.   31. Qualora le sezioni giurisdizionali regionali  della  Corte  dei conti accertino che il rispetto del patto di  stabilità interno  e' stato  artificiosamente  conseguito   mediante   una   non   corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai  pertinenti  capitoli  di bilancio  o  altre  forme   elusive,   le   stesse irrogano,   agli amministratori che hanno posto in essere atti  elusivi  delle  regole del  patto  di  stabilita'  interno,  la  condanna  ad  una  sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l'indennità di  carica percepita al momento di commissione dell'elusione e, al  responsabile del servizio economico-finanziario, una sanzione  pecuniaria  fino  atre mensilità del trattamento  retributivo,  al  netto  degli  oneri fiscali e previdenziali……”

(12) S.GRECO, Le funzioni decentrate della Corte dei conti: giurisdizione e controllo referto”, Milano, 4 ottobre 2004, in www.corteconti.it

(13) M. SMIROLDO - La garanzia degli equilibri di bilancio degli enti della finanza pubblica allargata: la costituzionalizzazione della golden rule e la sanzione per l’inosservanza del divieto di ricorso all’indebitamento per il finanziamento di spese diverse da quelle d’investimento, in www.lexitalia.it

(14) Art. 29 della legge 289/2002; Ministero dell’ economia e delle finanze-circolare n. 7 del 4 febbraio 2003.F.BALASSONE-M.DEGI-G.SALVEMINI,Regole di bilancio, atto di stabilità interno e autonomia delle amministrazioni locali, in Rassegna parlamentare, 2002, pp.719 e ss.

(15) A.CIARAMELLA, Alcune considerazioni sulle responsabilità previste dagli articoli 30, comma 15, e 24, comma 4, della legge n. 289 del 27/12/2002( legge finanziaria per il 2003 , in www.amcorteconti.it
 
(16) A.CIARAMELLA, op. cit

(17) Analogamente a quanto previsto dall’ art. 248 del d.lgs. 267/2000 in tema di “sanzione accessoria” irrogabile dalla Corte dei conti agli amministratori cui si ritenga di poter imputare una situazione di dissesto dell’ente locale-
 
(18) G.D’AURIA,  Funzioni amministrative ed autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, in Foro it., 2004, V,75 e ss.

(19) G.D’AURIA, op. cit., 84


(20) G. D’AURIA, Funzioni amministrative e autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, cit, 84

(21) in www.consultaonline.it con nota di M.BARBERO. In argomento v. S.GRECO, Responsabilità per violazione del divieto costituzionale di indebitamento per finanziare spese correnti, in www.corteconti.it-atti del convegno di Milano del 4 ottobre 2004 su “Funzioni decentrate della Corte dei conti:giurisdizione e controllo referto” e anche M.SMIROLDO, Nuove tecniche di tutela degli interessi erariali: brevi osservazioni su alcuni profili sostanziali e processuali riguardanti l’applicazione dell’art. 30 comma 15 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, in atti del convegno di Palermo dell’11 dicembre 2004 in memoria di Francesco Rapisarda.   

(22) F.PUDDU, Ragioneria pubblica, Milano, 2001, pag. 127 “…Gli enti locali sono vincolati alla redazione di un bilancio di previsione di competenza ““misto””, che considera una stima del risultato formatosi  nel precedente periodo. Infatti le voci caratteristiche del bilancio misto sono: a) avanzo presunto di amministrazione dell’esercizio precedente, quale prima voce che precede tutte le altre previsioni di entrata;b) disavanzo presunto di amministrazione dell’esercizio precedente, quale prima voce, che precede tutte le altre previsioni di spesa. Per prudenza l’avanzo presunto non può essere applicato al nuovo bilancio mentre il disavanzo presunto deve essere indicato congiuntamente alle modalità della sua copertura. Nei bilanci di competenza mista, per misurare l’effetto finanziario della gestione di competenza, occorre considerare la variazione tra il risultato di amministrazione finale e quello iniziale”

(23) Sul punto cfr. P.ROPOLO, Anci Piemonte- “Il patto di stabilità dei comuni per il triennio 2012-2014”, in www.anci.piemonte.it/attachments/article/644/Ropolo_anci.ppt

(24) Corte dei Conti, Sezioni riunite in sede di controllo, audizione alla V Commissione della Camera dei deputati, 20 gennaio 2010.

(25) F.PUDDU, op. cit.,  pp. 158 e ss.

(26) F.ALBO, op. cit., pag. 448

(27) L. CATENI, op. cit.

(28) L. CATENI, op. cit.

