Renzi, l’Unione, le tasse e le riforme

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di Gino Falleri
La competizione elettorale per la ricostituzione del parlamento europeo è terminata con i risultati che tutti conoscono. Un tripudio di voti per il Pd di Renzi, il ridimensionamento del Movimento5Stelle e la sconfitta senza attenuanti del centrodestra. Il corpo elettorale ha pure ritenuto di inviare a Strasburgo, nella sua autonomia decisionale, un discreto numero di euroscettici, che non siederanno in silenzio sui banchi, ma proporranno iniziative per contrastare la politica di austerità finora imposta e solleciteranno la Commissione, il Consiglio ed il Parlamento a prendere di petto taluni problemi che costituiscono delle priorità inderogabili. Come primo atto del loro dissenso nei confronti dell’Unione hanno voltato le spalle quando, nel giorno dell’insediamento, è stato suonato l’inno dell’Europa.
I loro primi interventi dopo il discorso del presidente Renzi, per sei mesi sarà alla guida dell’Unione, hanno toccato il lavoro, la disoccupazione giovanile da noi arrivata al 40,4 per cento, il patto di stabilità, il fiscal compact, la detenzione dei due Marò in India e l’insoluto problema degli sbarchi. Dall’inizio dell’anno sulle nostre coste sono approdati qualcosa come oltre 60.000 persone nell’incompreso silenzio delle istituzioni di Bruxelles, insensibili sia ai richiami dell’Onu che del nostro ministro dell’Interno. Per loro è un problema dell’Italia e di conseguenza tocca alle autorità italiane risolverlo. E sull’immigrazione di interesse il “Dossier dramma immigrazione. Esodo senza fine” di Fabrizio Gatti, pubblicato sul numero 27 del settimanale l’Espresso, nonché “Affare nostrum” di Antonio Rossitto apparso sul numero 28 di Panorama.
Per chi vive in paesi dove la democrazia è sconosciuta, le condizioni di vita sono grame e senza futuro l’Europa è considerata una specie di terra promessa. Tuttavia di fronte ad una escalation di sbarchi che sembra essere inarrestabile e all’inimmaginabile fermo di polizia dell’ex presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, qualche interrogativo potrebbe essere formulato sul ruolo recitato negli ultimi decenni dalla Francia per un duplice motivo. Al tempo di Gheddafi esisteva il filtro della Libia, ora in caduta libera e con seri problemi di stabilità interna, ed in secondo luogo per quanto si legge nel recente libro di Giovanni Fasanella e Rosario Priore dal titolo “Intrigo internazionale”.
La solidarietà è senz’altro un atto di inestimabile valore ed indica il grado di civiltà dei paesi che l’attuano. Noi l’attuiamo con l’asilo e la Missione Mare Nostrum finora è costata quasi 173 milioni.
Tuttavia si dovrebbe tenere conto di alcune realtà. Non sempre ci sono adeguate risorse e posti per tutti. Specie in questo particolare momento in cui la produzione industriale non decolla, la disoccupazione è al 12,5 per cento, migliaia sono gli esercizi commerciali chiusi, soldi ne girano pochi e vi è una totale rassegnazione. 
Gli ingressi dovrebbero essere commisurati alle possibilità di accoglienza e senza precostituire posizioni di privilegio rispetto agli italiani, che corrispondono le tasse. Troppe e senza la possibilità di vedere qualche problema risolto. Roma, la Capitale, tanto per fare un esempio, si presenta agli occhi dei turisti in un degrado assoluto. A Zagabria e a Strasburgo, fanno parte dell’Unione, erbacce ed arbusti lungo i marciapiede non si vedono ed inoltre dispongono di un puntuale trasporto pubblico.
Se si andrà avanti di questo passo, senza l’introduzione di provvedimenti correttivi, potrebbe diventare realtà una previsione formulata anni addietro. Si ipotizzava che 5 milioni di persone di etnie diverse, con culture e tradizioni diametralmente opposte a quelle europee ed un differente modo di considerare i diritti umani, avrebbero invaso l’Europa continentale. E che i diritti umani siano poca cosa nei paesi a cultura islamica è sufficiente ricordare che Marzieh Rasouli, una giornalista iraniana, è stata condannata alla reclusione e a 50 frustate per aver scritto alcuni articoli giudicati come atti di propaganda anti-regime.
L’Unione europea è quella che è. Gli ideali in base ai quali è stata costituita non sembra che siano stati realizzati. Inoltre c’è troppo rigore e troppi richiami al paese Italia come se fosse sotto tutela e quindi privo di sovranità. Si ingeriscono. Lo si è riconstatato nel momento stesso in cui il presidente Renzi ha preso in mano il bastone di comando del semestre. Non si è fatto intimidire ed ha risposto per le rime soprattutto al capogruppo del PPE, il tedesco Manfred Weber, e non aveva il cappello in mano come i suoi predecessori. Senza crescita l’Europa non ha futuro e alla Germania è stato consentito di sforare i parametri. Niente a senso unico.
Senza dubbio l’Unione ha i suoi lati positivi, come importanti sono i suoi assetti dirigenziali, nonché gli obiettivi che vogliono conseguire. Questi passano in seconda linea di fronte alla situazione in cui si dibattono lavoratori, pensionati ed artigiani per la miriade di balzelli, addizionali, accise e prelievi una tantum imposti dai governi, che si sono succeduti dall’uscita di Berlusconi nel novembre 2011. Sono tartassati oltre misura e la Tasi, la nuova imposta inventata per quell’idrovora che è la spesa pubblica e per dare nuova linfa al partito delle tasse ed al suo paese del Bengodi, sarà un ulteriore salasso a carico della casa.
Gli esperti riferiscono che Renzi, privo della sanzione popolare come Monti e Letta, ha caricato sulle spalle del contribuente altre 10 tasse con le consuete e trite giustificazioni. Per non accennare a quello che stanno facendo le amministrazioni comunali con quel campionario di “tasse” avallato sia da Monti, Letta ed ora dall’attuale presidente del Consiglio. La ragione è sempre la stessa: si debbono erogare i servizi alla collettività. Per fare questo in mancanza delle necessarie risorse usano pure gli autovelox, nascosti, e inviano pattuglie di vigili urbani per sanzionare la più piccola infrazione. Così si può fare cassa. Per completare il quadro si può aggiungere che sia la Banca d’Italia che la Corte dei Conti non hanno mancato di porre l’accento nelle loro relazioni sul tema tasse. Sono arrivate al 43,8 del Pil, impoveriscono giorno dopo giorno e purtroppo non saranno diminuite, come ha affermato Renzi ad una riunione della Confindustria.
Rebus sic stantibus. La volontà di riforma, di modellare un paese nuovo ed in linea con le democrazie europee più anziane, più rispettoso dei diritti e della suddivisione dei poteri, esiste e non se ne fa mistero. In primis giustizia e pubblica amministrazione. Quest’ultima costituisce assieme alla giustizia un freno. Impediscono gl’investimenti. Se arriveranno in porto potrebbero per davvero dare un volto nuovo ad un paese che è ingessato da anni e la famosa rivoluzione liberale annunciata nel 1994 è rimasta al palo. Riuscirà il presidente Renzi a farle approvare?