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La Corte di cassazione riconosce la giurisdizione con-tabile italiana nel caso di frode su fondi diretti dell’Unione europea

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del Cons. Paolo Luigi Rebecchi
Con la sentenza delle Sezioni Unite civili  n. 20701/13 del 10 settem-bre 2013 (1), la Corte di cassazione ha confermato la giurisdizione della Corte dei conti italiana nella materia della responsabilità patrimoniale per danni realizzati a carico dei fondi “diretti” (2) dell’Unione europea (3).
La sentenza ha definito il regolamento preventivo di giurisdizione promosso nell’ambito di un giudizio contabile (4) originato da una vi-cenda riguardante  il caso di un raggruppamento transnazionale di enti (pubblici e privati) ed imprese, beneficiari di finanziamenti erogati direttamente dall'Unione Europea nel settore dell'innovazione tecnologica e della ricerca in relazione alla quale , a seguito della citazione in giudizio, alcuni beneficiari convenuti, avevano sollevato un regolamento preventivo di giurisdizione presso le Sezioni unite civili della Corte di cassazione. In tale giudizio, si erano costituiti con controricorsi, sia la procura regionale della Corte dei conti per la Lombardia, sia la Commissione europea che aveva espresso una posizione di netto sostegno della giurisdizione contabile italiana.
Con la sentenza n. 20701/13, le Sezioni Unite, hanno respinto il ri-corso.
La sentenza, puntualmente motivata, risulta di particolare interesse in quanto, oltre ad affermare la sussistenza della giurisdizione contabile anche con riguardo alle frodi commesse in danno direttamente dell’Unione europea, opera una ricognizione complessiva della giuri-sdizione contabile nel settore dei fondi comunitari (5) e offre anche una definizione della natura giuridica dell’Unione , quale ente pubblico, nell’ambito del nostro ordinamento giuridico.  
La sentenza premette che con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione la persona fisica A.S. ha chiesto alla Corte di cassazione di dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione (del giudice italiano) , ed in subordine la giurisdizione ordinaria, sulla controversia promossa dalla Procura regionale della Lombardia della Corte dei conti, con citazione del 16 novembre 2011, diretta a conseguire la restituzione in favore della Commissione dell’Unione europea della somma di euro 53.364.355,74, o, in ogni caso, di euro 7.151.363,15, indebitamente percepita da numerose società gestite dalla s.p.a. S., di cui egli era amministratore delegato e rappresentante legale. E ciò attraverso una serie di truffe finalizzate ad incamerare contributi della Commissione europea destinati ad incentivare la ricerca tecnologica in ambito internazionale, che avevano indotto la Procura della Repubblica di Milano, ad instaurare procedimento penale a carico del S. e di altri partecipi a dette attività delittuose per i reati di cui agli artt. 416 e 640 bis c.p., per i quali il ricorrente aveva patteggiato la pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p.. La Commissione europea ha resistito con controricorso, con il quale ha chiesto che fosse dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti anche per le azioni di responsabilità amministrativa (6) dirette a perseguire il danno arrecato all’erario europeo; ed alla richiesta si è associato il PG presso la stessa Corte di cassazione.
Riassumono preliminarmente le Sezioni Unite che con la domanda principale il ricorrente ha chiesto che venga dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione del giudice italiano e quindi della Corte dei conti sulla richiesta di recupero dei contributi comunitari, in quanto: a) l’art. 272 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (come modificato dal Trattato di Lisbona) , introduce un esplicito rimedio a favore della Commissione costituito dalla clausola compromissoria inserita nei vari contratti fi finanziamento che ne devolve la cognizione alla Corte di giustizia dell’Unione, destinata a prevalere in base all’art. 274 su quella degli Stati membri; il successivo art. 299 TFUE prevede il diritto-dovere della Commissione di emettere le opportune decisioni sulla restituzione aventi efficacia di titolo esecutivo, nonché di precetto: pur esse devolute alla cognizione esclusiva della Corte di giustizia; la decisione 18 luglio 2007 “Lucchini”, della stessa Corte di giustizia, renderebbe comunque inutiliter data una qualsiasi sentenza della giurisdizione italiana sulla questione, pur se passata in giudicato a fronte di azioni comunitarie successivamente intraprese dalla Commissione. Con la domanda subordinata il ricorrente ha dedotto che, in ogni caso, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, in quanto: d) l’art. 1 della legge 20 del 1994 attribuisce alla Corte dei conti la giurisdizione sulla responsabilità amministrativa degli amministratori  e dipendenti di enti che abbiano indebitamente percepito contributi/finanziamenti europei “indiretti”, erogati cioè attraverso gli Stati membri, e non an-che quelli “diretti”, arrecanti danno solo all’erario europeo; e) non di-mostra il contrario l’art. 325 TFUE che non costituisce norma di attri-buzione diretta della giurisdizione, ma dichiaratamente si dirige esclusivamente agli Stati membri onde obbligarli ad adottare specifiche misure per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione: come d’altra parte confermano quelle indicate nei Regolamenti nonché nella legislazione penale, amministrativa e tributaria; f) la giurisdizione della Corte dei conti ha carattere solo tendenzialmente generale ed abbisogna comunque di una “interpositio legislatoris” che, per quanto riguarda il genere di fondi in questione , “difetta in radice”. Le Sezioni Unite osservano quindi che il ricorso, pur ammissibile, perché deduce soprattutto una questione di diritto sulla base di una assai concisa esposizione dei fatti di causa, è tuttavia infondato. Il ricorrente non pone in discussione la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, in materia di contributi comunitari indiretti ovvero quelli disciplinati dall’art. 53 ter del regolamento finanziario comunitario (7) che entrano nel bilancio dell’amministrazione nazionale (statale, regionale o locale) per poi essere attribuiti ai vari aspiranti attraverso apposite procedure, se-condo la quale: 1) tra l’amministrazione erogante e la persona fisica o giuridica destinatarie della risorsa pubblica si instaura un rapporto di servizio di tipo funzionale o addirittura semplicemente un rapporto di fatto che in tutti i casi di indebita percezione, distrazione o cattiva uti-lizzazione, per la natura del danno arrecato all’ente pubblico risulta idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei conti di cui agli artt. 13 e 54 del r.d. 1214/1934; 2) detto rapporto e la conseguente giuri-sdizione contabile si estendono anche alle persone fisiche che abbiano diretto o rappresentato o amministrato quelle giuridiche beneficiarie dei finanziamenti comunitari, comunque incidendo sul programma imposto dalla P.A. (Cass. Sez. un. n. 295/2013; 5019 e 9963/2010; 20434/2009). Tuttavia il ricorrente ritiene che questa giurisprudenza non possa trovare applicazione nella fattispecie in cui la srl S. e gli incolpati abbiano beneficiato di contributi comunitari “diretti”, destinati ad incentivare la ricerca tecnologica in ambito internazionale, perciò non entrati neppure temporaneamente nel bilancio delle amministrazioni nazionali, ma gestiti in toto, a partire dal bando e fino all’erogazione direttamente ai sensi dell’art. 58  del regolamento europeo (8), dalla stessa Commissione europea; con conseguente pregiudizio esclusivamente all’erario o al patrimonio dell’Unione europea, ed applicazione dei soli rimedi previsti dalla legislazione comunitaria che escluderebbero l’interpositio legislatoris in favore della Corte dei conti: deputata quale giudice nazionale, a conoscere esclusivamente del pregiudizio arrecato all’erario nazionale, non anche al patrimonio sovranazionale. Osserva la Corte di cassazione che tale prospettazione muove da un duplice erroneo presupposto: che sussista un rapporto di conflittualità e di esclusività – al pari di quelli disciplinati dalla legge 218 del 1995, nonché dalle convenzioni internazionali, fra l’ambito della giurisdizione italiana e quella comunitaria, in presenza della quale la prima è comunque tenuta a cedere, in materia di indebita percezione, distrazione o illecita utilizzazione di finanziamenti o contributi comunitari; e che la giurisdizione della Corte dei conti sia sostitutiva, precludendone l’esercizio, dei normali rimedi derivanti dai singoli rapporti intercorrenti tra l’amministrazione ed i soggetti danneggiati. Ma quest’ultimo presupposto è smentito dalle Sezioni Unite, le quali han-no ripetutamente evidenziato l’autonomia del giudizio amministrativo  contabile e quindi dell’azione di responsabilità esercitata dal procura-tore presso la Corte dei conti rispetto ai rapporti civili, amministrativi e disciplinari che possono intercorrere tra i soggetti passivi dell’azione contabile ed i soggetti danneggiati ed esporre i primi a subire i giudizi penali (come è appunto avvenuto nella fattispecie); ed hanno più volte enunciato la regola che l’azione proposta dal procuratore contabile non si identifica con quella che l’amministrazione può autonomamente promuovere nei confronti dei propri funzionari  e/o quelli dell’ente esterno autori del danno per farne valere la responsabilità (anche solidale) . Hanno tratto conferma di detta assoluta autonomia: a) dalla  nota sentenza 104/1989 (ribadita dalla recente pronuncia 1/2007) della Corte costituzionale, la quale ha specificato che il procuratore generale della Corte dei conti, nella promozione dei giudizi, agisce nell’esercizio di una funzione obiettiva e neutrale, rivolta alla repressione dei danni erariali conseguenti ad illeciti amministrativi: rappresentando l’interesse generale al corretto esercizio, da parte dei pubblici dipendenti, delle funzioni amministrative e contabili, e cioè l’interesse direttamente riconducibile al rispetto dell’ordinamento giuridico nei suoi aspetti generali ed indifferenziati; ed ha rilevato le notevoli differenze tra questo giudizio e quello in cui le singole amministrazioni ritengano di far valere l’interesse particolare e concreto in relazione agli scopi specifici che ciascuna di esse persegue; b) dall’art. 7 legge 97/2001, secondo cui “”La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell’art. 3 … è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti perché promuova entro trenta giorni, l’eventuale procedimento di respon-sabilità erariale…”(9). Laddove l’art. 17 comma 30 ter d. legge 103/2009 ha ribadito, rendendola di carattere generale, a regola che “”Le procu-re della Corte dei conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e con-creta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanziona-te dalla legge””, a prescindere, dunque, dalla possibilità delle ammini-strazioni danneggiate di promuovere l’ordinaria azione civilistica di responsabilità (Cass. 27092/2009; 25495-25503/2009;10667/2009; 6581/2006). Per cui, le Sezioni Unite, nel decidere sul ricorso in que-stione ritengono di dover dare ulteriore continuità alla propria giuri-sprudenza che anche in tema di concessione di contributi nazionali , locali o comunitari, afferma che la giurisdizione erariale per l’azione di risarcimento dei danni derivanti all’amministrazione dalla violazione degli obblighi del concessionario e/o del contraente beneficiario  e  quella contrattuale diretta a far valere l’inadempimento, ovvero le conseguenze dell’inadempimento nascenti dal rapporto concessorio, sono  reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono il medesimo fatto materiale; e l’eventuale interferenza, che può determinarsi tra tali giudizi, pone un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti (nonché di eventuale osservanza del principio di “”ne bis in idem””) e non una questione di giurisdizione (10). Proseguono le Sezioni Unite che siffatta autonomia del giudizio di responsabilità amministrativa non trova ostacolo nella disciplina comunitaria che anzi la salvaguarda , stabilendo all’art. 274 del Trattato sul funzionamento dell’ UE che “Fatte salve le competenze attribuite alla Corte di giustizia dell’Unione europea dai Trattati, le controversie nelle quali l’Unione sia parte non sono, per tale motivo, sottratte alle giurisdizioni nazionali”. Sicché, nell’ambito dell’applicazione della norma comunitaria deve essere compresa anche la specifica giurisdizione  della Corte dei conti, la quale non può essere preclusa da eventuali rimedi attributi alla Comunità europea per il recupero dei finanziamenti (11) o per l’esercizio di proprie sanzioni e/o azioni di inadempimento contrattuale posto che le relative azioni restano, pur esse reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali: così come lo sarebbe stato l’azione risarcitoria intrapresa dalla Commissione europea nei confronti del ricorrente per avere riportato condanna definitiva per i delitti di cui agli artt. 416 e 640 bis c.p., costituendosi parte civile nel relativo procedimento o esercitando l’ordinaria azione risarcitoria davanti al giudice civile (cfr. Corte di giustizia, 5 marzo 1991, Grifoni C330/88). In tale sistema vanno inclusi gli specifici rimedi, perciò meramente alternativi e concorrenti, apprestati dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di cui significativamente la Commissione non si è avvalsa: 1) la clausola compromissoria indicata all’art. 272 del TFUE che attribuisce alla Corte di giustizia la competenza a giudicare allorché detta clausola sia contenuta in un contratto di diritto pubblico o di diritto privato stipulato dall’Unione o per conto di questa (12). Anche perché secondo la giurisprudenza comunitaria detta competenza costituisce una deroga rispetto al diritto ordinario e va interpretata restrittivamente nel senso di attribuire alla Corte di giustizia la cognizione soltanto della domande che derivano da un contratto stipulato dalla comunità (con-tenente la clausola) o che siano in relazione diretta con le obbligazioni derivanti dal contratto: e quindi la competenza sulle sole controversie sorte tra la Comunità e la parte contraente riguardo alla validità, all’applicazione, all’interpretazione e all’adempimento del contratto con conseguente sottrazione di tale azione contrattuale (e soltanto di essa) al giudice nazionale; al quale, per converso viene mantenuta ogni altra tipologia di giudizio “di competenza della giurisdizioni nazionali” (Corte di giustizia, 20 febbraio 1997, IDE, C 114/94; Trib. 3 marzo 2011, Caxia T401/07); 2) la facoltà della Commissione (anch’essa nel caso non esercitata) di emettere ex art. 299 del TFUE (13) atti costituenti titolo esecutivo per il recupero dei crediti: costituente una sorta di esercizio del potere di autotutela (14) rimesso alla mera discrezionalità dell’ente creditore che non interferisce neppure sul diritto delle parti di chiedere la tutela giurisdizionale in ordine all’accertamento, o per converso, alla non spettanza del credito (art. 263 e 274 del Trattato)(15) ; né impedisce a ciascuna di esse di procedere rispettivamente ad esecuzione forzata e/o di proporre opposizione alla stessa: peraltro regolate dalle norme di procedura civile vigenti nello Stato sul cui territorio essa viene effettuata (art.299, 2° 3 ° comma del TFUE). Tale quadro normativo non risulta nemmeno in contrasto con la decisione del 18 luglio 2007 della Corte di giustizia nella causa Lucchini, che, secondo il ricorrente aveva stabilito il principio per il quale sarebbe impedito che una sentenza del giudice nazionale possa porsi in contrasto con una decisione comunitaria che disconosca il diritto di credito della Commissione: anzitutto perché detta decisione come osservato dalla stessa Corte di giustizia, riguardava tutt’altra ipotesi in cui erano in discussione principi che disciplinano la ripartizione di competenze tra gli Stati e la Comunità nel peculiare settore degli aiuti di Stato (16); e quindi  soprattutto perché il “diritto comunitario non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione (Corte di giustizia, 3 settembre 2009 in causa C2/08). Evidenzia ancora la Corte di cassazione la “assoluta inconsistenza”, infine dell’ulteriore motivo su cui è stato sostenuto il difetto di giurisdizione della Corte dei conti (in subordine a favore della giurisdizione ordinaria) fondato sull’affermazione per la quale il danno che ne costituisce il presupposto sarebbe unicamente (in base all’art. 52 del r.d. 1214/1934) a quello arrecato allo Stato o a un ente pubblico nazionale e che per i pregiudizi cagionati direttamente al bilancio dell’Unione europea mancherebbe l’interpositio legislatoris necessaria per giustificare la giurisdizione speciale. Osserva la Corte che nessun elemento testuale può giustificare tale limitazione, non ricavabile dall’ampia formula adottata dalla norma richiamata, la quale, facendo riferimento ad ogni amministrazione ed ente pubblico cui la condotta dell’agente abbia cagionato un danno vi comprende indistintamente qualsiasi categoria di persona giuridica pubblica (17): fra le quali l’art. 47 del TUE e 335 del TFUE includono la Comunità europea disponendo: a) che l’Unione europea ha personalità giuridica (di diritto pubblico); b) che in ciascuno degli Stati membri ha la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalla legislazione nazionale; c) che è ivi rappresentata dalla Commissione europea. In tal modo, riconoscendo lo stesso ricorrente che la generale azione di responsabilità amministrativa appartenente alla giurisdizione della Corte dei conti è stata estesa dall’art. 1 comma 4° della legge n.20/1994 anche all’ipotesi in cui il danno sia cagionato ad un’amministrazione diversa dall’ente di appartenenza del suo autore, e che quest’ultima norma costituisce una valida interpositio legislatoris in tutte le fattispecie di finanziamenti erogati indirettamente dalla Comunità europea, non è consentito introdurne una discriminazione applicativa in funzione del carattere sovranazionale dell’amministrazione tutelata o della natura del contributo/finanziamento dalla stessa erogato; che risulta ancor più arbitraria in considerazione, da un lato, dell’utilizzazione anche da parte della norma del 1994 dell’identica formula omnicomprensiva ed ormai non più casuale “…amministrazioni ed enti pubblici diversi…”. E dall’altro che le ricordate disposizioni comunitarie ne impongono al contrario una opzione ermeneutica logico- sistematica che attribuisca alla Commissione europea “la più ampia” capacità giuridica e tutela fra quelle riconosciute alle persone giuridiche pubbliche nazionali; che dunque divengono un parametro di comparazione minimo e non riducibile nemmeno dal legislatore nazionale. Ma la limitazione prospettata si pone anche sotto altro profilo in contrasto con gli stessi precetti inerenti al collegamento tra la normativa interna e quella comunitaria, enunciati sia dalla Corte costituzionale (sent. n 348 e 349/2007) , che dalla Corte di giustizia, secondo cui i giudici nazionali nell’applicazione del diritto interno devono interpretarlo per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo delle disposizioni comunitarie, onde garantire il risultato perseguito da queste ultime; ed a tal fine detti giudici sono tenuti a prendere in considerazione il diritto interno nella sua interezza nonché ad applicare i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo al fine di assicurare la piena efficacia delle norme comunitarie e pervenire ad una soluzione conforme alla finalità perseguita da quest’ultima (Corte di giustizia, 4 luglio 2006 in causa 212/04; ottobre 2004 in cause C 397&01 e 403/01). L’art. 325 TFUE dispone infatti che l “Unione e gli Stati membri combattono contro la frode (18) e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa mediante misure a-dottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istitu-zioni, organi e organismi dell’Unione (comma 1). Gli Stati adottano , per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari  dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari (comma 2°)(19).  L’art. 4, 3° comma del TUE ribadisce che “In virtu’ del principio di leale collabora-zione l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono recipro-camente nell’adempimento dei compiti derivanti dai Trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conse-guenti agli atti delle istituzioni dell’Unione” . E l’art. 10 del Trattato CE completa detto quadro imponendo agli Stati membri di adottare tutte le misure atte ad assicurare la portata e l’efficacia del diritto comunitario. Questa normativa, lungi dal ridursi ad una serie di direttive mera-mente programmatiche (da non confondere con la diversa questione –cfr.Corte di giustizia, 1971, Muller C10/71- delle disposizioni comunitarie già di per se’ idonee -o non idonee -  a creare diritti ed obblighi direttamente ed utilmente in capo ai singoli),  è stata costantemente interpretata dalla giurisprudenza comunitaria anche meno recente nel senso che la stessa: a) impone agli Stati membri di adottare tutte le misure efficaci al fine di sanzionare i comportamenti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione; e ciò anche se il legislatore dell’Unione non ha adottato una normativa settoriale diretta a tutelarli nei confronti della condotta di alcuni soggetti; b) consente in particolare agli Stati suddetti, in merito alla dissuasione e alla lotta contro la frode e le altre irregolarità, lesive degli interessi finanziari dell’Unione, di mantenere e adottare disposizioni in tale specifico settore e nei confronti degli autori, ove risultino necessarie a tale lotta e rispettino i principi dell’Unione; c) richiede in ogni caso agli Stati, pur ad essi conservando al riguardo la scelta dei rimedi e delle sanzioni, di vegliare a che le violazioni in questione siano sanzionate sotto il profilo sostanziale e procedurale in termini analoghi a quelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura ed importanza e di conferire in ogni caso alla sanzione prescelta un carattere di effettività, di persuasività e di capacità dissuasiva (Corte di giust., 28 ottobre 2010, in C367/09; 8 luglio 1999 in C186/98; 21 settembre 1989 in C68/88). Questi precetti esprimono il c.d. principio di assimilazione (20), già recepito dalle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione (sent. n. 1235/2010) , in forza del quale gli interessi finanziari europei sono assimilati a quelli nazio-nali, con la conseguenza che gli Stati sono tenuti ad agire con gli stessi mezzi e adottando le stesse misure che sono previste dal diritto interno per la protezione dei medesimi beni giuridici; per cui il collegio deve farne anche applicazione in materia di giurisdizione della Corte dei conti in tutte le fattispecie di protezione del bilancio della Comunità europea dalle frodi, avendo la Corte di giustizia specificato che detto obbligo degli Stati necessariamente comprende “ogni azione di diritto amministrativo, tributario o civile, diretta a riscuotere o a recuperare risorse ovvero obbligazioni comunitarie conseguite o per converso eluse in modo fraudolento, nonché ad ottenere il risarcimento del danno”. E allora, siccome lo Stato italiano on ha adottato una apposita legge che impone la giurisdizione contabile anche in materia di danno all’erario europeo per combattere la frode lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, pur se si ritenesse per mera ipotesi che le disposizioni contenute negli art. 53 r.d. 1214 del 1934 ed 1 della legge 20 del 1994 l’abbiano in origine prevista esclusivamente per proteggere l’erario nazionale, l’obbligatoria applicazione del principio di assimilazione comporta necessariamente e comunque l’estensione di detta giurisdizione anche in materia di danno sia esso diretto o indiretto all’erario comunitario (Corte di giust., 28 ottobre 2010; 4 luglio 2006 Adeneier in C202/04; 15 gennaio 2004 in C230/01). Anche perché l’arbitraria distinzione tra le due fattispecie di frode a seconda che tragga origine dalla distrazione di finanziamenti o contributi diretti piuttosto che indiretti , non soltanto non trova riscontro nell’art. 325 TFUE ma è anche smentita dall’art. 1 comma 2° del regolamento 2988 del 1995 per il quale “Ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Co-munità europee … costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante dall’azione o dall’omissione di un operatore economico, che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità europee o ai bilanci da queste gestite attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità ovvero una spesa indebita (per la nozione di frode in materia di spese viene richiamato l’art. 1 della convenzione elaborata dal Consiglio in base all’art. K 3 del TUE che la ravvisa in “qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse”). In tal modo da detta normativa si ricava semmai la conclusione opposta (ed evidenziata dal PG presso la stessa Corte di cassazione) che costituirebbe una violazione del diritto dell’Unione proprio la mancata estensione alle frodi al bilancio comunitario delle misure di diritto interno volte a dissuaderle e a combatterle nell’ambito dell’ordinamento interno (Corte di giust. , 10 luglio 2003 , BEI in C15/00; 8 luglio 1999, Nunes, in C 186/98; 21 settembre 1989, Grecia in 68/88). Sulla base delle anzidette considerazioni infine al Corte ha respinto anche la richiesta del ricorrente di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in base all’art. 267 del TFUE, di quattro questioni incentrate sui rimedi di cui agli artt. 274 e 299 del TFUE a disposizione della Commissione europea per conseguire il recupero dei contributi e sul conseguente pericolo di una concorrente decisione su di esso da parte di un giudice italiano (Corte dei conti), nonché di ulteriori  tre questioni sulla applicazione del successivo art. 325 inteso come esclusione dell’autorizzazione agli Stati membri di perseguire i pregiudizi dell’erario europeo. Tali questioni sono state ritenute inammissibili non soltanto perché detto rinvio non costituisce un rimedio giuridico esperibile automaticamente a sola richiesta delle parti, spettando solo al giudice stabilirne la necessità nel caso invece esclusa (Corte di giust. 21 luglio 2011, Kelly; in C104/10; 22 giugno 2010, Melki in C188 e 189/10), ma soprattutto perché le prime quattro non hanno influenza sul giudizio in esame pur nell’ipotesi di risposta favorevole da parte della Corte di giustizia in quanto il ricorrente non risulta partecipe di alcun contratto contenente la clausola compromissoria di cui all’art. 272 TFUE ed avendo la Commissione comunque escluso di aver esercitato, nel caso concreto taluno degli ulteriori rimendi concessi dal Trattato, per cui non è configurabile comunque l’esistenza di una seconda e contrastante decisione sull’obbligo di restituzione dei contributi richiesti dalla procura generale presso al Corte dei conti. I restanti quesiti si concretano in una anomala sollecitazione alla Corte di giustizia, attraverso il giudice nazionale, di riconsiderare la propria  ormai consolidata giurisprudenza da decenni sfavorevole al ricorrente in ordine alla interpretazione e alla portata normativa contenuta nell’art. 325 TFUE, nonché sulla sua diretta efficacia  nei confronti degli ordinamenti degli Stati membri.
Come evidenziato dalla motivazione della decisione delle Sezioni Unite, le stesse oltre ad affermare l’estensione della giurisdizione contabile anche al caso dei fondi diretti, hanno pienamente confermato l’applicazione delle disposizioni comunitarie ed in particolare dell’art. 325 TFUE effettuata dalla giurisprudenza contabile in materia di finanziamenti indiretti , attuatisi attraverso i fondi strutturali e di cui si rinvengono ampi richiami nelle relazioni annuali del procuratore generale della Corte dei conti in sede di inaugurazione degli anni giudiziari (in www.corteconti/procuragenerale.it).
E’ stato in esse, ricordato che i danni da indebita percezione o utilizzo di finanziamenti pubblici nazionali e comunitari costituiscono una tipologia di comportamenti illeciti produttivi di molteplici effetti anche sull’economia. Si tratta di effetti economici, di sicurezza pubblica, e di tipo sociale, cui si aggiungono quelli di responsabilità dello Stato, connessi alla adeguatezza degli strumenti di gestione e controllo, di attività di contrasto e azioni di recupero. In particolare possono conseguire conseguenze negative per l’Italia in relazione alla disciplina comunitaria di ripartizione delle responsabilità in caso di mancato o ritardato recupero in conseguenza dei principi affermati nel Trattato sull’Unione europea in tema di tutela delle risorse finanziarie, sulla base del Trattato di Lisbona (firmato il 13 dicembre 2007) ed entrato in vigore nel dicembre 2009. Nella versione consolidata dei due trattati (Trattato sull’Unione europea e Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, entrambi in G.U. dell’Unione europea n. C. 115/186 –IT del 9 maggio 2008)  viene confermato l’impegno, per l’Unione e per gli  Stati membri, di una intensa e costante tutela delle risorse comunitarie, secondo quanto già previsto dall’art. 280 del previgente Trattato CE e ora dall’ 325 (Capo 6- Lotta contro la frode)  del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Accanto ad obblighi positivi (che sostanziano i principi di cooperazione e assimilazione ), vi sono specifici profili di responsabilità comunitaria per la mancata attuazione delle misure di tutela. Infatti lo Stato membro deve dimostrare la non imputabilità della frode a proprie carenze di gestione e controllo, pena il mancato discarico della somma corrispondente all’importo frodato, secondo quanto stabilito dai regolamenti dei diversi fondi (agricoltura, sviluppo regionale, fondo sociale), con tempistiche stringenti per la realizzazione effettiva dei recuperi (cfr. per il settore agricolo i regolamenti  1290/2005-CE, artt. 32 e 33 e n. 1083/2006- CE , art. 70, che prevedono l’imputazione, quantomeno parziale, allo Stato membro delle risorse non recuperate nei tempi e modi previsti , in presenza di profili di inadeguatezza nell’azione di prevenzione, contrasto e recupero). Tale tempistica risulta spesso pregiudizievole per l’Italia in considerazione della complessa articolazione degli strumenti di tutela amministrativa e giudiziaria e dalla pressoché costante sospensione dei procedimenti amministrativi in presenza di fattispecie penali (21). In tal modo il perdurare del procedimento penale impedisce la definizione in sede amministrativa nel termine di quattro anni, mentre il periodo di otto anni non risulta spesso sufficiente alla definitiva esecuzione del giudicato civile e penale, dovendosi considerare i tempi dei giudizi di cognizione e la successiva fase esecutiva, essendo il termine di otto anni riferito al recupero effettivo di cassa. L’azione delle pubbliche amministrazioni, come evidenziato nelle relazioni della Corte dei conti prima richiamate, e come risulta dai rilevanti importi di risorse ancora da recuperare,  è risultata spesso difficile in relazione ad eventi fallimentari o di sostanziale incapienza dei soggetti beneficiari ,  il cui patrimonio o capitale sociale è normalmente di limitata entità (trattandosi di norma di persone fisiche,  società di persone o al più di srl ), ed in presenza di una finora inefficiente escussione degli strumenti di garanzia pur previsti (22). In tal modo pur in presenza di provvedimento di revoca del finanziamento , l’azione di recupero in via amministrativa  e lo stesso privilegio in funzione delle ragioni del credito riconosciuto dall’ art. 9 del d.lgs 123/1998 ( secondo cui i crediti nascenti dalla restituzione dei finanziamenti concessi “sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi”) risultano frequentemente privi di efficacia. Il funzionamento complessivo del sistema di recupero registra situazioni di criticità connesse, da un lato alla durata dei procedimenti penali e al conseguente rischio di prescrizione dei reati, per i quali non sono previsti elevati limiti di pena edittale, e dall’altro alla sostanziale stasi di numerosi procedimenti amministrativi  di recupero nell’attesa della definizione dei giudizi penali, comportando complessivamente la situazione di ritardo nel recupero delle risorse prima evidenziata.  A tale profilo di incidenza negativa del funzionamento del sistema amministrativo- giudiziario complessivamente inteso nello specifico settore, il fenomeno delle frodi e irregolarità nelle erogazioni di risorse comunitarie ne aggiunge quindi uno peculiare, costituito dagli effetti che non possono non definirsi “sanzionatori”, cui l’ordinamento comunitario ricollega la ritardata definizione dei procedimenti giudiziari e amministrativi di recupero.
