Benessere personale e benessere organizzativo: un binomio possibile? La cultura del lavoro come leva strategica per il successo d’impresa

Stampa

recensione di Michele Petrucci (Presidente ASAP - Agenzia per lo Sviluppo delle Amministrazioni Pubbliche)
 
Libro Edito Franco Angeli “Benessere personale e benessere organizzativo: un binomio possibile? La cultura del lavoro come leva strategica per il successo d’impresa” di Maria Grazia De Angelis 
 
Anche se viene spesso e volentieri dimenticato, più o meno strumentalmente, è fuor di dubbio che  per l’impresa - “sistema complesso” che interagisce con  il “sistema economico-sociale”-  il lavoratore ha un ruolo cruciale. Così come è evidente  che l’attività lavorativa e il ruolo ricoperto hanno grande  rilievo sull’equilibrio generale di una persona.
Proprio prendendo spunto dall’ importanza del  lavoratore per l’organizzazione nella quale è inserito e dalle allarmanti indagini sui danni sociali ed economici di fenomeni come lo stress e il mobbing, Maria Grazia De Angelis propone, nel  pieno di una profonda crisi che investe - in particolare ma non solo -  il mondo dell’economia e dell’impresa, una interessante riflessione sul tema del disagio lavorativo con particolare attenzione  agli aspetti legati alla sicurezza ed al benessere personale.
Il saggio nasce dall’attività professionale della De Angelis, come consulente di direzione e come dirigente di alcune tra le principali realtà nazionali  del settore bancario, e dalla sua esperienza associativa come fondatore e presidente dell’Associazione Italiana di Studi del Lavoro per lo Sviluppo Organizzativo.
Con uno stile agile e scorrevole, che agevola  la lettura e facilita  la comprensione anche dei necessari passaggi tecnici, la De Angelis sviluppa un’articolata analisi della condizione lavorativa nell’attuale contesto socio-economico, derivato dall’economia della informazione e della conoscenza, e affronta un tema sul quale a lungo si sono interrogati gli studiosi di organizzazione e risorse umane: gli obiettivi delle imprese si discostano davvero così tanto da quell’area di tutela dei diritti e delle aspirazioni di chi lavora?
La necessità di una correlazione tra benessere personale e benessere organizzativo  va oltre le semplicistiche analisi che buona parte di manager, consulenti, sindacalisti e sociologi  sono andati proponendo in questi anni ed invita  a  considerare con rinnovata  attenzione  il   ruolo primario e cruciale del  lavoratore, perno irrinunciabile dello  sviluppo di  un  “sistema complesso” come l’impresa. 

Partendo dall’esperienza maturata e guardando  la realtà senza pregiudizi ne’ luoghi comuni, l’autrice sviluppa una approfondita ed interessante riflessione sulle funzioni aziendali che maggiormente devono sentirsi coinvolte nell’esprimere modelli gestionali finalizzati al miglioramento della qualità della vita nelle organizzazioni. Lo fa integrando le  sue riflessioni con i  contributi di autorevoli studiosi di management e protagonisti del mondo dell’impresa, del lavoro e dell’accademia che intervista e coinvolge nel dibattito.

Un libro utile per approfondire i molteplici aspetti del management  organizzativo, nella sua dimensione di  professione, che sollecita una riflessione “ a 360°” sugli  atteggiamenti ed i comportamenti, le  relazioni e le emozioni e le conseguenze  di  una loro non corretta gestione. Pagine di esempi e pratiche che si spingono anche oltre il contesto italiano  e mettono  in evidenza la necessità dell’adozione di procedure e regole organizzative basate sulla dignità  del lavoratore e sull’interesse sia dell’impresa che delle Istituzioni  ad impegnarsi per  tutelare e sviluppare quel  patrimonio di valori e competenze  che rappresenta il primo, quando non l’unico, fattore di eccellenza.
La crisi impone un cambiamento in tutti gli ambiti e sollecita lo sviluppo  di progetti culturalmente innovativi per attirare gente valida e motivata. Ciò presuppone  una “nuova” impresa la cui  identità è caratterizzata dalla  non separabilità tra gli obiettivi gestionali  ed il  rispetto della dignità e della motivazione  del lavoratore . Una sfida che accomuna  imprenditori e manager con  il sindacato e  gli stessi lavoratori e che si vince attuando un cambiamento sostanziale nelle logiche organizzative  e  nei sistemi di comunicazione, correlandoli  ad una strategia di trasparenza, partecipazione e  fiducia, la valorizzazione dei lavoratori  ed  il loro coinvolgimento nelle strategie e nelle decisioni. Il libro contiene, a tal riguardo, una puntuale  analisi sulla crisi del paradigma gerarchico – che induce alla spersonalizzazione ed alla deresponsabilizzazione -  e sulla necessità del ricorso a modelli organizzativo-gestionali,capaci di garantire performance adeguate, reattività e pro attività e soprattutto integrati ed adattativi. 
Un libro dunque  che  è portatore di una proposta di discontinuità , basata su  un difficile salto di paradigma culturale ed organizzativo nella conduzione e  gestione delle persone  che operano nelle imprese del nuovo millennio. Un vero e proprio vademecum che non può mancare sulla scrivania di chi intende occuparsi  di organizzazione e gestione delle risorse umane nel terzo millennio. La tesi  dell’autrice,che non si può non condividere, è che non basta per un’impresa attenersi più o meno fedelmente ai dettami normativi, ma che a partire da questi, un nuovo modello di organizzazione del lavoro è non solo possibile ma anche necessario: un modello che renda compatibile  la  prospettiva di crescita economico-produttiva  con il benessere del lavoratore.: Si  tratta pertanto  di promuovere ed attuare nuove  logiche di gestione,  metodi di valutazione dei risultati, sistemi di comunicazione e di correlarle  ad una strategia di trasparenza, partecipazione e  fiducia: occorre cioè privilegiare la cura dei fattori intangibili che caratterizzano un’azienda come la  visibilità interna, la valorizzazione dell’identità professionale,il coinvolgimento nelle strategie e nelle decisioni.

Un libro rigoroso ed attuale, in un momento  nel quale sembrano arrivati al pettine tutti  i  nodi del rapporto  tra imprese e lavoratori e la  precarietà diffusa causa tensioni “globalizzate” anche di piazza, causa ed effetto al tempo stesso di una  conflittualità, esasperata e permanente, che  contagia a tutti i livelli la società, anche per la disperazione delle nuove generazioni che o restano escluse dal mondo del lavoro o ne sono deboli ed indifesi protagonisti di secondo piano.