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Un sogno per mettere fine alla tragedia dell’immigrazione

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di Rosalba Trabalzini
Solo davanti alle tragedie più volte annunciate, i nostri governanti  e forse anche nell’Unione Europea, si muoveranno per partorire l’ennesima legge per l’accoglienza o come superare la clandestinità.  Ciò che i nostri occhi sono ormai abituati a vedere sono le tante bare allineate  e le immagini passate nei vari  notiziari televisivi sui luoghi di accoglienza disumani. Ecco allora  Lampedusa, Catania, Caltanisetta ed altri centri disseminati un po’ qua e la, con un costo economico per il nostro bilancio di ben 33 euro al giorno per ogni singolo immigrato ospitato. 
 
Il fenomeno  dell’immigrazione è chiaramente riconducibile alle ragioni del sottosviluppo unitamente a quelle geopolitiche con le conseguenze che conosciamo: fuga dalla fame, dalle guerre e dai regimi autoritari.  E' indubbio che tale fenomeno non si può fronteggiare con l'innalzamento di muraglie legali o materiali. Creare le condizioni sostenibili nei luoghi di provenienza  rappresenta la sola carta vincente, vale a dire portare il sistema produttivo europeo in quei paesi dove è possibile strutturare un accordo tra le parti a beneficio di entrambi. 

Un’idea vincente su come superare i terribili viaggi della speranza da parte di una popolazione alla ricerca di una vita dignitosa, è stata pensata da Gaspare Cerasi, un architetto romano che ha a cuore l’Africa non perché l’ha attraversata in lungo ed in largo da’ turista per caso’ come ho fatto io ma perché ci ha lavorato. L’arch. Cerasi si è sempre occupato della Cooperazione con i paesi africani: Senegal, Algeria, Tunisia, Burkina Faso, Mali, Gambia Mauritania, Capo Verde ex-Congo Belga e quindi ben conosce le dinamiche geo-politiche euro africane. Ebbene, la sua idea dovremmo farla arrivare al nostro Ministro On. le Kienge ed attraverso di lei, direttamente alla Comunità Europea affinché tutti gli stati europei si adoperino per  risolvere davvero la questione africana.

Secondo l’arch. Cerasi, ciò che dovrebbe fare l’Unione Europea è prendere contatti con alcuni governi degli stati d’Africa  (i più coinvolti) e creare una sorta di territori franchi. In questi territori, sotto la diretta giurisdizione europea o il singolo stato della compagine europea, si potrebbero esprimere tutte le capacità produttive con standard di tutela europei, il tutto sotto il diretto controllo del paese temporaneamente concessionario di tale territorio.  Un  imprenditore europeo potrebbe trasferire la propria produzione o il proprio ‘savoir faire’ in un luogo ricco di risorse umane e materiali senza passare per i governi locali. 
Per i paesi disposti ad accettare l’accordo potrebbe significare la vera rivoluzione economica. Verrebbero a realizzarsi più Hong Kong, una in ogni paese africano. Certo questo  significherebbe, per quei paesi, perdere temporaneamente la sovranità di una modesta area del proprio territorio ma, in tempi brevissimi si verrebbero ad attivare importanti reciproci vantaggi, senza bisogno di aspettare quei tempi improbabili di sviluppo che hanno fino ad oggi nutrito solo le istituzioni di cooperazione multi e bilaterale.

Il progetto non si configura come una nuova colonizzazione! E’ solo un trasferimento produttivo di competenze  per un tempo limitato ma altamente proficuo per ambedue i soggetti coinvolti. 
Da questa  nuova forma di collaborazione sarebbero evitate le tragedie, le sofferenze e lo sfruttamento legato alla attuale emigrazione selvaggia verso l'Europa. Inoltre, in tempi brevissimi sarebbero poste le condizioni per il radicamento delle popolazioni, altrimenti destinate alla emigrazione, grazie ad una presenza di datori di lavoro e di infrastrutture laddove per ragioni storiche e di sfruttamento delle risorse, conniventi i poteri locali, non si sono potute determinare.

L’idea del territorio franco, per un periodo di cento anni, non solo consentirebbe alle popolazioni di non abbandonare la loro terra di origine, ma consentirebbe il vero sviluppo socio-economico-culturale, garantendo finalmente accesso al cibo ed alla salute. Per il paese investitore rappresenterebbe la possibilità di pianificare lo sviluppo territoriale con la conseguente realizzazione di infrastrutture a carico del paese concessionario ma concertate con il paese concedente.

E’ chiaro che la fattibilità del progetto richiede un approfondimento sugli effetti 
collaterali e sociali immaginabili nei paesi di insediamento. Ma questo è un nuovo capitolo.

Non dimentichiamolo: la base di ogni innovazione nasce da un grande sogno.
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