Va ancora osservato che l’insufficienza della repressione penale non rappresenta questione di solo interesse italiano. La Commissione eu-ropea infatti da tempo ha evidenziato che il sistema complessivo di repressione nei diversi Stati membri presenta difficoltà attuative e rile-vanti difformità sia di tipo normativo, sia di carattere applicativo. La Commissione ha infatti pubblicato la proposta di direttiva  COM (2012) 363 dell’11 luglio 2012 con una ipotesi di ampliamento dei reati che ledono gli interessi UE e ancora più recentemente la proposta di regolamento  del Consiglio  COM (2013) 534 del 17 luglio 2013 che istituisce la Procura europea (EPPO)(23).
In tale contesto,  si è venuta progressivamente a consolidare l’azione giurisdizionale della Corte dei conti (24) che, nel particolare  settore dell’erogazione dei finanziamenti pubblici di derivazione comunitari e nazionale in ordine ai quali viene fornita una rendicontazione annuale nella relazione del procuratore generale della Corte dei conti in sede di inaugurazione del relativo anno giudiziario.
Per i dati più recenti può richiamarsi la relazione riguardante l’anno giudiziario 2013 (25), nella quale è stato ricordato che  anche nel corso del 2012 l’attività giurisdizionale della Corte dei conti ha registrato una costante attenzione al settore delle frodi e irregolarità  nella percezione e illecita utilizzazione e destinazione di risorse pubbliche erogate nell’ambito di programmi di intervento infrastrutturale finanziati da fondi comunitari e nazionali . Tale indirizzo , che ha preso le mosse da vicende relative ad erogazione di fondi comunitari, si è ormai esteso anche a casi di erogazione di risorse esclusivamente nazionali sempre tuttavia con riferimento ad ipotesi di violazione , da parte del beneficiario, della violazione di obblighi connessi all’inserimento del medesimo in un programma di sviluppo risultando la Corte dei conti carente di giurisdizione nei confronti del beneficiario nel caso di erogazioni a scopo meramente assistenziale o indennitario (26). 
Il tema delle frodi comunitarie è oggetto di puntuale attenzione anche da parte della Corte dei conti italiana in sede di controllo ed in particolare da parte della Sezione affari comunitari e internazionali. Nella relazione annuale 2011- deliberazione  n. 8/2012 del  24 aprile 2012- “I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei fondi comunitari” , sono riportati i dati relativi alle varie fattispecie di irregolarità e frode per le quali non sia ancora intervenuto il recupero degli importi, con evidenziazione delle varie suddivisioni per anno di comunicazione all’Unione europea, per categorie di fondo e  per regioni. Il dato complessivo di importi da recuperare risulta pari a oltre un miliardo e 125 milioni di euro (pag. 253 della rel.cit.).
La Corte di Cassazione a sezioni unite civili, anche nel 2012 aveva confermato i propri orientamenti circa la sussistenza della giurisdizione contabile nella materia. Con due sentenze n. 2575/12 del 31 gennaio 2012 e n. 5703  aveva dichiarato inammissibili i ricorsi proposti rispettivamente avverso le sentenze n. 216/11 e 215/11 , entrambe della Sezione prima centrale che avevano, con decisioni non definitive, respinto il motivo di gravame imperniato sul difetto di giurisdizione sollevato da uno stesso amministratore di consorzio cooperativo che era stato condannato in primo grado per indebita percezione di fondi pubblici. I ricorsi erano stati dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 360 , comma 3 c.p.c.)  in quanto le sentenze di appello impugnate non avevano deciso, nemmeno parzialmente, il merito della causa essendosi entrambe  limitate a decidere , ai sensi dell’art. 279 c.p.c., comma 2 n. 4, due questioni pregiudiziali (supposto difetto di giurisdizione del giudice contabile e supposta carenza di legittimazione passiva dell’intimato) e una questione preliminare di merito (eccezione di prescrizione). Con la sentenza   Cass. Sez. un. n. 17840/12  del 18 ottobre 2012 relativa al ricorso proposto dall’amministratore di una spa, condannato  unitamente alla società stessa per indebita percezione di fondi ex legge 488/1992 a risarcire il Ministero per lo sviluppo economico per un importo di 3,4 milioni di euro (sentenza Corte dei conti, sez. prima centrale n. 180/2011 del 2 maggio 2011), era stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso per essersi  formato, nel giudizio di merito, il giudicato implicito sulla giurisdizione, non essendo stata la sentenza di primo grado, che aveva statuito al riguardo, impugnata sul punto dal ricorrente. Una espressa conferma dell’anzidetto indirizzo giurisprudenziale si rinveniva  nella sentenza n. 12108/12 del 16 luglio 2012 riguardante il ricorso proposto dal socio e legale rappresentante di una spa nonché da un incaricato della società Sviluppo Italia per la valutazione degli investimenti effettuati dalla spa stessa, condannati a risarcire 1,6 milioni di euro  per l’indebita utilizzazione di finanziamenti erogati dal Ministero dell’Industria e relativi alla produzione di telefoni cellulari. La sentenza di primo grado (sez. Toscana, n. 94/2009) aveva statuito anche sulla giurisdizione. La sentenza di appello n. 746/2010 della   sezione terza centrale aveva confermato la decisione di primo grado. Le Sezioni unite hanno respinto il motivo di ricorso incentrato sulla affermazione che il giudice contabile difetterebbe di giurisdizione in ragione “della natura privata della società destinataria del finanziamento pubblico e della insussistenza di un rapporto di servizio tra l’amministratore ed il socio di detta società ed il Ministero dell’industria”. Le SS.UU. avevano affermato che “la censura è infondata alla stregua del principio secondo il quale, ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, non deve aversi riguardo alla qualità del soggetto che gestisce denaro pubblico – che può essere anche un privato- bensì alla natura del danno e degli scopi perseguiti (così Cass. Sez. un. N. 23332/2009, citata in sentenza dalla quale i ricorrenti prescindono). Ne consegue che qualora l’amministratore di un ente, anche avente natura privata, cui siano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo di essere del programma imposto dalla pubblica amministrazione alla cui realizzazione è chiamato a partecipare con l’atto di concessione del contributo, in tal modo determinando uno sviamento delle finalità perseguite, egli provoca un danno per l’ente pubblico, del quale deve rispondere davanti al giudice contabile (ex multis Cass. Sez. un. n. 20434/2009). E’ stato altresì chiarito che è sufficiente a realizzare il rapporto di servizio con la p.a. la gestione effettiva da parte del soggetto privato del pubblico denaro, destinato a scopi diversi da quelli per cui è stato erogato (ex coeteris Cass. Sez. un. n. 23599/2010). Nella specie la Corte dei conti ha accertato che i finanziamenti pubblici erano stati realizzati in un’ottica “”completamente estranea alle finalità cui gli stessi erano preordinati “”-pag. 16 della sentenza impugnata- , che sussistevano “”riscontri probatori in ordine alla natura sostanzialmente fittizia dell’attività finanziata, risoltasi in definitiva …in un vero e proprio drenaggio di risorse pubbliche senza realizzare l’obiettivo previsto dalla legge, atteso che nessuna attività d’impresa risultava svolta con riferimento al programma di investimenti e di sviluppo presentato (pag. 18 della sentenza)…”.
Nel 2013, oltre alla decisione n. 20701 cit. la Corte di Cassazione, ha confermato il proprio indirizzo giurisprudenziale nelle decisioni n. 1774/13 e 1775/13 del 25 gennaio 2013; n. 7377/13 del 25 marzo 2013; n. 17660/13 del 19 luglio 2013.
Quanto ad alcune puntualizzazioni giurisprudenziali che erano  intervenute nel corso del 2012,  sez.  Piemonte , sent. n. 123 del 5 luglio 2012 ha precisato che non è soggetto a giurisdizione contabile il beneficiario di contributi destinati all’editoria (legge n. 250/1990) non potendosi parlare in tal caso, per le cooperative destinatarie di tali contributi, di un inserimento delle stesse in un  “programma” imposto dalla Pubblica Amministrazione, trattandosi invece di un semplice “sussidio”, in relazione al quale le stesse risultano svincolate da un piano di gestione preventivamente individuato dall’Ente che ha corrisposto i fondi al privato; sez. Calabria , sent. n. 141 del 4 giugno 2012 ha affermato che la percezione di un doppio finanziamento per l’acquisto della medesima attrezzatura integra il danno erariale sia perché uno dei due finanziamenti viene ad essere utilizzato per fini diversi da quelli previsti dalla legge di incentivazione, sia per la sottrazione della risorsa ad altra impresa. Secondo sez. Puglia , sent. n. 370 del 2012, lo sviamento di contributi pubblici si realizza anche in caso di mancato rispetto delle percentuali di apporto di capitale privato alla società beneficiaria del contributo (legge 488/1992), realizzato con artifici e raggiri; sez.  Sicilia con sentenza  n. 763 del 5 marzo 2012 ha affermato la responsabilità di un istituto di credito, responsabile di istruttoria , nel caso di indebita concessione del beneficio, in virtù della sua funzione di sostituta del Ministero dello Sviluppo Economico;  ancora sez. Sicilia , sent. n. 722 del 1° marzo 2012 ha precisato che in caso di proscioglimento del beneficiario di un contributo erogato da AGEA, la stessa, intesa quale “amministrazione di appartenenza”, deve essere condannata alla rifusione delle spese legali del convenuto in giudizio (art. 3, comma 2 bis, D.L. 23/10/1996, n. 543; art. 18 D.L. 25/3/1997, n. 67); sez. Trento, sent. n. 1 del 10 febbraio 2012 ha precisato l’illiceità del conferimento di un incarico di consulenza esterna a due professionisti, per lo svolgimento di attività di controllo sulle dichiarazioni di spesa di beneficiari finali di fondi FSE, in mancanza di prova di adeguata ricognizione sulla inesistenza di risorse “interne” per lo svolgimento di tale attività; sez. I centrale di appello , con sentenza n. 33 del 23 gennaio 2012 ha precisato che anche la mera violazione del vincolo di destinazione quinquennale  delle opere oggetto del finanziamento determina responsabilità erariale; sez. di appello per la Regione siciliana , con sentenza n. 93 del 7 marzo 2012 ha confermato la condanna di un presidente di società cooperativa in relazione al mancato compimento di un piano di ristrutturazione aziendale; sez. di appello per la regione siciliana sent. n. 57 del 10 febbraio 2012 ha confermato la condanna di una società a r.l. in relazione alla mancata realizzazione di un impianto sportivo; sez. di appello per la regione siciliana , sent. n. 4 del 4 gennaio 2012 ha confermato la condanna di un beneficiario di contributo AGEA soggetto misura di prevenzione antimafia , per il quale vigeva il divieto di percezione di contributi pubblici di cui all’art. 10 della legge 575/1965 (ora  art. 67 del d.lgs. n. 159/2011); ancora sez. Sicilia appelli, con la sentenza n. 152/2012 ha annullato la sentenza di primo grado che aveva prosciolto un convenuto per indebita percezione di fondi FEOGA da parte di soggetto sottoposto a misura di prevenzione antimafia in relazione alla procedura esecutiva posta in essere da AGEA sulla base del r.d. 639/1910, ritenendo non incidente sulla azionabilità del processo contabile l’espletamento di procedure amministrative di recupero da parte della pubblica amministrazione , salvo il caso della piena realizzazione del medesimo  (nel caso di specie non intervenuto).
In una vicenda  relativa  a fondi indiretti (FEOGA) erogati da Agea, che aveva dato luogo alla sentenza n. 54/2009 della sezione Veneto, con la quale era stata pronunciata condanna nei confronti di imprese agricole in forma societaria e persone fisiche per l’importo  di euro 3.613.644,41 in relazione alla indebita percezione di contributi per la messa al pascolo di bovini, i giudici contabili avevano fornito una in-terpretazione dei rapporti fra disciplina nazionale e disciplina comuni-taria opposta a quella adottata dal tribunale ordinario che aveva pro-nunciato assoluzione in relazione ai profili penali  della vicenda. La Corte di cassazione penale, con sentenza n. 42363/12 del 30 ottobre 2012, nel giudicare di un ricorso in fattispecie analoga relativo a sen-tenza emessa dalla Corte di appello di Trento, ha annullato la deci-sione di detta Corte di appello motivando con argomenti pienamente coincidenti con la decisione assunta dai giudici contabili veneti citando anche la sentenza della Corte dei conti a sostegno di detta interpretazione.
In un’altra vicenda di particolare rilievo sviluppata in ambito nazionale (su impulso iniziale dell’OLAF e  collaborazione investigativa della Guardia di finanza) diverse procure regionali sono state interessate per l’azione di responsabilità connessa all’ indebita percezione da parte di numerosissimi fittizi beneficiari di aiuti in agricoltura (Set Aside- messa a riposo dei terreni) erogati da AGEA con il concorso di alcuni funzionari dello stesso ente per un importo complessivo di oltre 26 milioni di euro, con emissione di atti di sequestro conservativo e successivi atti di citazione, che hanno dato luogo già ad alcune sentenze di primo grado (Marche, Puglia, Umbria, Sardegna).
Quanto ai dati numerici , in primo grado risultano essere state emes-se nel  2012 complessivamente 128 sentenze per un importo com-plessivo di 68.254.157,63  euro. Tra le decisioni di maggiore importo , in relazione ai vari fondi, si individua nel settore FESR, la sentenza  sez. Calabria n. 246/2012 per euro 1,7 milioni, relativa alla condanna di tre persone fisiche che, attraverso due società avevano percepito indebitamente fondi erogati nell’ambito del POR Calabria ottenuti at-traverso la falsa attestazione relativa all’acquisto  di macchinari usati anziché nuovi e false attestazioni relative  fittizi aumenti di capitale. Per quanto attiene al FEOGA si segnala la sentenza sez. Lazio n. 326/2012 per la condanna di amministratori di due cooperative che avevano indebitamente percepito contributi  per la coltivazione di pro-dotti tipici , per un importo di 2,7 milioni di euro. Per il Fondo sociale europeo la decisione di maggiore importo risulta emessa da sez. La-zio n. 345/2012, con condanna per euro 1,9 milioni nei confronti di srl e suo amministratore in relazione alla fittizia realizzazione di corsi di  formazione. Nel settore si richiama anche sez. Sicilia, n. 2947/2012 per euro 1,2 milioni di condanna nei confronti di amministratori e diri-genti regionali per indebita concessione di contributi. Per quanto at-tiene ai contributi nazionali ex legge 488/92 risultano decisioni di ele-vato importo, con condanna in favore del Ministero dello sviluppo e-conomico,  per loro  indebita percezione o irregolare utilizzazione sez. Calabria n. 2/2012 per euro 7,6 milioni , sez. Lazio n. 17/2012 per eu-ro 4,1 milioni, sez. Campania n. 672/2012 per 2,4 milioni, sez. Puglia n. 1610/2012 per 1,4 milioni, sez. Sicilia n. 1140 per 1,3 milioni. Con riguardo ad altre fonti di finanziamento nazionale o regionale , si regi-stra la sentenza sez. Lazio n. 1058/2012, con condanna  per euro 6,5 milioni a favore del Ministero degli affari esteri nei confronti di una società e del suo amministratore in relazione all’indebito utilizzo di fondi erogati nel settore della cooperazione internazionale umanitaria. Le sezioni di appello nel 2012 hanno emesso venti sentenze nel settore dei finanziamenti pubblici per un importo complessivo per un importo complessivo di euro 3. 760.879, 53. Per quanto attiene agli atti di citazione delle Procure regionali, risulta complessivamente, nella materia,  l’emissione di 175 atti di citazione per un importo complessivo  di euro 91.591.473,59. I dati globali dell’ultimo quinquennio  2008-2012, risultano i seguenti. Per le sentenze di primo grado emesse risultano complessive  402 sentenze , per un importo di condanne pari a totali euro 236.063.909,68. Nello stesso quinquennio per le citazioni emesse risultano complessivamente 761, per un importo totale pari a 605.501.840,76 euro.
Quanto ai rapporti della Procura generale della Corte dei conti italiana con  l’Ufficio europeo per la lotta alle frodi  (OLAF), il protocollo di collaborazione sottoscritto  il 23 giugno 2006 è stato, nel 2013, confermato ed integrato da un nuovo accordo di cooperazione amministrativa (ACA) secondo la nuova terminologia prevista dal nuovo regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indagini svolte dall’OLAF, n. 883/2013 dell’11 settembre 2013 (che abroga i precedenti regolamenti CE n. 1073/99 ed Euratom n. 1074/99) . Di particolare interesse, tra l’ altro, nel nuovo accordo è la previsione dell’assistenza dell’Olaf anche nella attività di esecuzione delle sentenze di condanna della Corte che riguardino fondi diretti (e la cui competenza, in quanto amministrazione danneggiata appartiene alla Commissione UE-servizio giuridico).



