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La Turchia tra cultura e tradizione

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L’Unesco riconosce nove siti turchi Patrimonio Mondiale dell’Umanità

di Simona Corsetti
Situata al crocevia tra Europa e Asia, la Turchia è un Paese nel cui territorio si fondono e convivono da tempo memorabile culture e tradizioni di stampo europeo e orientale. Nel suo essere un ponte gettato tra i due continenti, che si sfiorano attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, la Turchia conserva una forte identità culturale che affonda le sue radici in una storia millenaria.
A partire dalla città neolitica di Çatalhöyük, risalente al 6500 a.C., questi territori sono stati abitati, dominati e attraversati da popolazioni provenienti da diverse zone dell’area mediterranea e asiatica: Ittiti, Frigi, Ioni, Persiani, Macedoni, Romani, Bizantini, Selgiuchidi e Ottomani, hanno contribuito a plasmare un’identità multiculturale e sfaccettata, di cui possiamo al giorno d’oggi riscoprire la ricchezza nello straordinario patrimonio culturale, storico e artistico del Paese.
Un importante riconoscimento è stata l’iscrizione di alcuni siti turchi nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, redatta dall’UNESCO sulla base della “Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale, Culturale e Naturale”, adottata nel 1972. Individuando siti presenti in ogni parte del mondo, riconosciuti di eccezionale interesse dal punto di vista culturale e naturale, l’UNESCO si impegna a tutelarli e a garantire la loro trasmissione alle generazioni future. Dal momento in cui la Turchia ha ratificato la Convenzione UNESCO nel 1983, 9 sono i suoi siti iscritti nella lista e 23 quelli candidati a farne parte.
Tra questi nove, non possono mancare le aree storiche della città di Istanbul: affacciata in posizione strategica sullo stretto del Bosforo, punto di incontro tra due continenti, asiatico ed europeo, e due mari, Mar di Marmara e Mar Nero, vanta una storia di più di 2.500 anni. Capitale di tre grandi imperi – quello Romano d’Oriente sotto il nome di Costantinopoli, quello Bizantino e quello Ottomano – ne conserva le testimonianze, preservate dall’UNESCO attraverso il riconoscimento di quattro zone che illustrano le fasi principali della sua storia, con riferimento ai monumenti più importanti che vi si trovano: il Parco Archeologico (piazza Sultanahmet e l’area circostante), il quartiere di Solimano,  quello di Zeyrek e la zona delle mura. Iniziando dalle prime testimonianze, il Parco Archeologico riguarda la città antica e la capitale dell’Impero Romano d’Oriente, che comprende tra le altre cose l’Ippodromo di Costantino (324) e i bastioni eretti da Teodosio II. A rappresentare il periodo bizantino sono monumenti come Santa Sofia, chiesa costruita sotto Giustiniano (527-565), importantissimo centro per la cristianità fino all’arrivo degli Ottomani che la trasformarono in moschea, attualmente adibita a museo. Tra gli altri numerosi monumenti, ricordiamo la Moschea Blu, costruita dal sultano Ahmet nel 1600 di fronte a Santa Sofia, con sei minareti, che deve il suo nome al suo rivestimento interno di maioliche dipinte con motivi floreali il cui colore dominante è appunto il blu. 
Iscritti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel 1985 sulla base di criteri naturali e culturali, la Cappadocia e il Parco Nazionale di Göreme vantano un paesaggio spettacolare e suggestivo, interamente scolpito dall’erosione di sabbia e acqua, che ospita santuari ricchi di testimonianze dell’arte bizantina del periodo post-iconoclasta assieme a case e città sotterranee ricavate nella roccia risalenti al IV secolo. 
I primi edifici turchi a essere iscritti nella lista UNESCO sono stati però la Grande Moschea e l’Ospedale di Divrigi. Costruiti nel XIII secolo dallo Scià Ahmed e da sua moglie Melike Turan, sono stati riconosciuti capolavori per la sofisticata tecnica di costruzione e per l’unicità delle decorazioni scolpite nella pietra che ricoprono il portale dell’Ospedale, i portali nord e ovest della Moschea e quello del palco dello Scià, dalla geometria intricata e tridimensionale ospita particolari figure.
Hattusha, antica capitale del regno Ittita fondata intorno al 1.600 a.C., si aggiunge alla lista nel 1986. Può essere considerata un vero e proprio museo archeologico a cielo aperto che ci restituisce un’importante testimonianza della civiltà ittita. I due siti archeologici, la Città Alta e la Città Bassa, conservano templi, residenze reali e fortificazioni, con la Porta del Re e quella del Leone, tra i migliori esempi della scultura ittita.
Il Monte Nemrut, iscritto nella lista nel 1987, è conosciuto come il museo a cielo aperto più alto del mondo. È stato a lungo uno dei luoghi di culto più importanti dell’Anatolia in quanto il re Antioco I di Commagene (69-34 a.C.) vi fece erigere il suo mausoleo, una delle costruzioni più ambiziose del periodo ellenistico. Alla base del tumulo di pietre che ricopre la tomba vi sono tre terrazze che formano il santuario, mentre le teste che circondano il tumulo sono i resti di statue imponenti di 10 metri di altezza contribuiscono a creare un’atmosfera suggestiva.
Nel 1988 si aggiungono alla lista UNESCO altri due siti. Il primo, Pamukkale, che in turco significa “castello di cotone”, prende il nome dallo strato di minerali, soprattutto calcare, depositati nel corso degli anni dalle calde acque termali contenenti idrogeno e carbonato di calcio. Queste sorgenti, lunghe circa 2.700 metri e alte 160 metri, hanno creato un complesso di terrazze, colline e cascate visibili anche a 20 km di distanza per il loro colore di un bianco brillante, e sono state una grande attrattiva sin dai tempi antichi, quando molte persone di alta estrazione sociale sceglievano di partire da Roma e da altre regioni dell’Anatolia per trascorrere gli ultimi anni di vita a Hierapolis. Fondata durante l’era Frigia nel II secolo a.C., questa città prende il nome da Hiera, la moglie di Telefo, re di Pergamo: secondo quanto si dice, vi morì l’apostolo Filippo, e rappresentò un importante luogo di diffusione del cristianesimo in Asia Minore. Attualmente sono visibili molti resti e monumenti, tra cui le rovine dei bagni termali, templi e altre testimonianze del periodo greco-romano.
Xanthos, l’antica capitale della Licia, si trova a circa 4 km di distanza dal centro religioso di Lethon. Entrambe vengono riconosciute patrimonio mondiale dell’umanità per il loro valore archeologico, soprattutto per quanto riguarda i templi, le iscrizioni epigrafiche e le importanti testimonianze dell’arte funeraria che mostrano l’emergere di influenze elleniche.
La città di Safranbolu chiude l’elenco dei siti turchi appartenenti alla lista che riunisce i luoghi riconosciuti patrimonio mondiale dell’umanità. Aggiunta nel 1994, dal XIII secolo fino al sopraggiungere della ferrovia la città fu un’importante stazione carovaniera. Si presenta oggi come un tipico esempio di città ottomana: le sue abitazioni sono rappresentative della cultura del luogo, e riflettono nella disposizione degli spazi lo stile di vita turco, i costumi e le tradizioni.
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