Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva ribaltato il provvedimento con cui il GIP aveva respinto la richiesta di emettere un sequestro preventivo nei confronti di un uomo, indagato per il reato di autoriciclaggio, la Corte di Cassazione penale, Sez. II, con la sentenza 25 gennaio 2022, n. 2868 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui il Tribunale aveva travisato la condotta dell’indagato, secondo cui il fine della sua condotta non era quello di “reinvestire” i proventi del reato presupposto ma, di “acquistare” cripto valute che sarebbero servite per “pagare i servizi del sito internet che effettuava la pubblicità delle prostitute”, così esulandosi da una condotta di autoriciclaggio – ha invece affermato il principio che integrano il reato di autoriciclaggio quelle operazioni – come quella in esame – che, attraverso il trasferimento di valuta verso società estere che si interpongono nell’acquisto di criptovalute ed effettuate anche a mezzo di prestanome, pongono un serio ostacolo all’identificazione del beneficiario finale delle transazioni ed effettivo titolare di bitcoin acquistati non dal medesimo ma dalle società estere che fungono da “exchanger di criptovalute”. Ne consegue quindi che tale condotta rientra tra quelle punite dalla norma incriminatrice, per avere dato corso al trasferimento del profitto dei reati presupposto in una attività finanziaria costituita dal cambio della valuta posto in essere su suo mandato da società estere.
È autoriciclaggio trasferire somme a società estere per acquistare criptovalute
Source: Quotidiano Giuridico
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