Note

(1) Cfr. A.GALIMBERTI, Fondi UE sorvegliati dalla Corte dei conti, in IL SOLE 24 ORE, 3 dicembre 2013; D.FERRARA, Truffa sui fondi UE. I giudizi si moltiplicano, in Italia Oggi, 3 dicembre 2013

(2) V. Senato della Repubblica-14^ Commissione permanente Politiche dell’Unione europea- Indagine conoscitiva sui profili di utilizzo e controllo dei fondi comunitari in Italia,  pagg. 31-32 “…L’altra grande famiglia dei fondi comunitari è costituita dai fondi tematici o a ge-stione diretta, cui la programmazione 2007-2013 ha stanziato il 10 per cento dell’ammontare complessivo delle risorse (105 miliardi di euro). ….Si tratta di fondi gestiti direttamente dalle direzioni generali della Commissione europea, senza intermediazioni di autorità nazionali o locali e seguendo criteri competitivi, quindi con partecipazione aperta a varie categorie di attori degli Stati membri. Questi fondi si sostanziano essenzialmente in sovvenzioni, a cui i soggetti eleggibili di volta in volta possono accedere direttamente, attraverso l’adesione a un bando o a un call for proposal , un invito a presentare proposte. Sebbene quantitativamente meno importanti rispetto agli strutturali, i fondi a gestione diretta stanno assumendo carattere sempre più strategico in un contesto mondiale globalizzato ed in forte concorrenza tra sistemi produttivi nazionali (in linea con la Strategia di Lisbona), e rappresentano certamente il futuro della politica regionale che vedrà il loro progressivo sostituirsi ai finanziamenti indiretti. L’importanza del fondo a gestione diretta sta anche nella sua funzione di “”richiamo”” per altri finanziamenti di natura internazionale e privata, che molto spesso seguono e si inseriscono nel solco tracciato da quello europeo. I fondi tematici comprendono un lungo elenco di materie che spaziano dall’istruzione agli affari sociali e occupazione, dalla cultura alla cittadinanza, alla ricerca, la scienza, l’ambiente, la sanità,la protezione civile e la cooperazione, con un’attenzione anche alle iniziative trasversali per favorire la competitività delle piccole e medie imprese (PMI), promuovere l’innovazione, le fonti alternative e l’efficienza energetica….”.     
(3) In argomento v. Rapporti fra sequestro penale e sequestro contabile in recenti esperienze in tema di frodi comunitarie nel settore delle  spese dirette, in Argilnews n.9 –settembre 2011(http://www.newsandsociety.net/pdf/201104-argilnews.pdf., nel quale si era riferito, in particolare della sentenza emessa dalla Corte dei conti per il Lazio, n. 880 del  7 giugno 2011 che aveva  condannato una ONG operante nei paesi in via di sviluppo per l’indebita percezione ed utilizzazione di fondi a risarcire all’Unione la somma di oltre 800 mila euro. 

