Anche la Serbia nell’UE

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di Lorenzo Pisoni
Anche la Serbia ha ottenuto lo status di Paese candidato all'UE. La strada per Belgrado per entrare nell’Unione Europea è ancora lunga. Herman Van Rompuy, presidente dell'Unione europea appena rieletto per un secondo mandato,  ha dato l’annuncio anche su Twitter: “Il Consiglio europeo concede alla Serbia lo status di candidato UE”.  La seduta del Consiglio dei ministri degli Esteri UE  del 28 febbraio ha dato via libera alla candidatura della Serbia, con  26 paesi favorevoli e uno contrario  la Romania, decisione poi confermata dal Consiglio europeo la sera del 1° marzo.
Bucarest  ha puntato i piedi sulla tutela della minoranza valacca in Serbia. Questa posizione della Romania sembrava per molti pretestuosa. Carl Bildt, ministro degli Esteri svedese e grande esperto di Balcani, ha giudicato l’atteggiamento romeno così: “Non è dignitoso quando Paesi portano alla luce temi non pertinenti, mentre stiamo cercando di andare avanti con Serbia e Kosovo. Mancanza di spirito europeo”.
Anche la Lituania non aveva  assicurato il suo voto poiché non aveva apprezzato la candidatura del ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic alla presidenza della Assemblea generale dell’ONU, alla quale la Lituania aveva mostrato interesse molto prima di Belgrado. 
La Serbia aveva inoltrato la richiesta di candidatura il 22 dicembre 2009, pochi giorni dopo aver ottenuto la liberalizzazione dei visti, che ha permesso ai cittadini serbi di viaggiare liberamente nell’area Schengen, anche se per un periodo limitato. La (mancata) collaborazione con il tribunale internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia (TPI)aveva bloccato il percorso della Serbia verso l’UE . Tutto ciò è caduto dopo gli arresti nel luglio 2008 di Radovan Karadžic, e poi nell’estate 2011 di Ratko Mladic e Goran Hadžic.
 Così la Serbia vede concretizzarsi la speranza di entrare in Unione Europea. La sua economia cresce a dismisura e crescono il numero di aziende che dislocano i loro stabilimenti qui. Le aziende italiane  sono  passate dalle iniziali 150 a 450 e sono destinate ad aumentare.
L’ultima questione da risolvere per la Serbia rimaneva quella del Kosovo. Le difficoltà non hanno tardato ad emergere  nonostante la mediazione europea nei negoziati tra Belgrado e Pristina. Dal luglio dello scorso anno sino ad adesso non sono mancati momenti di tensione  tra Pristina e Belgrado. I gravi incidenti e le ripetute violenze nel nord del Kosovo, ove si concentrano le frizioni tra Belgrado e Pristina, hanno portato al prolungato rinvio (soprattutto per la rigida posizione di Berlino) della decisione sullo status di candidato per la Serbia, già all'ordine del giorno durante il Consiglio europeo del dicembre 2011.
Il problema del Kosovo è di difficile soluzione. Qui ci sono le chiese ortodosse più antiche e qui è nato l’orgoglio nazionalista serbo. I serbi considerano questa terra Serbia a tutti gli effetti. Gli Albanesi sostengono di essere la maggioranza e quindi questo è territorio loro.
Lo scorso referendum , organizzato il 12 e 13 febbraio dai quattro municipi a maggioranza serba del nord del Kosovo e non sostenuto dal governo di  Belgrado,  con il quale i serbi di quelle zone hanno ribadito di non accettare le istituzioni di Pristina, non ha rappresentato per i 27 paesi dell’Unione Europea un ostacolo. Ma il 24 febbraio la situazione si  è sbloccata: Pristina e Belgrado hanno raggiunto un accordo sul nome ufficiale con cui il Kosovo può partecipare  ai summit regionali e firmare accordi con altri paesi terzi.
L’asterisco è la soluzione trovata a Bruxelles. D’ora in poi Kosovo*, si legge nel comunicato stampa UE, sarà l’unica denominazione che verrà usata e l’asterisco indica: “Questa designazione non è pregiudicante nei confronti dello status, ed è in accordo con la UNSCR 1244 e con l’opinione della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo”.
Questo escamotage non risolve i problemi aperti tra Serbia e Kosovo, ma ha permesso di dare il via libera allo status di Paese candidato alla Serbia e al Kosovo un tassello di indipendenza in più, in prospettiva di avvicinare entrambi i paesi all'agognato futuro nell'UE.
I problemi irrisolti restano comunque tanti  e finché nessuna delle due parti retrocederà concretamente dalle sue posizioni la situazione non potrà essere concretamente risolta.