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Pensioni d'oro o cos'altro...

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di Arcangelo D’Ambrosio (Segretario Generale Distat)
Il polverone creato ad arte, malafede o ignoranza da alcuni politici, mass media e parte dell’opinione pubblica sulle cosiddette pensioni d’oro, rappresenta una pericolosa evoluzione negativa del modo di pensare di questo Paese perché non è possibile espropriare i diritti solo in un settore, senza inficiare la tenuta collettiva e democratica del Paese.
Se le pensioni d’oro esistono, questo fenomeno è da addossare soltanto alla classe politica, l’unica che può legiferare.
Posto che le pensioni d’oro sono soltanto quelle che scaturiscono da lavori plurimi (mentre si è deputati europei, si svolge anche il ruolo di deputati nazionali e contemporaneamente il lavoro di docente universitario, titolare di studio professionale e di consulenze) il fatto che si possono cumulare nella stessa giornata lavorativa tante attività (tutte remunerate e tutte soggette al versamento di contributi pensionistici) è fenomeno che riguarda solo l’Italia.
Il perché dell’esistenza del fenomeno citato, è stato già spiegato sul nostro giornale Riforma Amministrativa sin dal 1994, quando si segnalò la posizione di un dirigente RAI che, percepiva, al mese, 40 milioni di pensione.
Sulla situazione, è chiaro, la classe politica, che ora si veste da giustiziere, ha dormito.
Sono colpevole o, sotto sotto, si finanziano anche campagne elettorali?
Ma la cosa più grave, a nostro avviso, è quella di mischiare, come dicono al mio paese, la “paglia con il grano” e asserire che la pensione di un magistrato, di un dirigente, di un professore universitario – guarda caso tutti dipendenti pubblici – siano all’origine dello scandalo: è fuorviante e non rispondente alla realtà.
Queste categorie versando il 30 per cento su tutta loro retribuzione (versamenti d’oro per oltre 40-45 anni) ricevono, in cambio, una pensione che viene annualmente rivalutata (quando ciò avviene) soltanto sulla fascia base pari a 3 volte la pensione sociale, pensione che trova, guarda caso, alimento di risorse sui versamenti dei lavoratori dipendenti e non con la fiscalità generale: ai versamenti d’oro risponde, di fatto, una rivalutazione di “plastica”.
Siffatto modo di operare, iniquo e vessatorio, viola palesemente (salvo altri) l’art. 36 della Costituzione:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del suo lavoro, in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Che dire poi se si considera che tali pensioni sono spesso inferiori a quelle di personale ausiliario  di Organi Costituzionali e non, banche comprese che beneficiano anche delle clausole “oro” e conservano il beneficio delle pensioni baby?
Se per caso qualcuno, dopo questo discorso, fosse ancora interessato alla sovietizzazione del sistema pensionistico, allora, occorre considerare anche gli altri settori produttivi.
C’è crisi degli alloggi e i fitti sono alti?
Per risolvere il problema si può procedere assegnando a ciascun cittadino uno “spazio vitale” per l’abitazione pari ad esempio a 40 metri quadrati, (vedi i paesi comunisti), lasciando la disponibilità di quel che resta a disoccupati, giovani coppie, emigrati e via  dicendo.
C’è penuria di risorse per le riforme?
Basta attingere ai conti correnti bancari dei privati e delle banche e risolvere il problema, così come è accaduto in Russia e stati satelliti nel 1980. 
Ciò vale ovviamente  anche per le industrie (affitto a prezzo sociale ai lavoratori) per i terreni agricoli (assegnati solo in quota parte ai proprietari) e via dicendo.
Ha funzionato questo sistema? Non ci sembra.
Quello che ci meraviglia, è che non ci sia più in Italia il pensiero positivo: non si cerca, ad esempio di impedire la prescrizione dei debiti fiscali degli evasori pari a ben 56 miliardi  di euro, accertati, nel solo 2012, dalla Guardia di Finanza.
Basterebbe una modifica al contenzioso tributario, modifica legislativa, possibile solo in Parlamento e si potrebbero avere a disposizione le risorse per abbattere l’IMU sulla prima casa, togliere gli odiosi tickets sulla sanità e sulle mense scolastiche, laddove ci accorgiamo, giorno per giorno e per esperienza diretta, che i ricchi sono principalmente gli impiegati dello Stato e i pensionati, mentre sono latitanti, in larga parte, liberi professionisti, commercianti  e lavoratori autonomi.
Di chi è la colpa se non si legifera?
La verità è che il Paese è stanco di “falsi poveri” che vogliono lucrare su “falsi ricchi” e viceversa.
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