(4) La Commissione europea riconosce la giurisdizione contabile italiana per le frodi, in Foroeuropa.it, gennaio 2013 e in Argilnews-dicembre2012-gennaio 2013 http://www.newsandsociety.net/pdf/20131-argilnews.pdf); 

(5) Per la tematica in generale si rinvia anche a “Riflessi finanziari del funzionamento del sistema giudiziario nel settore delle frodi ai finanziamenti pubblici comunitari” , in  AA.VV. , Amministrazione della giustizia, crescita e competitività del Paese , a cura di Giovanni Salvi e Renato Finocchi Ghersi, (pref. di Giovanni Maria Flick), ASTRID, 2012;  La circolazione della prova nel processo contabile, in Atti del VII Convegno di studi- UAE-OLAF  su “La circolazione della prova nell’Unione europea e la tutela degli interessi finanziari”, Milano, 27-29 gennaio 2011- ediz. 2011- CESPE (Centro studi di diritto penale europeo), pagg.  163-184; Aggiornamenti sulla responsabilità amministrativo contabile nell’ambito degli strumenti di contrasto alla corruzione e alla frode nei finanziamenti pubblici, in Rassegna dell’Arma dei carabinieri, 2010- luglio-settembre , n. 3, pagg. 127-148; Profili evolutivi del contrasto alla frode nei finanziamenti pubblici infrastrutturali, comunitari e nazionali, nella giurisdizione amministrativo contabile nel corso del 2009, in Atti del VI Convegno di studi UAE-OLAF – Milano 4-6 febbraio 2010,   su “Sequestro,  confisca  e recuperi a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea. La  legislazione comunitaria e l’attuazione nei paesi membri”, ed. Bruylant-Bruxelles-2010; La giurisdizione contabile nel contesto delle misure giudiziarie di contrasto e recupero dei fondi comunitari indebitamente erogati o utilizzati , in Atti del Programma Hercule II – coofinanziato dalla Commissione Europea – OLAF- Seminario di formazione permanente della Corte dei conti- Attività conoscitiva e di formazione nel settore dei recuperi amministrativi e giudiziari conseguenti a irregolarità e frodi nell’utilizzo delle risorse comunitarie- Fase conclusiva - Roma, 11-13 maggio 2010 , pubb. Roma , ottobre 2010; I sistemi di recupero , criticità e prospettive della giurisdizione della Corte dei conti, in Atti del Programma Hercule II – coofinanziato dalla Commissione Europea – OLAF- Seminario di formazione permanente della Corte dei conti- Attività conoscitiva e di formazione nel settore dei recuperi amministrativi e giudiziari conseguenti a irregolarità e frodi nell’utilizzo delle risorse comunitarie- Prima fase- Roma, 10-11-12 novembre 2009, pubb. Roma , aprile 2010; Frodi comunitarie in agricoltura e responsabilità amministrativo contabile: l’evoluzione della giurisprudenza negli anni 2006-2007, in www.foroeuropa.it-n.5-2008;Tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea e giurisprudenza della Corte dei conti” (nota a sent. Sez. reg. Lombardia n. 528 del 25 marzo 2004) in www.amcorteconti.it-2004; in www.foroeuropa.it-settembre 2004 e in Riv. Corte dei conti, 2004, 4- pp. ;Le frodi comunitarie nel settore delle azioni strutturali, in Rassegna dell’Arma dei carabinieri, 2000, n. 2, pp. 89-108. V. anche .C.  DE ROSE, Ritardi, irregolarità e frodi ai danni dell’Unione europea: relative misure di tutela, in Il Consiglio di Stato, 1996-5/6, pp. 1093 e ss.; V.TENORE, La nuova Corte dei conti, responsabilità, pensioni, controlli, Milano, 2013, pagg. 101-102

(6) La responsabilità amministrativo contabile si pone fra le varie possibili forme di responsabilità cui sono tenuti gli amministratori e funzionari pubblici come previsto dagli artt. 28 e 103 , comma 2°  della Costituzione,  e si caratterizza come responsabilità per danni cagionati allo Stato o agli enti pubblici sulla base di norme sia “civili” che “amministrative” ( art. 82 r.d. 18 novembre 1023 n. 2440-legge sulla contabilità di Stato; art. 52 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214- t.u. delle leggi sulla Corte dei conti; art. 18 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3- t.u. impiegati civili dello Stato;  art. 1 legge 14 gennaio 1994, n. 20- Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti). Gli elementi costituivi  di tale responsabilità sono individuati - nell’elemento oggettivo (danno  patrimoniale , ma  anche non patrimoniale,nel particolare profilo del pregiudizio per l’immagine  ) per le finanze dello Stato o di un ente pubblico) ; - nell’elemento soggettivo (dolo o colpa grave); - nel nesso di causalità fra la condotta e l’evento dannoso; -nella  sussistenza del rapporto di servizio fra autore del danno erariale e pubblica amministrazione intesa in senso lato. Cfr. V.TENORE, La responsabilità amministrativo contabile, in AA.VV., La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controlli, Milano, 2013.
 
(7) Reg. (CE) 25-10-2012 n. 966/2012-Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio , che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE/Euratom) n. 1605/2012 (Pubblicato nella G.U.U.E. 26 ottobre 2012, n. L 298).

(8) Reg. (CE) 25-10-2012 n. 966/2012, cit., art. 58  Metodi d'esecuzione del bilancio. 1.  La Commissione esegue il bilancio secondo i metodi seguenti: a)  direttamente ("gestione diret-ta"), a opera dei suoi servizi, compreso il suo personale presso le delegazioni dell'Unione sotto la supervisione del rispettivo capo delegazione, a norma dell'articolo 56, paragrafo 2, o tramite le agenzie esecutive di cui all'articolo 62; b) nell'ambito della gestione concorrente con gli Stati membri ("gestione concorrente"); oppure c) indirettamente ("gestione indiretta"), se l'atto di base lo prevede o nei casi di cui all'articolo 54, paragrafo 2, primo comma, lettere da a) a d), affidando compiti d'esecuzione del bilancio: i)  a paesi terzi o organismi da questi designati; ii)  a organizzazioni internazionali e rispettive agenzie; iii)  alla BEI e al Fondo europeo per gli investimenti; iv)  agli organismi di cui agli articoli 208 e 209; v)  a organismi di diritto pubblico;vi)  organismi di diritto privato investiti di attribuzioni di servizio pubblico nella misura in cui presentano sufficienti garanzie finanziarie; vii)  a organismi di diritto privato di uno Stato membro, preposti all'attuazione di un partenariato pubblico-privato e che presentano sufficienti garanzie finanziarie; viii)  alle persone incaricate di attuare azioni specifiche della PESC di cui al titolo V del TUE, che devono essere indicate nel pertinente atto di base. 2.  La Commissione rimane responsabile dell'esecuzione del bilancio a norma dell'articolo 317 TFUE e informa il Parlamento europeo e il Consiglio delle operazioni eseguite dalle entità e dalle persone delegate conformemente al paragrafo 1, lettera c), del presente articolo. Qualora l'entità o la persona delegata sia indicata in un atto di base, la scheda finanziaria di cui all'articolo 31 comprende una giustificazione completa della scelta di quella particolare entità o persona. 3.  Le entità e le persone delegate conformemente al paragrafo 1, lettera c), del presente articolo cooperano pienamente nella tutela degli interessi finanziari dell'Unione. Gli accordi di delega contemplano il diritto della Corte dei conti e dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) di esercitare globalmente le loro compe-tenze previste dal TFUE nel controllo-dei-fondi. La Commissione affida dei compiti d'esecu-zione del bilancio alle entità e alle persone di cui al paragrafo 1, lettera c), del presente arti-colo, a condizione che esistano procedure di ricorso trasparenti, non discriminatorie, efficien-ti ed efficaci per quanto riguarda l'effettivo espletamento di tali compiti. 4.  Tutti gli accordi di delega sono messi a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio su loro richiesta. 5.  Le entità e le persone delegate conformemente al paragrafo 1, lettera c), provvedono, a norma dell'articolo 35, paragrafo 2, del presente articolo, a una corretta pubblicazione annuale a posteriori delle informazioni sui destinatari. La Commissione è informata delle misure adottate a tale riguardo. 6.  Le entità e le persone delegate conformemente al paragrafo 1, lettera c), non hanno lo status di ordinatore delegato. 7.  La Commissione non conferisce i poteri d'esecuzione a terzi, ove detti poteri implichino un ampio margine di discrezionalità tale da esprimere scelte politiche. 8.  Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 210 riguardo a norme dettagliate concernenti i metodi d'esecuzione del bilancio, inclusa la gestione diretta, l'esercizio dei poteri delegati alle agenzie esecutive e disposizioni specifiche per la gestione indiretta con le organizzazioni internazionali, con gli organismi di cui agli articoli 208 e 209, con organismi di diritto pubblico od organismi di diritto privato investiti di attribuzioni di servizio pubblico, con organismi di diritto privato di uno Stato membro incaricati dell'attuazione di un partenariato pubblico-privato e con persone incaricate di attuare azioni specifiche nel settore della PESC..

(9) Dispone l’art. 17 (Enti pubblici: economie, controlli, Corte dei conti)  comma 30-ter-del d.l. n. 78/2009 convertito nella legge 102/2009 e come modificato dal d.l. 103 /2009 “Le procure della Corte dei conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Le procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’art. 7 della legge 27 marzo 2001 n. 97. A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 della legge 14 gennaio 1994 n. 20 è sospeso fino alla conclusione del proce-dimento penale”. Per entrambe le nuove previsioni il legislatore ha predisposto uno stringente meccanismo di controllo, definito dal periodo successivo del comma 30-ter non modificato dal decreto correttivo, e costituito dalla possibilità di esercitare, in ogni momento, un’azione di nullità relativa agli atti posti in essere dal procuratore contabile in violazione delle predette previsioni. Dispone lo stesso comma 30. ter che “Qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al presente comma, salvo che sia stata gia' pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' nullo e la relativa nullita' puo' essere fatta valere in o-gni momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, che decide nel termine perentorio di trenta giorni dal deposito della richiesta. …” La prima parte della nuova disposizione si riferisce in generale ad ogni attività istruttoria di competenza delle Procure della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativo contabile, e pongono specifiche problematiche in ordine ai presupposti per l’inizio di dette attività. In precedenza la disciplina delle fonti di notizia del danno erariale era limitata alle disposizioni contenute nel regolamento di procedura e nel testo unico della Corte dei conti, in materia di inizio dell’azione di responsabilità e di obbligo di denuncia di danno da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché nelle previsioni contenute nel codice di procedura penale e nella legge n. 97/2001 , relative alla  comunicazione da parte dell’autorità giudiziaria dell’inizio dell’azione penale o della emissione di sentenze di condanna per reati contro la pubblica amministrazione. In particolare, il regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti prevede che il giudizio di responsabilità amministrativa è istruito dal pubblico ministero presso la Corte dei conti di propria iniziativa ovvero su denuncia dell’amministrazione (art. 43 r.d. 13.8.1933, n. 1038, Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti).La denuncia costituisce, pertanto, la fonte notiziale principale per l’ufficio del pubblico ministero contabile e si aggiunge ad altre fonti informative, c.d. “non qualificate”, costituite da esposti o segnalazioni provenienti da soggetti privati, ovvero da notizie provenienti dagli organi di informazione. Ulteriori comunicazioni possono provenire dagli organi giudiziari penali, ordinari e militari, ma anche da altri organi della giurisdizione civile, amministrativa e tributaria, nonché dalla stessa Corte dei conti in sede di controllo   Finanche per le fonti anonime (diversamente da quanto previsto nell’art. 333, co. 3, c.p.p.) non vigeva un espresso divieto di utilizzo al fine dell’avvio degli accertamenti istruttori da parte delle procure regionali. Le disposizioni sull’obbligo di denuncia, originariamente incentrate sull’art. 53 del r.d. 12.7.1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) e su norme di richiamo, sono  state integrate dall’art. 1 della l. 14.1.1994, n. 20, che  con le modifiche apportate dal d.l. 23.10.1996, n. 543 convertito dalla l. 20.12.1996, n. 639, nel ridefinire numerosi aspetti della responsabilità amministrativo-contabile (elemento soggettivo, termini di prescrizione, limitazione della trasmissione ereditaria, generalizzazione della responsabilità parziaria salvo casi particolari, delimitazione delle responsabilità di organi politici e organi tecnici), ha anche previsto una nuova ipotesi di responsabilità per omessa o ritardata denuncia (co. 3), che si aggiunge alla responsabilità già individuata dall’art. 53 del t.u. La sinteticità delle previsioni normative aveva indotto la procura generale della Corte dei conti ad emanare nel tempo circolari interpretative (n. 7739 del 27 luglio 1990; n. 2 del 27 maggio 1996; n. 16 del 28 febbraio 1998), volte ad esplicitarne i contenuti, nella prospettiva di una completa e tempestiva segnalazione dei fatti dannosi, che costituisce il necessario presupposto di un’azione risarcitoria efficace. A. CIARAMELLA, Nuovi limiti ai poteri istruttori del P.M. contabile: garanzie e strumenti di tutela dei destinatari, in  Atti del corso di formazione per magistrati organizzato dal Consiglio di presidenza della Corte dei conti su “Il danno all’immagine nella giurisprudenza civile, amministrativa e contabile. Modifiche introdotte dal D.L. 78/2009 anche con riferimento alla cosiddetta nullità istruttoria”, Roma, 18 novembre 2009;  V.TENORE, Profili ricostruttivi dell’obbligo di denuncia alla Corte dei conti di fatti dannosi per l’erario, in Foro amm., 1997, pp. 1236 e ss.(nota a Corte dei conti, sez. riun., n. 6/A del 28 febbraio 1996) e F.G. GALEFFI, Responsabilità amministrativa per omessa denuncia, in Riv. Corte dei conti, 2004, 3, pp. 487 e ss. 

