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FORMAZIONE ALLA LEADERSHIP, UN’ATTIVITA’ COMPLESSA PER UNA REALTA’ ORGANIZZATIVA COMPLESSA

di Cristiano Galli

 

L’ambiente operativo in cui operano gli Ufficiali delle Forze Armate moderne viene definito VICAR[1], un acronimo che esprime i concetti di: volatile, incerto, complesso, ambiguo e rapido nei cambiamenti. Benché questi termini possano apparire di ovvia interpretazione, nascondono una serie di trappole cognitive che rendono molto problematico l’esercizio di un’efficace azione di comando. L’esponenziale sviluppo ed implementazione di nuove tecnologie nel campo di battaglia sta fornendo ai combattenti moderni strumenti sempre più potenti per acquisire e gestire informazioni, ma l’elemento cardine che contraddistingue la qualità dell’operato sul terreno di scontro rimane sempre l’elemento umano, con tutti i suoi punti di forza e le sue debolezze. L’essere umano è dotato, per sua stessa natura, di uno strumento complesso per eccellenza, il cervello. Il cervello è la centrale operativa che governa l’agire della risorsa umana ed è pertanto il funzionamento ottimale di questa struttura che rende più o meno efficace l’impiego di qualsiasi forma evoluta di tecnologia.

 

Per ottimizzare il funzionamento del nostro cervello diventa essenziale conoscerne i meccanismi di funzionamento, ed è proprio in questo settore che negli ultimi anni le Neuroscienze Cognitive hanno fatto passi da gigante. Attraverso l’utilizzo delle più avanzate tecniche di neuroimaging i neuroscienziati stanno cominciando a comprendere in maniera sempre più approfondita, i meccanismi attraverso i quali l’essere umano riceve (sensing) ed elabora (perceiving) la realtà esterna, derivandone processi cognitivi (thinking) e comportamentali (behaving).

Queste dinamiche devono pertanto guidare lo sviluppo di qualsiasi modello di leadership e dei conseguenti modelli di formazione che ne supportano un esercizio efficace. L’Aeronautica Militare italiana ha sviluppato un proprio modello di leadership[2] basandosi proprio sugli apprendimenti derivanti da questi studi. Nel modello sviluppato, la leadership è definita come relazione di influenza tra i capi e i loro collaboratori a ogni livello gerarchico, volta a perseguire scopi condivisi e ad aggiungere valore alle persone.

Questa semplice definizione contiene alcuni concetti che sono rivoluzionari per la cultura militare. In prima analisi, non si parla più di leader ma di leadership, proprio perché le competenze che rendono efficace l’azione di comando non sono proprietà di un singolo individuo, ma derivano da un processo di interazione relazionale che, nel rispetto dei principi dei sistemi adattivi complessi, si sviluppano secondo una dinamica azione-reazione di natura circolare e non lineare. La leadership è pertanto un fenomeno di natura sociale in cui ogni comportamento influenza ed è a sua volta contemporaneamente influenzato dal fenomeno relazionale. I Sistemi Adattivi Complessi (CAS – Complex Adaptive Systems), sono sistemi complessi in grado di adattarsi e cambiare in seguito all’esperienza, come ad esempio gli organismi viventi, caratterizzati dalla capacità di evoluzione: cellule, organismi, animali, uomini, organizzazioni, società, politiche, culture [3].

Nelle dinamiche relazionali di natura professionale che si sviluppano fra i membri di unità organizzative complesse come quelle delle forze armate moderne, i processi di leadership coesistono con processi di followership, la cui efficacia è da intendersi reciprocamente condizionante. La leadership nemmeno esiste se non affiancata alla followership, i due concetti sono intrinsecamente collegati. E’ quindi opportuno assumere che “se esistono solamente insieme, possono essere efficaci solamente insieme”.

Fig. 1 – Leadership e Followership nella metafora del dipolo elettrico

 

 Nella metafora rappresentata in Figura 1, Leadership e Followership possono essere viste come i poli di un dipolo elettrico immerso in un campo magnetico (metafora del processo relazionale organizzativo) che ne orienta la disposizione. In questa dinamica, il Capo non è sempre il leader ed il subordinato non è sempre il follone: è il processo nel quale sono coinvolti che ne determina i comportamenti più o meno funzionali ed efficaci.

Come già  accennato, l’azione di comando è un comportamento sociale di natura complessa, che si sviluppa su vari livelli in funzione della dimensione sociale interessata. Il modello sviluppato dall’Aeronautica Militare si sviluppa in un set di competenze che, in una logica bottom-up, partono dalla dimensione individuale (self) per arrivare alla dimensione strategica (strategic), passando per le dimensioni del piccolo gruppo (team) ed organizzative (organizational). Il conseguente modello per la formazione, prevede un continuum formativo che accompagna l’ufficiale dagli anni dell’ingresso in Accademia, fino ad arrivare ai gradi apicali, mirato allo sviluppo di competenze individuali e sociali di  natura cognitiva, ma soprattutto emozionale [4].

