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Amedeo Maiuri: un archeologo per l’Europa

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di Pier Giorgio Monti (direttore scientifico del Museo Archeologico di Fregellae-Ceprano)
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di Amedeo Maiuri (1886 – 1963). Figlio di Giuseppe e di Elena Parsi, nacque a Veroli - in provincia di Frosinone - in quanto il padre, cepranese, si trovava lì per lavoro. Già in questa nascita e negli studi seguenti si nota la natura “girovaga” che portò Maiuri, a causa degli studi e delle sue ricerche, sempre in giro, spesso lontano dal suo paese, Ceprano, anch’esso in provincia di Frosinone. E della sua infanzia a Ceprano ci ha lasciato alcune brevi ma profonde impressioni nei suoi scritti autobiografici.
Gli studi ginnasiali li compì nel ginnasio-liceo G. Gentili di Alatri mentre il liceo classico lo frequentò a Roma nel famoso liceo Visconti. L’università, facoltà di Lettere, la frequentò ancora a Roma, sotto la guida di celebri professori, quali Gaetano De Sanctis, per la storia greca, e Federico Halbherr, lo scopritore della grande iscrizione di Gortyna (Creta), per l’epigrafia greca.
Dopo la laurea in letteratura bizantina, vinse il concorso per frequentare la scuola archeologica italiana di Atene. In Grecia ebbe così modo di visitare e studiare i più importanti siti archeologici: Creta, Delfi, Epidauro, Olimpia e la stessa Atene.
Dopo aver vinto il concorso quale ispettore del museo archeologico di Napoli, dove si trasferì nel rione Sanità, fu chiamato, nel 1914, alla giovane età di 28 anni, a dirigere la missione archeologica italiana sull’isola di Rodi. Qui rimase per 10 anni, durante i quali restaurò l’ospedale dei Cavalieri di Rodi trasformandolo in museo archeologico. Ma la sua attività non si limitò solo a questo. Infatti studiò tutte le antichità dell’isola e delle isole vicine e ne restaurò anche tutti i monumenti  medievali.
Tornato a Napoli, fu nominato direttore del museo archeologico di Napoli. Si devono a lui gli scavi più importanti sul sito di Pompei, Ercolano, Cuma (scoperta della c.d. Grotta della Sibilla), Velia, Paestum e Capri. Celebre, a Pompei, è la sua scoperta della Villa dei Misteri mentre Ercolano deve proprio ad Amedeo Maiuri la notorietà di cui giustamente gode a dispetto della fin troppo celebrata Pompei.
Numerose sono le pubblicazioni in cui descriveva, con uno stile comprensibile e fluido, le sue scoperte e le sue impressioni. Celebri molti dei suoi libri, tra i quali mi piace ricordare “Passeggiate campane” (1938), “Pompei ed Ercolano. Fra case e abitanti” (1950),“Vita d’archeologo” (1959). Ma numerosissimi sono i suoi scritti che sarebbe troppo lungo enumerare in questa sede.
Maiuri non si occupò mai concretamente di Fregellae, l’importante colonia romana di diritto latino prossima a Ceprano. La ragione, evidentemente, sta nella sua vita professionale “girovaga” che lo portò spesso e per lunghi periodi lontano dalla sua terra natìa.Solo due brevi articoli ci rimandano al suo interesse per Fregellae e il suo territorio: “Ceprano: bolli greci nel territorio di Fregellae” (Notizie Scavi, 1913) e “S. Giovanni Incarico: Iscrizioni inedite del territorio dell’antica Fabrateria Nova” (Notizie Scavi, 1913).
Il 29 giugno scorso si è tenuto, nel “nuovo” - costantemente restaurando - museo di Fregellae a Ceprano, un convegno al quale ha partecipato, oltre a chi scrive, il prof. Filippo Coarelli – direttore degli scavi di Fregellae -, Mariapaola Guidobaldi – direttrice degli scavi di Ercolano – e Fabrizio Pesando – docente di Antichità Ercolanesi e Pompeiane presso l’università “Orientale” di Napoli -. Durante il simpatico evento è stata messa in risalto la figura umana e professionale di Amedeo Maiuri, caratterizzata da un raro e felice connubio di profonda cultura classica con le moderne tecnologie e metodologie di scavo archeologico. Soprattutto il prof. Coarelli ha tenuto a lodare la capacità del Maiuri di avere una preparazione culturale interdisciplinare e una visione professionale internazionale, che oggi definiremmo “globale”. La sua capacità di valicare i confini locali è stata indicata ai numerosi giovani archeologi presenti al convegno come un esempio da seguire per contribuire a fare dell’archeologia italiana un bene comune europeo ed una reale risorsa scientifica ed economica per tutti.
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