Il Paese delle tasse

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di Gino Falleri
“Non voglio morire in un call center” è la scritta che campeggia su diversi muri della Capitale e costituisce il segnale di un crescente disagio sociale ed economico. Ad essa debbono essere accostate le manifestazioni organizzate nelle passate settimane sempre nella Capitale, non prive di difficoltà per la cittadinanza danni compresi alle cose pubbliche e private, che a loro volta sono l’espressione tangibile del malcontento che gira.
Lo stare nell’Unione europea e  nell’area dell’euro ha i suoi pregi, ma impone delle regole che debbono essere rispettate. E le regole si traducono in rigore e sacrifici se il bilancio pubblico non rispetta i parametri. Si può recriminare sul cambio lira/euro, ma non si può andare oltre. Sempre sull’euro illuminante è stata una recente intervista rilasciata ad “Italia Oggi” da Giuseppe Guarino, già ministro delle Finanze nell’ultimo governo Fanfani ed autore di “Un saggio di verità sull’Europa e sull’euro”. Riferisce che la moneta unica è nata da un colpo di stato cartaceo.
Quelle di Roma non sono comunque le uniche. Da mesi ogni giorno che passa a via XX Settembre, ministero dell’Economia e Finanze, o a via Molise, ministero dell’ Industria e del Commercio, o dinnanzi al Parlamento c’è sempre qualcuno che protesta per una pluralità di motivi. Non c’è lavoro, le povertà aumentano, i disoccupati e gli scoraggiati sono sei milioni, mentre a piè sospinto lievitano tasse, accise, balzelli ed addizionali retroattive peraltro e a fianco di questa continua spremitura nessuna prospettiva di una inversione di tendenza. La crescita è di là a venire mentre la Spagna, anch’essa colpita dalla crisi, sta risolvendo i suoi problemi. Le luci in fondo al tunnel le vedono solo i ministri e sottovalutano le analisi di Eurostat ed Ocse.
Uno stato di disagio che con l’andar del tempo potrebbe assumere connotazioni preoccupanti se non si interviene con sagge misure, ma non sembra che a livello governativo se ne sia percepita l’entità come si dovrebbe ed in egual misura l’autogol sul caso Cancellieri, il ministro della Giustizia. Alle difficoltà in cui si destreggiano da tempo lavoratori e pensionati, solo parzialmente sottolineate dai sindacati e senza risultati  per lo scarso peso che hanno, si aggiunge ora la Legge di stabilità per l’anno prossimo. Niente altro che la vecchia legge finanziaria. Le riforme finora portate a termine sono state lessicali e le sollecitazioni del presidente della Repubblica non trasformate in provvedimenti.
 
E’ stata presentata affermando che è priva di nuove tasse. Purtroppo non è così, tanto che si potrebbe dire mala tempora currunt mentre altri asseriscono che altro non è  che una vecchia finanziaria da sinistra classista. Nel prossimo anno, il 2014, aumenteranno le entrate, che significano tasse anche sulla prima abitazione tramite la Service tax (tre imposte per far fare cassa ai comuni), come le spese (pensioni, interessi e la farraginosa e quasi inutile burocrazia), che sembrano inarrestabili. E’ stato sottolineato con ampi e dettagliati servizi prima dal “Sole 24 Ore” e successivamente da “Panorama”. 
In materia di spese nessun governo è riuscito, o ne abbia avuto voglia, a ridurle a cominciare da quelle per tenere in piedi la macchina politica. Sul numero 296 de “Il Fatto Quotidiano” è stato pubblicato un articolo a firma di Salvatore Cannavò dall’esauriente titolo: “Un milione di posti di lavoro”. Il sommario precisa che in Italia esiste “un mondo di portaborse, consulenti, addetti stampa, collaboratori. Dai ministeri alle regioni fin dentro i comuni un paese nel paese che risponde solo a chi lo nomina”.  