Altro aspetto fondamentale del modello di formazione alla leadership è rappresentato dalle metodologie didattiche utilizzate. Dinamiche complesse si possono formare e allenare solamente in contesti complessi e sfruttando metodologie complesse. L’attività formativa, per essere efficace e duratura, deve agire sulla sfera comportamentale. Nel rispetto dei principi scientifici della Intentional Change Theory di Richard Boyatzis [5] (Fig. 2), il cambiamento comportamentale è visto come una serie di scoperte individuali che portate ad un livello cosciente devono poi essere allenate in un contesto relazionale sicuro, nel quale l’individuo, favorito da un clima di reciproca fiducia e protezione, si sente libero di poter uscire dalla propria zona di comfort e sperimentare nuovi comportamenti. Il percorso formativo si sviluppa così attraverso un cammino di scoperta di sé e degli altri, con l’utilizzo di metodologie didattiche attive (formazione esperienziale, business games, esercitazioni, ecc.) alternate a lezioni teoriche frontali, seguito da coach professionisti che supportano e facilitano il percorso di crescita individuale e di gruppo.

 

Fig. 2 – Intentional Change Theory adattato dal modello di Boyatzis e Goleman

Come rappresentato in Fig. 2, al centro del ciclo di apprendimento del modello di Boyatzis, vi sono le relazioni personali che influenzano ognuna delle fasi cicliche di apprendimento e cambiamento. Non si tratta, peraltro, di relazioni qualsiasi ma di relazioni di fiducia. La fiducia reciproca è l’abilitatore primario che permette alla relazione di svilupparsi in maniera efficace e di attivare comportamenti emergenti.

Nel fenomeno dell’Interazionismo Simbolico [6], le norme comportamentali di un gruppo emergono dall’interazione degli individui che lo compongono. Attraverso l’interazione e la negoziazione, in forma attiva, i membri del gruppo creano le proprie reciproche aspettative sul “come pensare” e “come comportarsi” nell’ambito del gruppo. Studi scientifici hanno suggerito che nell’ambito di un gruppo queste norme comportamentali emergono attraverso quattro fasi [7]. Nella prima fase ogni individuo basa il proprio comportamento secondo le proprie esperienze pregresse, sviluppate nella sfera di contesti relazionali che reputa similari. La seconda fase si avvia non appena i membri del gruppo iniziano ad interagire. Attraverso le proprie azioni, osservazioni e riflessioni, gli individui attribuiscono un senso alle proprie esperienze comuni. Questa attribuzione di “senso”, retro agisce sul gruppo, dando vita alla creazione di è nuove aspettative sul comportamento proprio ed altrui. Nella terza fase, le individualità all’interno del gruppo emergono, mettendo in discussione le norme sociali che si stanno sviluppando. Questa forma di “sfida” individuale al set di norme sociali può portare a due forme di risposta. Attraverso la gestione efficace di un processo di conflitto e negoziazione il gruppo può integrare nuovi modi di agire condivisi, oppure respingere i comportamenti emergenti proposti. Nella quarta ed ultima fase, ogni membro del gruppo pensa e si comporta in conformità alle aspettative create dalle norme sviluppate nell’™ambito del gruppo abbandonando le aspettative comportamentali con le quali aveva approcciato la relazione nella prima fase.

La qualità delle competenze relazionali messe in campo dai membri del gruppo durante tutte le fasi di sviluppo delle norme sociali caratterizza la qualità delle performance del gruppo stesso e della sua capacità di mantenerne il livello nel tempo, adattandosi efficacemente alle variabili di contesto complesse dell’ambiente VICAR.

Tornando al concetto di fiducia, risulta chiaro come, nello sviluppo di aspettative reciproche, il potersi fidare di cosa ci si aspetta da sé e dagli altri diventi condizione sine qua non per scoprire, sperimentare e consolidare nuovi modi di pensare e comportarsi.

 La leadership, come processo relazionale, svolge la propria funzione cardine, proprio nell’ambito di questo processo di formazione di norme sociali efficaci (Group Emotional Intelligence [8]).

Complessità dell’ambiente, complessità delle competenze, complessità dei modelli di formazione e, non ultima per importanza, complessità degli strumenti di assessment. Tutto il processo formativo rappresentato nel modello deve essere supportato da strumenti che consentano un monitoraggio oggettivo dello sviluppo delle competenze desiderate. Solo in questo modo è possibile garantire il presidio della dimensione oggettiva della formazione, la cosiddetta Efficacia Formativa [9].