(29) In generale sul tema v. W.MARTELLI, Servizi pubblici locali e società per azioni, Milano, 1997; AA.VV. (a cura di G.PERICU,A.ROMANO,V.SPAGNUOLO VIGORITA), La concessione di pubblico servizio, Milano, 1995
 
(30) Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n° 953/2010

(31) A. CHERCHI, “ Per i ricorsi sul patto di stabilità la competenza è del Tar Lazio”, in http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2013-04-04/ricorsi-patto-stabilitala-competenza-163905.shtml?uuid=Aby5MJkH, “…Spetta al Tar Lazio decidere sui ricorsi dei comuni colpiti dalla sanzione per avere sforato il patto di stabilità. Lo ha stabilito l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (decisione 6/2013), che ha così accolto le lamentele del ministero dell'Interno e di quello dell'Economia. La vicenda nasce con il ricorso presentato dal comune di Messina contro il decreto con cui il dipartimento degli affari interni e territoriali del Viminale aveva comminato al municipio siciliano una sanzione di poco più di sette milioni di euro per non aver rispettato nel 2011 i vincoli del patto di stabilità interno. L'amministrazione comunale si era, dunque, rivolta al Tar della Sicilia, sezione di Catania, ottenendo ragione su tutti i fronti: il giudice siciliano aveva, infatti, riconosciuto di essere quello competente a decidere su tali atti e inoltre aveva accordato al comune di Messina la sospensiva della sanzione. La questione è stata rimessa all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che ha ribaltato il verdetto. Secondo i giudici di appello, infatti, è vero che la sanzione ha un'incidenza immediata sui bilanci comunali, costringendo l'amministrazione locale a «rivedere tutta la propria politica finanziaria, modificando le previsioni di spesa per servizi e investimenti e le determinazioni in materia di assunzioni e stabilizzazione di personale». Tuttavia, è anche vero che la sanzione rappresenta «parte di una manovra unitaria», con ripercussioni sulla finanza pubblica statale.. il patto di stabilità interno «deriva - hanno spiegato i giudici - dagli impegni che lo Stato italiano ha assunto in sede europea per la riduzione e il contenimento del debito pubblico, impegni la cui violazione espone a sua volta l'Italia a conseguenze e sanzioni sul piano comunitario indipendentemente dall'ascrivibilità della violazione stessa alle Regioni o ad altre articolazioni terrritoriali interne». La competenza sui ricorsi contro le sanzioni non può, pertanto, essere attribuita al Tar locale, ma deve essere del tribunale amministrativo della capitale. ..”

(32) In tema di obbligo del ritiro degli atti assunti in violazione del patto di stabilità interno, cfr. Cons. Stato (n. 2181/2012/reg. ric.) sez. V, del  Il 27 marzo 2013 “…il ritiro degli atti assunti in violazione del patto di stabilità interno costituisce atto dovuto. Invero, lo stesso enunciato della norma invocata (art. 14, comma 22, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78) conferma univocamente l’esattezza dell’osservazione dell’appellante, nella parte in cui non solo impone l’annullamento degli atti assunti in violazione del patto di stabilità interno, ma aggiunge, ad ulteriore rafforzamento del comando, l’obbligo di adempiervi “senza indugio”… deve essere rilevato che se il rientro nelle previsioni del patto di stabilità costituisce adempimento di un obbligo, costituisce esercizio di discrezionalità la scelta delle previsioni di spesa sulle quali intervenire….”  

(33) “Riconoscimento di debito, debiti fuori bilancio e responsabilità amministrativa”, in Panorama giuridico, 2004, n. 3, pp. 17-36;

(34) E’ anche previsto, art. 7-Ricognizione dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni-“ al comma 2 che “ La mancata registrazione sulla piattaforma elettronica entro  il termine di cui al comma 1 e' rilevante ai fini  della  misurazione  e della  valutazione  della  performance  individuale   dei   dirigenti responsabili e comporta responsabilita' dirigenziale  e  disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55, del  decreto  legislativo  30  marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.  I  dirigenti  responsabili sono assoggettati, altresi', ad una sanzione pecuniaria  pari  a  100 euro per ogni giorno di ritardo nella registrazione sulla piattaforma elettronica”. 3. La certificazione dei crediti di cui al comma  1  e'  effettuata esclusivamente mediante la piattaforma elettronica di cui al medesimo comma 1.  4. Ferma restando la possibilita' di acquisire la certificazione di somme  dovute  per  somministrazioni,  forniture  e   appalti   dalle pubbliche amministrazioni secondo le procedure di cui al decreto  del Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  25  giugno   2012,   come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze  19 ottobre 2012 e di cui al decreto del Ministro dell'economia  e  delle finanze 22 maggio 2012, come  modificato  dal  decreto  del  Ministro dell'economia  e  delle  finanze  24  settembre  2012,  le  pubbliche amministrazioni debitrici di cui al comma 1 comunicano a partire  dal 1° giugno 2013 ed entro il termine del 15 settembre 2013, utilizzando la piattaforma elettronica per la gestione  telematica  del  rilascio delle certificazioni di cui al medesimo comma  1,  l'elenco  completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili, maturati  alla  data  del  31 dicembre  2012,  con  l'indicazione  dei  dati   identificativi   del creditore. La comunicazione avviene sulla base di un apposito modello scaricabile dalla piattaforma elettronica, nel quale e' data separata evidenza ai crediti gia' oggetto di  cessione  o  certificazione.  Il creditore puo' segnalare all'amministrazione pubblica  debitrice,  in tempo utile per il rispetto del termine  di  cui  al  primo  periodo, l'importo e  gli  estremi  identificativi  del  credito  vantato  nei confronti della stessa. 5. Il mancato adempimento da parte delle pubbliche  amministrazioni debitrici alle disposizioni di cui al precedente comma rileva ai fini della misurazione e della valutazione della  performance  individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilita' dirigenziale  e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”.

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