La spesa pubblica dal 1993 è cresciuta del 68%. Una enormità.  Nel testo presentato, come accennato, di tasse e balzelli vari ce ne sono e sono ben celati. Il contribuente, nonostante le sbandierate promesse di fare a meno delle Province, dovrà ancora tirare fuori risorse a loro favore. Nella vicina Francia, non priva di problemi di bilancio, la gente è scesa sulla strada facendo sentire la sua voce contro il nuovo pacchetto di tasse che il governo avrebbe voluto far approvare. Ha dovuto fare marcia indietro mentre la credibilità di Hollande è in caduta libera.
La legge di stabilità per le sue anomalie è sotto osservazione con motivazioni diverse del Pd, Pdl e dei sindacati. Con oltre tremila emendamenti ne vogliono modificare od attenuare i prelievi forzosi, o suo tramite combattere le povertà togliendo ai più abbienti. Per essere abbienti per i ministri Saccomanni e Delrio è sufficiente percepire 3000 euro lordi al mese. Circa 6 milioni lordi delle vecchie lire, ma con tale cifra allora non si viveva nelle ristrettezze. Sotto botta sono anche i risparmi. Chi ha accantonato per assicurarsi una vecchiaia senza tante traversie subirà l’aumento dello 0,20 per cento dell’imposta di bollo sui titoli finanziari depositati. Una “patrimonialina” sulle rendite finanziarie tanto cara alla Cgil, che aggrega il più alto numero di pensionati. 
La finanziaria contiene, e non potevano mancare, le consuete batoste sul pensionato. Niente rivalutazioni. Questi non conta molto sul piano elettorale e la sua prospettiva di vita non lunga. Attesta purtroppo, ancora una volta, che lo Stato difficilmente mantiene quanto afferma solennemente. Sulle pensioni circola un duro comunicato della Dirstat, che rende l’idea su come sono e come stanno andando le cose. Se è vero che la sovranità è del popolo e la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione qualche correttivo sulla rappresentanza, ora che si vuole mettere mano alla Costituzione, dovrebbe essere inserito.
Cosa faranno Pd, Pdl e sindacati? Al di là degli emendamenti poco o niente. Alzeranno la voce e lì finisce. E’ Bruxelles ad imporre le regole e già sta lanciando segnali sull’Imu per dare manforte a chi la vorrebbe invece mantenere. L’ostacolo principale è il vincolo di stabilità ed il secondo è costituito dall’impossibilità di fare qualcosa di utile per i veti incrociati. Il paese Italia stenta a crescere, non risulta essere affidabile sul piano internazionale, gli stranieri non investono mentre aumentano le tensioni sociali. Da non sottovalutare, per avere un quadro completo, quello che sta accadendo a livello locale. Molti comuni sono oltremodo indebitati per gli eccellenti servizi che hanno finora reso alla cittadinanza. Sollecitano addizionali sempre più alte per ripianare i bilanci ed il governo è purtroppo compiacente. Le concede, ma senza utilità per l’economia.
Cosa uscirà dopo il vaglio del Parlamento non è facile prevederlo. Se non altro perché sia all’interno del Pdl c’è molta tensione e siamo sul punto di una rottura, come all’interno del Pd, che, al di là delle dichiarazioni di facciata, non sopporta l’entrata in campo di Matteo Renzi. Tutto questo significa che il Movimento 5 Stelle, Pd e Pdl non sarebbero alieni di confrontarsi alle urne, sebbene ci sia chi afferma che sia un danno sul piano dell’immagine e dei conti. 
C’è ancora una annotazione da fare e questa riguarda Letta ed il professor Mario Monti. Tra i due governi c’è continuità. Entrambi sono caratterizzati dalla leva fiscale e da una predisposizione a guardare la Germania con occhio ossequiente. Nell’Unione europea è l’unico paese che ha finora guadagnato tramite l’euro. La Francia, l’artefice dell’Europa unita, non ha più la triplice A.