(10) Sul principio di autonomia fra azione contabile e giudizi civili, ammnistrativi o penali cfr. Cass. sez. un. civ., n. 822/99 del 23 novembre 1999 secondo cui la giurisdizione penale e quella civile risarcitoria da un lato e la giurisdizione amministrativa-contabile dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, dal momento che l’interferenza può avvenire tra i giudizi ma non fra le giuri-sdizioni (Cass. civ. sez. un. n. 639/ord./1991; Cass. civ. S.U. n. 5943/1993). La tesi della consumazione dell’azione di responsabilità esercitata innanzi alla Corte dei conti per i fatti dannosi in conseguenza dell’esercizio, in altra sede, di analoga azione esercitata dalla p.a. non rileva in termini di riparto della giurisdizione, ma di limiti alla proponibilità della prima e, quindi, concerne la deduzione di principi interni alla giurisdizione stessa. E’ pertanto i-nammissibile la deduzione di violazione del principio del ne bis in idem, che pretende di tra-sformare una questione di merito in questione di giurisdizione. Non sussiste alcun effetto di preclusione derivante dall’esercizio dell’azione civile in sede penale da parte dell’amministrazione danneggiata ed azione intestata al procuratore regionale, poiché non considerano il già richiamato principio di autonomia fra le medesime, affermato anche dalla Corte costituzionale (sent. n. 773 del 1988),  secondo cui ben possono coesistere le due azio-ni, esercitabili sino a quando sia stato conseguito integralmente, il bene della vita oggetto delle domande (Cass. sez. un. n. 310 del 27 maggio 1999, n. 933/99 SU del 21 ottobre 1999; n. 98 del  4 aprile 2000 ;  n. 1329 del 22 dicembre 2000, n. 179 dell’ 8 maggio 2001,  n. 5288 del 4 dicembre 2001; Cass. sez. III civ., n. 10287 del 16 luglio 2002;  n. 17166 del 3 dicem-bre 2002; n. 3795 del 14 marzo 2003 e n. 7765 del 19 maggio 2003;  Sez. Un. n. 22277 del 26 novembre 2004; n. 4957 dell’ 8 marzo 2005; Corte costituzionale , sentenza n. 272/2007 del 4 luglio 2007; Cass. Sez. un. civ. n. 15046 del 26 giugno 2009) e Cass. Sez. un. civ. n. 24149 del 25 ottobre 2013. 

(11) Gli strumenti di recupero dei via amministrativa o giudiziale civile (normalmente collegati dai mezzi di impugnazione) dei fondi indebitamente erogati , sono costituiti dall’ingiunzione di pagamento prevista dal r.d. 14 aprile 1910 n. 639 (Approvazione del testo unico delle di-sposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato) , della ri-scossione esattoriale di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e al dpr 29 settembre 1973 n. 602, dell’ordinanza ingiunzione  emessa ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 ri-chiamata dall’art. 2 della legge 23 dicembre 1986 n. 898 (Conversione in legge, con modifi-cazioni, del decreto legge 27 ottobre 1986, n. 701, recante misure urgenti in materia di con-trolli degli aiuti comunitari alla produzione dell’olio d’oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo, con possibilità di opposizione al tribunale in composizione monocratica, ovvero dall’azione civile di cognizione promossa nei modi ordinari (art. 163 c.p.c. ) o con il nuovo giudizio sommario di cognizione (legge 18 giugno 2009 n. 69- artt. 702bis-702 ter-702-quater c.p.c. ) cfr. al riguardo V.AMATO, Profili civili-stici delle irregolarità e frodi comunitarie, in Atti del Seminario Hercule II-Corte dei conti-OLAF- Attività conoscitiva e di formazione nel settore dei recuperi amministrativi e giudi-ziari conseguenti a irregolarità e frodi nell’utilizzo della risorse comunitarie, Roma, 10-12 novembre 2009. 
 
(12) Reg. (CE) 25-10-2012 n. 966/2012, cit., art. 189  Convenzioni di finanziamento relative all'attuazione di azioni esterne” 1.  L'esecuzione delle azioni esterne implica uno o più stru-menti fra i seguenti: a)  un accordo di finanziamento tra la Commissione e un'entità o una persona di cui all' articolo 185; b)  un contratto o una convenzione di sovvenzione tra la Commissione e persone fisiche o giuridiche incaricate della realizzazione. Le condizioni alle quali è fornito l'aiuto esterno sono fissate nello strumento che gestisce le convenzioni di fi-nanziamento, i contratti o le convenzioni di sovvenzione di cui alle lettere a) e b) del primo comma. 2.  Le convenzioni di finanziamento con le entità di cui al paragrafo 1, primo com-ma, lettera a), sono concluse entro il 31 dicembre dell'anno n + 1, dove l'anno n è quello nel corso del quale è stato adottato l'impegno di bilancio.
Le convenzioni di finanziamento stabiliscono il periodo entro il quale le entità di cui al para-grafo 1, primo comma, lettera a), concludono i singoli contratti e le convenzioni di sovven-zione per l'attuazione dell'azione. Detto periodo non può superare i tre anni a decorrere dalla data di conclusione della convenzione di finanziamento, eccetto: a)  le azioni finanziate da una pluralità di donatori; b)  i singoli contratti relativi alla revisione contabile e alla valuta-zione; c)  nelle seguenti circostanze eccezionali: i)  sono aggiunte clausole a contratti che so-no già stati conclusi; ii)  singoli contratti devono essere conclusi dopo la risoluzione anticipa-ta di un contratto esistente; iii)  variazione dell'entità incaricata dello svolgimento dei compi-ti. 3.  Nei seguenti casi il paragrafo 2 non si applica ai programmi pluriennali attuati mediante impegni frazionati: a)  lo strumento di assistenza preadesione; b)  lo strumento della politica europea di vicinato e partenariato. In tali casi, gli stanziamenti sono automaticamente disimpegnati dalla Commissione in conformità delle normative settoriali. 4.  Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 210 riguardo a norme dettagliate concernenti convenzioni di finanziamento riguardanti l'attuazione di azioni esterne”.

(13) TFUE-Art. 299. “ Gli atti del Consiglio, della Commissione o della Banca centrale europea che comportano, a carico di persone che non siano gli Stati, un obbligo pecuniario costitui-scono titolo esecutivo. L'esecuzione forzata è regolata dalle norme di procedura civile vigenti nello Stato sul cui territorio essa viene effettuata. La formula esecutiva è apposta, con la sola verificazione dell'autenticità del titolo, dall'autorità nazionale che il governo di ciascuno degli Stati membri designerà a tal fine, informandone la Commissione e la Corte di giustizia dell'Unione europea. Assolte tali formalità a richiesta dell'interessato, quest'ultimo può otte-nere l'esecuzione forzata richiedendola direttamente all'organo competente, secondo la legi-slazione nazionale. L'esecuzione forzata può essere sospesa soltanto in virtù di una decisione della Corte. Tuttavia, il controllo della regolarità dei provvedimenti esecutivi è di competenza delle giurisdizioni nazionali”.

(14) La nozione di autotutela amministrativa  è descritta in dottrina nell’ambito dei procedimenti di secondo grado e si realizza attraverso l’annullamento di ufficio, la revoca e la sospensione dell’efficacia dell’atto. Si tratta di provvedimenti nei quali la pubblica amministrazione tutela i propri interessi rimuovendo di propria iniziativa un atto viziato o inopportuno , sottraendosi in tal modo alle conseguenze dannose che possano derivare dal medesimo provvedimento. Nell’esercizio di tale potestà, anche nel caso dell’annullamento di un atto illegittimo la pubblica amministrazione deve valutare l’esistenza di un interesse pubblico attuale. In altre parole l’amministrazione deve  porre a raffronto i vantaggi e gli inconvenienti che ad essa ed ai terzi possono derivare. Tale interesse è escluso (e quindi l’annullamento di ufficio non è legittimo) se l’eliminazione dell’atto viziato non è di nessuna utilità per l’amministrazione; a maggior ragione se nel corso del tempo l’atto di cui ora si constata l’illegittimità ha determinato il consolidarsi di situazioni giuridiche dei destinatari, o il formarsi di situazioni giuridiche dei terzi, derivate dalle prime, o ad esse connesse, talché l’annullamento determinerebbe una turbativa dell’ordine giuridico più grave di quella della persistenza dell’atto viziato .V. M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, Milano, 1988, vol. II, pagg. 712-714; A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, pagg. 196 per i quali l’autotutela individua uno degli attributi dell’autorità (o “autarchia”) dei provvedimenti amministrativi, individuati nell’imperatività (produzione di mutazioni nelle situazioni giuridiche dei destinatari indipendentemente dal loro concorso o dalla loro collaborazione) e nell’autotutela (possibilità per l’autorità amministrativa di realizzare unilateralmente e se necessario, coattivamente, le situazioni di vantaggio che col provvedimento nascono a favore dell’amministrazione); M. CHIAPPETTA, L’autotutela amministrativa (c. Bruzzone, Cons. Stato, sez. V, decisione 10 maggio 1929, n. 270) in  AA.VV. (a cura di G.PASQUINI e A.SANDULLI), Le grandi decisioni del Consiglio di Stato, Milano, 2001, pp. 141-152;F.CARINGELLA, Compendio di diritto amministrativo, Roma, 2008, pp. 372 e ss. ;A.VETRO, L’esercizio dell’autotutela da parte della pubblica amministrazione.Riflessi sulla responsabilità amministrativa dei pubblici funzionari, in www.contabilità-pubblica.it; v. anche “Spending review e nuove ipotesi di annullamento d’ufficio e revoca di atti amministrativi” in Argilnews-maggio2012 (http://www.newsandsociety.net/pdf/201205-argilnews.pdf).

(15) TFUE- art. 263 “La Corte di giustizia dell'Unione europea esercita un controllo di legitti-mità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inol-tre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell'Unione destinati a pro-durre effetti giuridici nei confronti di terzi. A tal fine, la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere, pro-posti da uno Stato membro, dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Commissione. La Corte è competente, alle stesse condizioni, a pronunciarsi sui ricorsi che la Corte dei conti, la Banca centrale europea ed il Comitato delle regioni propongono per salvaguardare le proprie prerogative. Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguar-dano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano diret-tamente e che non comportano alcuna misura d'esecuzione. Gli atti che istituiscono gli organi e organismi dell'Unione possono prevedere condizioni e modalità specifiche relative ai ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro atti di detti organi o organismi destinati a produrre effetti giuridici nei loro confronti. I ricorsi previsti dal presente articolo devono es-sere proposti nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell'at-to, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza”.  TFUE-Articolo 274 “Fatte salve le competenze attribuite alla Corte di giustizia dell'Unione europea dai trattati, le controversie nelle quali l'Unione sia parte non sono, per tale motivo, sottratte alla competenza delle giurisdizioni nazionali”.

