Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il tribunale, in sede di applicazione della pena, aveva subordinato d’ufficio il riconoscimento, per la seconda volta, del beneficio della sospensione condizionale della pena all’esecuzione del lavoro di pubblica utilità sforando i limiti massimi previsti dalla normativa dettata dal D.Lgs. n. 274/2000, la Corte di Cassazione penale, Sez. V, con la sentenza 18 ottobre 2021, n. 37698 – nel prendere atto dell’esistenza di un “doppio” contrasto giurisprudenziale sulle questioni di cui sopra – ha ritenuto di dover rimettere alle Sezioni Unite le seguenti questioni: a) “Se, in tema di patteggiamento, il giudice, ratificando l’accordo intervenuto tra le parti, possa, di ufficio, subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena a una delle condizioni previste dall’art. 165 c.p., comma 1, nel caso in cui tale condizione sia rimasta estranea alla pattuizione e, in particolare, se sia possibile subordinarlo alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività in caso di mancato esplicito consenso dell’imputato”; b) “Se, in tema di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, il computo della durata di tale misura debba essere effettuato con riferimento solo al criterio dettato dall’art. 165 c.p., comma 1, (per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa) oppure con riferimento al criterio desumibile dal combinato disposto dell’art. 18-bis disp. coord. c.p., e D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 54, comma 2, (non inferiore a dieci giorni nè superiore a sei mesi)”.
Source: Quotidiano Giuridico