Non cadono solo le stelle

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di Gino Falleri
Non solo quella delle stelle, c’è pure la caduta degli Dei. E riguarda soprattutto personaggi politici, che hanno occupato per anni, o occupano, le prime pagine dei quotidiani per quello che dicevano o facevano. Sono usciti di scena, vedi l’ex presidente Sarkozy, quello degli ammiccamenti con la Cancelliera tedesca, o sono in caduta libera in quanto l’opinione pubblica gli ha voltato le spalle per non aver realizzato quello che avevano promesso o per aver complicato la vita dei cittadini con regole assurde. Ancora più grave per aver cambiato campo e ce ne sono tanti. 
Uno di questi è il presidente degli Stati Uniti, Obama, che appena eletto è stato incensato, lodato e magnificato come se fosse il leader dei leader, tanto da ottenere qualche tempo dopo persino il premio Nobel per la pace. Una fama che gli americani hanno stroncato con il voto di novembre facendolo diventare un’anatra azzoppata. I repubblicani hanno conquistato al Congresso la maggioranza dei seggi e d’ora in avanti l’azione di governo di Obama non sarà priva di ostacoli. E non sarà nemmeno facile prevedere se riuscirà a far riconoscere, come ha promesso, la cittadinanza a cinque milioni di clandestini. Con il vento che sta soffiando le previsioni diventano azzardate. 
Cameron, il premier britannico, ha riferito che non è più d’accordo che si diano sussidi agli immigrati e questo poiché all’interno del suo partito crescono gli euroscettici. La conseguenza più immediata sarà un giro di vite negli ingressi. Il problema degli immigrati è di grande caratura e non sembra che l’Unione Europea ne abbia le dovute cognizioni, ne abbia percepito le conseguenze, valutato i costi e considerato come lo stesso problema sia stato risolto in altre aree del pianeta.
Non è solo la caduta della popolarità dell’inquilino della Casa Bianca ad offuscare l’immagine degli Stati Uniti. Gli americani hanno il grilletto facile e sono oltremodo violenti. Non si dimentichi Biscari, My Lai, Afghanistan, Iraq e Calipari. Le cronache quotidiane sono ricche di sparatorie, di omicidi e di stragi poiché in America tutti possono possedere un’arma. Quello che non torna è che il grilletto facile, incomprensibile per un europeo, l’abbia la polizia. Spara e uccide, senza tanti complimenti. Il guaio è che gli agenti, con il sistema giudiziario americano, hanno quasi sempre ragione anche se hanno violato le regole. Il grilletto facile l’ha, guarda caso, nei confronti della popolazione non di origine europea. Ha diritti affievoliti nonostante la Costituzione ed i suoi emendamenti. 
Nel giro di poche settimane la polizia ha ucciso tre “neri” ed i teatri sono stati Ferguson, New York e Cleveland. Singolare quanto accaduto nella Grande Mela. Un agente, o meglio un allievo, preso da una improvvisa paura ha sparato in un androne poco illuminato uccidendo un giovane inerme. Chi ha paura non dovrebbe fare l’agente di pubblica sicurezza. Un omicidio sia pure preterintenzionale che non ha avuto eco tra le tante associazioni o fondazioni di volontariato nazionali che si sono assunte il compito di tutelare i più deboli e le ingiustizie.
Se negli Stati Uniti la sicurezza dei cittadini è una specie di imperativo, qui da noi è oltremodo aleatoria. Per motivi di bilancio, nonché per essere ossequienti verso le istituzioni europee che impongono determinati comportamenti, si riducono le risorse per le forze dell’ordine e si impone loro di dialogare se ci sono manifestazioni di protesta. Si modificano le regole mentre crescono gli episodi di violenza. I colpevoli, se individuati e condotti davanti al giudice, puniti con condanne non appropriate. 
Oggi c’è il vezzo di aggredire chi passa per la strada con il pugno di ferro e riprendere la scena per immetterla nella rete. Per coloro che siedono in Parlamento è la prescrizione dei reati ambientali ad interessare o il Jobs Act. Non la sicurezza di chi li ha inviati a Montecitorio o a Palazzo Madama. Poi si lamentano della bassa percentuale dei votanti alle recenti elezioni in Emilia e Calabria, meno del cinquanta per cento, e del balzo in avanti della Lega Nord, che interpreta i malumori della gente e li cavalca. 
E’ come se stessero in un’altra dimensione. Pure il presidente del Consiglio ricco di battute, tanto da essere definito dall’Economist del 26 ottobre “proclamitis”, e non altrettanto di risultati, ha liquidato l’astensionismo con il fatto che la sinistra aveva conquistato due regioni. Nello stesso tempo, pur riconoscendogli un grande attivismo, non sembra che abbia valutato dove potrebbe portarci quanto è accaduto di recente nelle periferie di Milano, Roma e Torino. C’è un malessere sempre più diffuso che potrebbe esplodere con conseguenze non ipotizzabili. Dovrebbero far riflettere anche taluni episodi delittuosi per la loro crudeltà.
Il Financial Times, autorevole quotidiano britannico, con un articolo a firma di James Politi ha sottolineato che il credito aperto nei confronti del nostro presidente del Consiglio è in via di esaurimento. Sebbene abbia promesso di riformare la legislazione del lavoro, il tanto declamato Jobs Act non risolve niente, il sistema della giustizia civile, meno spedita rispetto ad altri paesi dell’Unione, nonché l’apparato burocratico costoso, farraginoso ed improduttivo. Una palla al piede, che rende non facile la vita non solo al cittadino, ma soprattutto al mondo produttivo, spremuto come un limone dalla miopia del legislatore. Siamo alla stagnazione nonostante le affabulazioni. Non si cresce. La disoccupazione è a livelli preoccupanti. Per non accennare a quella giovanile che viaggia intorno al 45 per cento.
Niente di nuovo all’orizzonte parafrasando un libro di Erich Maria Remarque. Un flusso di parole, di annunci, come quello sulle retribuzioni da allineare all’indennità del presidente della Repubblica senza alcuna conseguenza e lo stesso per le cosiddette auto blu. Un florilegio di provvedimenti che appesantiscono il rapporto Stato/cittadino, che è a sua volta oppresso da una valanga di tasse, balzelli ed accise senza vedere niente. Poi, sempre in materia di tasse, il governo Renzi risulta essere di manica larga, come quelli guidati da Monti e Letta, con le autonomie locali. Si concede loro di appesantire ancora di più il carico fiscale. Tutto questo senza aver inciso sull’enorme debito pubblico che abbiamo e lievita mese dopo mese. Tutto da rifare avrebbe detto Gino Bartali. 
Le parole costano poco poiché sono soltanto i fatti a contare. Il Parlamento è alle prese con la legge di stabilità su cui immancabilmente il governo metterà la fiducia per strozzare dibattito ed emendamenti. Una legge di stabilità senz’altro pesante per il contribuente, che dovrebbe essere più smaliziato e credere solo ai fatti.