(16) C.MALINCONICO, Aiuti di Stato, in AA.VV., Trattato di diritto amministrativo europeo, (a cura di M. CHITI-G.GRECO), Milano, 1997, Parte speciale, I, pp. 55 e ss.; C.PINOTTI, Gli aiuti di Stato alle imprese nel diritto comunitario della concorrenza, Padova, 2000; F.MARTINELLI,  Manuale di diritto dell’Unione europea. Aspetti istituzionali e politiche dell’Unione, Napoli, 2013, pp. 324 e ss.  ; G.GRASSO, Rassegna di giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di aiuti concessi agli Stati (2008-2013),I parte, in Foro it., 2013, IV, 288 e ss; II parte in Foro it., 2013, IV, 345 e ss.

(17) La sostanziale equiparazione del danno nazionale al danno alla Comunità era stata affermata nella sentenza della Corte dei conti- sez. giurisdizionale regione Lombardia, n. 528 del 25 marzo 2004--est. Tenore in  Riv. Corte dei conti, 2004. La sentenza aveva  riconosciuto la diretta azionabilità, innanzi alla Corte dei conti italiana di un danno subito dall’Unione in relazione ad un indebito utilizzo, da parte di amministratori comunali, di un contributo comunitario relativo al “progetto TACIS” (interamente finanziato dalla comunità con l’obiettivo di promuovere lo scambio di competenze fra enti di Paesi membri ed enti di paesi  ex URSS).  La sentenza richiamava il principio di cui all’art. 1 comma 4 della legge 20/1994 circa la giurisdizione della Corte dei conti anche per i danni cagionati ad “ente diverso da quello di appartenenza”, per individuare, quale “ente diverso” la stessa Comunità europea. A ciò aggiungeva il richiamo al disposto dell’art. 280 del Trattato della Comunità europea che affermava il principio dell’assimilazione secondo il quale, come già in precedenza sottolineato, gli Stati membri, nel combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità adottano le stesse misure previste per la tutela degli interessi finanziari nazionali. In tal modo, oltre alla tutela penalistica , tale principio “…è estensibile anche alla tutela civile e amministrativo contabile, con conseguente applicazione delle regole della legge 14.1.1994, n. 20, anche ai danni arrecati all’Unione europea da pubblici amministratori e funzionari, e ciò anche in caso di comportamenti che non configurino vere e proprie “”frodi comunitarie”” – caratterizzate da volontarietà della condotta- ma mere “”irregolarità” , non miranti ad uno scopo illecito, ma pur sempre foriere di un danno economico per la Comunità europea. In altre parole, anche per la tutela amministrativo contabile della Comunità europea, così come è avvenuto per la tutela penale, l’interpositio legislatoris  nazionale, volta a dare attuazione al principio di “”assimilazione””  dell’art. 280 del trattato CE  risulta operata dal nostro legislatore attraverso l’art. 1 comma 4 della legge 14.1.1994 n. 20 che consente a questa Corte dei conti di sindacare anche i danni arrecati alla Comunità europea…”. La sentenza di primo grado venne poi confermata dalla sentenza della Corte dei conti- sezione I centrale n. 385 del 7 ottobre 2010. Il richiamo al principio di assimilazione trova un autorevole precedente nella già citata sentenza Corte di giustizia CE, 3^ sezione 23 novembre 1995-causa C-476/93P, in Rass. Avv. Stato, 1995,4, pp. 369 e ss. con nota di O.FIUMARA, Il c.d. principio di assimilazione nelle frodi comunitarie: la funzione dell’Avvocatura dello Stato a tutela degli interessi nazionali e comunitari.  La Corte di cassazione aveva peraltro già  ritenuto,  in tema di truffa aggravata ex art. 640 c.p. in relazione ai fondi agricoli (FEAOG-Garanzia) che la Comunità va considerata ente pubblico nel nostro ordinamento oltre che in quello comunitario (Cass. pen. s.u. 24/1/1996), così come la C. conti, sez. I , con la sentenza 24 luglio 1989 n. 316 in materia doganale, aveva configurato un danno comunitario (“...è configurabile un danno all’erario CEE ogni qual volta in un singolo Stato membro si verifichi un’evasione di dazi doganali su merci provenienti da paesi terzi...”) ritenendo “...titolare dell’azione di  recupero in danno del responsabile lo Stato che è tenuto a conferire l’equivalente dazio.

(18) Le definizioni di frode e irregolarità non sono contenute nel Trattato ma in atti convenzio-nali o regolamentari. In particolare per l’ art. 1 della Convenzione relativa alla tutela degli in-teressi finanziari delle Comunità europee, adottata il 26 luglio 1995 (ratificata dall’Italia con la legge n. 300/2000) - “...costituisce frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee: a) in materia di spese, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa: - all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse; alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui conse-gua lo stesso effetto; -alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi; b) in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:- all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse; alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto; alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto cui consegua lo stesso effetto...”. Alla convenzione PIF si sono aggiunti il primo protocollo del 27 settembre 1996 (atto del Consiglio 96/C e 313/01) che ha introdotto l’obbligo per gli Stati di prevedere sanzioni penali per fatti di corruzione, attiva e passiva, commessi da funzionari comunitari e di un qualsiasi Stato membro  suscettibili di recare pregiudizio agli interessi finanziari comunitari e il secondo protocollo  del 19 giugno 1997 che ha previsto strumenti di cooperazione giudiziaria e  di cooperazione con la Commissione, con scambio di  informazioni diretto a garantire azioni efficaci contro la frode, la corruzione, il riciclaggio e obblighi in tema di  incriminazione del riciclaggio, di confisca dei proventi di tali reati e della corruzione passiva e di responsabilità delle persone giuridiche per frodi, corruzione attiva e riciclaggio. Ulteriore protocollo del 29 novembre 1996 ha riguardato l’interpretazione pregiudiziale della convenzione da parte della Corte di Giustizia. Sempre in ambito comunitario è stata adottata la Convenzione del 26 maggio 1997 relativa alla lotta contro la corruzione, nella quale sono coinvolti i funzionari della Comunità europea o degli Stati membri. Il 17 ottobre 2002, in tutti gli Stati membri sono entrati in vigore, la Convenzione PIF del 26 luglio 1995, nonché il primo protocollo del 27 settembre 1996 e il protocollo del 29 novembre 1996. L’ Italia nell’ agosto 2008, ha ratificato il secondo protocollo del 19 giugno 1997. La nozione di “irregolarità” era fissata nell’art. 1,2° comma del Regolamento (CE- Euratom) n. 2988/95 del Consiglio adottato il 18 dicembre 1995 ed è ora contenuta nel Regolamento (CE) 2035/2005 della Commissione del 12 dicembre 2005, che modifica il regolamento (CE) n. 1681/94 relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell’ambito del finanziamento delle politiche strutturali nonché all’organizzazione di un sistema di informazione in questo settore. Il nuovo regolamento ha aggiunto al regolamento 1681/94 l’art. 1 bis contenente varie definizioni tra le quali : 1) “Irregolarità”: qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario, derivante dall’azione o dall’omissione di un operatore economico, che ha o avrebbe l’effetto di arrecare un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità europee attraverso l’imputazione al bilancio comunitario di una spesa indebita; 2) “operatore economico”: qualsiasi  soggetto che partecipa alla realizzazione di un intervento dei Fondi, ad eccezione degli Stati membri nell’esercizio delle loro prerogative di diritto pubblico; 3) “primo atto di accertamento amministrativo o giudiziario”: una prima valutazione scritta stilata da un’autorità competente, amministrativa o giudiziaria, che in base a fatti concreti accerta l’esistenza di un’irregolarità, ferma restando la possibilità di rivedere o revocare tale accertamento alla luce degli sviluppi del procedimento amministrativo o giudiziario; 4) “sospetto di frode”: irregolarità che dà luogo, a livello nazionale, all’avvio di un procedimento amministrativo o giudiziario volto a determinare l’esistenza di un comportamento intenzionale, in particolare di una frode ai sensi dell’art. 1, paragrafo 1 lettera a) della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee; 5) “fallimento”, le procedure concorsuali di cui all’art. 2 lettera a) del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio. La nozione di frode è stata di recente richiamata nel regolamento CE n 883/2013 dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta alla frode (OLAF) e che abroga il regolamento CE n. 1073/99 e il regolamento Euratom n. 1074/1999, in particolare nell’art. 2 (Definizioni) “Ai fini del presente regolamento si intende per 1) “interessi finanziari dell’Unione”, entrate, spese e beni coperti dal bilancio dell’Unione europea, nonché coperti dai bilanci della istituzioni, degli organi e degli organismi e i bilanci da essi gestiti e controllati; 2) “ irregolarità”, un’irregolarità quale definita dall’art. 1, par. 2, del regolamento CE-Euratom, n. 2988/95; 3) “Frodi , corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione”, la definizione data a tali termini nei pertinenti atti dell’Unione; 4) “Indagine amministrativa” (2indagine”) ogni controllo, verifica e operazione svolti dall’Ufficio conformemente agli artt. 3 e 4, al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’art. 1 e di accertare, ove necessario, il carattere irregolare delle attività controllate; tali indagini non incidono sui poteri della autorità competenti degli Stati membri di avviare procedimenti pe-nali; 5) “Persona interessata” ogni persona o operatore economico sospettati di aver commesso frodi, corruzione o ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione e che sono pertanto oggetto di indagine da parte dell’Ufficio; 6) “Operatore economico” la definizione data a questo termine dal regolamento CE/Euratom n. 2988/95 e dal regoamento Euratom/ CE 2185/96; “Accordi amministrativi”, accordi a carattere tecnico e/o operativo conclusi dall’Ufficio che possono avere come obiettivo, in particolare, di agevolare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le parti e che non creano ulteriori obblighi giuridici”. 

(19) TFUE-Articolo 325”1.  L'Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell'Unione.2.  Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari.3.  Fatte salve altre disposizioni dei trattati, gli Stati membri coordinano l'azione diretta a tutelare gli interessi finanziari dell'Unione contro la frode. A tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti. 4.  Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, previa consultazione della Corte dei conti, adottano le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell'Unione. 5.  La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell'attuazione del presente articolo”. 

(20) A. VETRO, Il principio di assimilazione e sua applicazione in tema di giurisdizione della Corte dei conti per danni all’erario dell’Unione europea, in www.contabilità-pubblica.it.

(21) Gli articoli 316 ter e 640 bis del codice penale puniscono le condotte di chi, attraverso artifizi o raggiri, ha percepito indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni concesse o erogate da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, o di chi non li ha destinati alle attività di pubblico interesse per le quali erano stati concessi: si tratta di risorse, spesso ingenti, così sottratte al bene pubblico; sono, contestualmente, flussi finanziari deviati rispetto alla loro destinazione finale, e, quindi, al tentativo di arginare e avviare a riduzione il ritardo che tuttora caratterizza alcune aree del Paese. Il fenomeno della indebita percezione o utilizzazione di finanziamenti prevede ulteriori ipotesi  quali   l’ art. 2 legge 23 dicembre 1986, n. 898 come modificato dall’art. 73 della legge 19 febbraio 1992 n. 142 (frode FEOGA) e l’ art.316 bis (malversazione a danno dello Stato, di altro ente pubblico o delle Comunità europee).Vi sono inoltre le previsioni sulla responsabilità degli enti di cui all’art. 24 del d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 (reati di truffa e indebita percezione di cui artt. artt. 640 n.1, 640 bis, 640 ter.2, 316 bis e 316 ter c.p. e di corruzione ex artt. 318, 319, 319 bis e ter, 320, 321, 322, 322 bis c.p.). La giurisprudenza penale si è in particolare soffermata sui rapporti fra tali fattispecie valorizzando il criterio dello sviamento delle risorse, richiamato anche nella ordinanza 4511/2006 della Corte di cassazione a sezioni unite civili che ha riconosciuto la giurisdizione contabile nei confronti  dei beneficiari finali. In tal senso la Corte di cassazione penale, sez. unite,  con la sentenza n. 26351 del 10 luglio 2002 (Fedi) ha precisato che l’art. 640 bis costituisce circostanza aggravante del reato di truffa, sicché  tale fattispecie “…è applicabile solo quando la fraudolenta captazione di una pubblica sovvenzione sia riferibile ad un’opera o a un’attività di interesse pubblico…”, precisandosi anche che per la configurazione della fattispecie è sufficiente che si realizzi uno sviamento della destinazione delle pubbliche risorse. Ne consegue “…che è ravvisabile il suddetto delitto nell’ipotesi in cui , al di là della effettiva realizzazione dei lavori finalizzati, siano state prospettate modalità di esecuzione degli stessi diverse da quelle utilizzate…” (Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 938 del 19 gennaio 2001). Perché si configuri il reato di cui all’art. 640 bis. c.p. è necessario che la condotta sia connotata da un “quid pluris” rispetto alla semplice esposizione di dati falsi, comportamento che invece caratterizza le due ipotesi di reato previste dall’art. 316 ter c.p. (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) e dall’art. 2 della legge 898/86. Quest’ultimo reato, che attiene in particolare ai fondi erogati dal FEOGA, ha carattere “sussidiario” rispetto a quello di truffa aggravata ed è configurabile solo quando il soggetto si sia limitato semplicemente all’esposizione di dati e notizie falsi, e non anche quando alle false dichiarazioni si accompagnino artifici e /o raggiri di altra natura, che integrano invece il reato di truffa aggravata (Cass. sez. un . n. 2780 del 15 marzo 1996-Panigoni). Dalla combinazione delle due norme deriva che “…in materia agricola il semplice mendacio trova uno specifico regime sanzionatorio in ipotesi scoperte dalla previsione dell’art. 640 bis. c.p…”. L’art. 316 ter c.p. costituisce un’ipotesi sussidiaria di carattere generale (al di fuori del FEOGA) essendo integrata anch’essa da un comportamento di mendacio, che può concorrere, come l’art. 2 della legge 898/96 con il delitto di falso di cui all’art. 483 c.p. (Cass. pen. Sez. VI, n. 41928 del 23 gennaio 2001; Cass. pen. Sez. V, n. 10313 del 30 settembre 1998). Sui rapporti fra l’art. 316 ter e quello di truffa aggravata v. anche Cass. pen. Sez. III, 18 novembre 2003, per un’ ipotesi di relativa a corsi di formazione professionale, integrante il reato di cui all’art. 640 bis. c.p., ravvisandosi artifici e raggiri ed induzione in errore della p.a. nelle false comunicazioni riguardanti le modalità di espletamento dei corsi . L’art. 316 bis c.p. ha la finalità di perseguire le frodi “successive” al conseguimento delle prestazioni pubbliche,erogate a titolo di sovvenzioni, contributi o finanziamenti,  in quanto lo scopo pubblico per il quale sono erogate verrebbe frustrato dall’elusione del vincolo di destinazione (Cass. pen. Sez. VI, n. 3362 del 15 dicembre 1992- Scotti). Le frodi in materia di entrate comprendono varie ipotesi di evasione di diverse forme impositive (prelievi agricoli e dazi doganali) previste in relazione ai regimi doganali disciplinati dal diritto doganale comunitario e nazionale, e comprendono anche  i reati di contrabbando (art. 282 e ss. del D.P.R. 43/1973) e le frodi in materia di IVA. Il criterio dello “sviamento” della destinazione delle risorse pubbliche è costante nella giurisprudenza penale . Osserva P.FIMIANI, L’attuazione della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee nell’ordinamento italiano: profili sostanzial-penalistici, in Atti del CSM-Incontro di studio sul tema “La protezione degli interessi finanziari della Comunità europea”-Roma, 29 novembre-1° dicembre 2004.che “…proprio perché la nozione di patrimonio deve essere intesa in senso dinamico o funzionale, come corretta allocazione delle risorse pubbliche “” nel delitto di cui all’art. 640 bis c.p. il danno patrimoniale dell’ente pubblico si identifica non con il lucro cessante, bensì soltanto con il danno emergente sorto al momento dell’elargizione in denaro in conseguenza di una falsa prospettazione riguardante la spesa. Ne consegue che è ravvisabile il suddetto delitto nell’ipotesi in cui, al di là della effettiva realizzazione dei lavori finanziati, siano state prospettate modalità di esecuzione degli stessi diverse da quelle utilizzate…” (Cass. pen. Sez. VI, n. 938 del 19 gennaio 2004 , Oddo, secondo cui “…quando l’ente pubblico viene indotto, mediante artifici e raggiri ad erogare una o più rate di mutuo in mancanza di corrispondenti investimenti si verifica “”ipso iure”” il danno patrimoniale dell’istituto che è appunto quello di un esborso patrimoniale non previsto ed anzi vietato dalle leggi istitutive dell’ente medesimo…”). V. anche  nota di A. FANELLI , in Foro. It., 2004, I, 1324 e Cass. 2 ottobre 2003, Cassisa, in Foro it., 2005, II, 55, secondo cui  “Posta la natura sussidiaria del reato di indebita percezione delineato nell’art. 2 legge 23 dicembre 1986 n. 898, deve ritenersi che allorché l’agente non si limiti ad esporre all’ente erogatore falsi dati o false notizie, ma invece trasferisca gli o gli altri in pubblici documenti ovvero fornisca alla falsa rappresentazione della realtà un supporto avente efficacia probatoria, la condotta eccede i confini di tale falsa rappresentazione per connotarsi, a tal punto, di veri artifici, dovendosi nei medesimi ricomprendere la simulazione o la dissimulazione della realtà mediante la stessa creazione della situazione di apparenza, resa credibile dalla prefabbricata costruzione documentale ed integra quindi il reato di cui all’art. 640 bis…”. V. anche L.MAZZA, L’indebita captazione di erogazione a carico del FEOGA tra specialità e sussidiarietà, in Giurisprudenza costituzionale, 1994,1,pp.177 e ss;  A.PERDUCA,Falsa fatturazione e frode comunitaria,in  Cass. pen., 1997, 6,pp. 1945 e ss.; V.VALENTINI, L’effetto boomerang dell’art. 316 ter fra principi costituzionali ed “”obblighi comunitari , in Cass. pen. 2005, pp. 65; B. PIATTOLLI, Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, Milano 2002; G.MARIELLA-G.PEZZUTO, Il bilancio comunitario ed il concetto di frode comunitaria, in Rivista Guardia di F., 1997, 6, pp.2381 e ss.; G.GIOVE, Il concorso di reati nelle frodi comunitarie, in Silvae (rivista del Corpo forestale dello Stato) , 2005-2, pp.283 e ss.; G.SALVI, ,L’adozione di misure cautelari reali: la confisca ex art. 335 bis c.p. , la confisca per equivalente ex art. 19 d.lgs. 231/2001, in  Atti del Seminario Hercule II-Corte dei conti-OLAF- Attività conoscitiva e di formazione nel settore dei recuperi amministrativi e giudiziari conseguenti a irregolarità e frodi nell’utilizzo della risorse comunitarie, Roma, 10-12 novembre 2009.  Per i collegamenti fra finanziamenti comunitari e criminalità organizzata cfr.  R. SCARPINATO, Le mani della mafia su Agenda 2000 , in La Repubblica, 4.12.2000, pag. 19; N.PENELOPE, Soldi rubati, Milano, Salani ed., 2011, pagg. 238 e ss. ; Commissione parlamentare antimafia - XV legislatura- Relazione sulla organizzazione criminale calabrese denominata“n’drangheta”. In tale relazione oltre ad una serie di approfondite analisi e considerazioni sulle origini e il recente sviluppo dell’attività dell’organizzazione e sulla sua espansione nazionale ed internazionale è stato anche evidenziata la rilevante incidenza, nell’attività dell’organizzazione, di azioni di infiltrazione e corruzione di pubblici funzionari connessa ai molto consistenti flussi di finanziamento pubblico, di derivazione nazionale ma anche comunitaria, erogati nei settori degli appalti pubblici, del  sostegno all’impresa, dell’agricoltura e della  formazione professionale (cfr. pag. 100 e ss. “...Alle tradizionali  forme di arricchimento e di accumulazione dei profitti la n’drangheta coniuga da sempre il proprio primato nella gestione dei grandi flussi di denaro pubblico. Le modalità di accaparramento sono varie -appalti pubblici, contributi, frodi comunitarie, truffe in danno di enti, etc. - ma hanno come dato comune il condizionamento degli amministratori locali e l’inquinamento della pubblica amministrazione…”). In particolare, per quanto attiene ai finanziamenti di derivazione comunitaria viene osservato  (pagg. 105 e ss.) che “…In Calabria e nel suo sistema economico- imprenditoriale  tutto dipende dal sostegno e dai finanziamenti pubblici: dalle imprese industriali all’agricoltura, dalla pesca, all’artigianato, al turismo. Non c’è settore che non si alimenti di “”contributi”” statali o europei e non c’è impresa nella o sulla quale la n’drangheta non eserciti un suo ruolo ed una sua funzione di intermediazione quando non di gestione diretta…L’utilizzo di fondi pubblici erogati dallo Stato e dall’Unione europea è storicamente uno dei canali privilegiati di finanziamento e riciclaggio della n’drangheta…”. Nell’ambito di una diffusa illustrazione della specifica questione (cfr. pagg. 110-120) la relazione richiama anche i risultati delle indagini svolte dalla Corte dei conti in sede di controllo (cfr. pag. 111 “…l’esistenza di numerose frodi ai danni del pubblico erario, perpetrate tanto da singole imprese, quanto da imprese stabilmente legate ad organizzazioni criminali e consorterie di n’drangheta, è reiteratamente segnalata dalla Corte dei conti. La normalità di questo meccanismo corruttivo è possibile anche per l’assoluta insufficienza dei vigenti sistemi di prevenzione di tali reati, senza che , tuttavia, negli anni in cui sono arrivati questi fiumi di denaro pubblico, nessuna amministrazione , locale e regionale, di qualunque segno e orientamento politico, si sia fatta carico di rafforzare gli strumenti di controllo. In particolare, la Sezione affari comunitari della Corte dei conti ha approvato la deliberazione 2/2007 del 21 febbraio 2007, una relazione concernente “”Irregolarità e frodi in materia di fondi strutturali con particolare riguardo al Fesr nella regioni Obiettivo 1”” che reca una specifica attenzione al fenomeno delle frodi in Calabria. Inoltre, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria ha approvato con deliberazione 27 giugno 2006 una “”Relazione sul funzionamento dei controlli regionali sui fondi comunitari(POR Calabria)””…”. Osserva la Commissione Antimafia (pagg. 112 e ss.) che “…tali relazioni, che hanno tenuto conto dei dati acquisiti negli anni 2005 e 2006, ma che sono temporalmente riferite ad una più lunga serie storica, hanno evidenziato come il problema fondamentale sia rappresentato da carenza, inefficienza e insufficienza di controlli sulle erogazioni, dall’approssimazione nella formazione dei bandi e nella stessa gestione della procedura comparativa. Tali carenze dipendono fondamentalmente dall’assenza di una normativa nazionale e comunitaria che affidi ad organismi pubblici e terzi le procedure di controllo. A livello nazionale con la modifica del titolo V della costituzione, nel 2001 sono stati soppressi i controlli preventivi di legittimità, affidati ad appositi organi statali e regionali, rispettivamente sugli atti delle regioni e degli enti locali, senza che sia stata predisposta una rete di controlli nuova ed efficiente. Il risultato è stato quello di rendere permeabili ed esposte alle infiltrazioni mafiose le procedure di aggiudicazione poste in essere dagli enti territoriali, con atti praticamente esenti da un controllo di legalità, prima che di legittimità. Altrettanto inutili si sono rivelati i controlli interni alle amministrazioni, cui il legislatore, già con le riforme “”Bassanini”” del 1997, aveva demandato la verifica della legittimità dell’attività amministrativa. Infatti i controlli interni prevedono che sia l’amministrazione controllata a nominare e retribuire i controllori. Come è evidente un meccanismo simile non demarca alcun confine tra controllore e controllati, anzi è proprio questo sistema che favorisce le sistematiche appropriazioni di risorse pubbliche da parte delle cosche…”.   

(22) Cfr. Corte dei conti, Sezione affari comunitari e internazionali- Relazione annuale 2008-delib. n. 2/2009 cit.,pagg. 318-319.

(23) Cfr. I lavori in corso per l’istituzione del procuratore europeo antifrode, in   Argilnews-febbraio 2013 http://www.newsandsociety.net/pdf/20132-argilnews.pdf);

(24) cfr. V. FERRARA-M.UGUZZONI, Le Frodi comunitarie nel comparto agroalimentare, Sant’Arcangelo di Romagna , 2010, pag. 89 e ss.  cap. 4 “Tutela penale e responsabilità am-ministrativo contabile”. 

(25) S.NOTTOLA, relazione PG per l’anno giudiziario della Corte dei conti 2013, in www.corteconti/procuragenerale.it

(26) Cass. Sez. un civ. n. 9846 del 5 maggio 2011.
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