L’efficacia della formazione è monitorata da strumenti di assessment basati su reti neurali (Self Organizing Maps [10]), che permettono di seguire in forma oggettiva il percorso di sviluppo degli utenti verso le performance di eccellenza.

Tali strumenti, basati sui principi dell’intelligenza artificiale, consentono una misurazione dinamica della realtà comportamentale dei membri del gruppo, modificandosi ed apprendendo parallelamente allo sviluppo delle relazioni sociali del gruppo stesso.

Questo innovativo modello di esercizio e formazione della leadership militare permetterà di allineare l’efficacia delle competenze dell’elemento umano all’efficacia degli strumenti tecnologici che il progresso sta inserendo sul campo di battaglia, permettendo all’uomo di ottimizzare lo sfruttamento della tecnologia, ma anche di influenzarne efficacemente lo sviluppo senza diventarne mero utilizzatore passivo.

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NOTE

[1] Ambiente VICAR, Direttiva Stato Maggiore Aeronautica SMA ORD 046, Linee Guida per la formazione alla leadership, Ed. 2016

[2] Modello di Leadership AM, Direttiva Stato Maggiore Aeronautica SMA ORD 046, Linee Guida per la formazione alla leadership, Ed. 2016

[3] Complex Adaptive Systems (CAS), definizione data da John H. Holland nell’articolo Complex Adaptive Systems and Spontaneous Emergence, in: Alberto Q. Curzio e Marco Fortis eds, Complexity and industrial clusters, Physica-Verlag, Heidelberg, 2002.

[4] Il concetto di Intelligenza Emotiva è stato introdotto nel mondo accademico da Salovey e Meyer per descrivere “la capacità” che hanno gli individui di monitorare le sensazioni proprie e quelle degli altri, discriminando tra vari tipi di emozione ed usando questa informazione per incanalare pensieri ed azioni. Cfr.: Peter Salovey and John D. Mayer, Emotional intelligence. Imagination, cognition and personality, in: Sage Journals,  1990, Vol. 9, Issue 3, pp. 185-211. Il termine fu poi reso maggiormente popolare da Goleman nel suo libro Emotional intelligence in cui descrive questa forma di intelligenza come un insieme di competenze o caratteristiche che sono fondamentali per affrontare con successo la vita: autocontrollo, entusiasmo, perseveranza e capacità di automotivarsi. Cfr.: Daniel P. Goleman, Emotional intelligence, Bantam Books, New York (NY), Ed. 1995. In seguito, Mayer, Caruso, e Salovey estesero e raffinarono la definizione nel rispetto dei criteri scientifici di “forma di intelligenza” nella pubblicazione: John D. Mayer, David R. Caruso, and Peter Salovey, Emotional intelligence meets traditional standards for an intelligence, in: Intelligence Journal, Vol. 27, Issue 4, 1999, pp. 267-298.

[5] Boyatzis, Richard E., An overview of intentional change from a complexity perspective, in: Journal of Management Development, Emerald Group Publishing Limited, Bingley (UK), Volume 25, Issue 7, 2006, pp. 607-623.

[6] Layder, Derek, Understanding social theory, Sage Publishing, 2005; Cfr. anche S. Stryker, & Anne A. Statham, Symbolic interaction and role theory, in: G. Lindzey & E. Aronson (Eds), The handbook of social psychology, 3rd ed, Vol. 1, Random House, New York, 1985, pp. 311-378.

[7] Kenneth, Bettenhausen and J. Keith Murnighan, The emergence of norms in competitive decision-making groups, in: Administrative Science Quarterly, Sage Journals, 1985, Vol. 30, pp. 20-35; Daniel C., Feldman, The development and enforcement of group norms, in: Academy of Management Review, Georgia State University, 1984, Volume 9, Issue 1, pp. 47-53; Leon Festinger, A theory of social comparison processes, in: Human Relations, Sage Journals, 1954, Volume 7, Issue 2, pp. 117-140.

[8] Group Emotional Intelligence (GEI), da intendersi quale “abilità”  di sviluppare un set di norme in grado di gestire i processi emotivi relazionali coltivando fiducia, identità ed efficacia di gruppo. Cfr.: Vanessa Urch Druskat and Steven B. Wolff Group emotional intelligence and its influence on group effectiveness, in: Cary Cherniss and Daniel Goleman, The emotionally intelligent workplace, The Consortium for Research on Emotional Intelligence in Organizations, 2001, pp. 132-155.

[9] “Efficacia formativa” da intendersi quale misurazione dei risultati di un intervento formativo in termini di apprendimento e acquisizione di competenze osservabili, quantificabile quale rapporto fra il valore aggiunto del corso ed il fabbisogno formativo iniziale. Cfr. Gaetano Bruno Ronsivalle, Simona Carta e Vanessa Metus, L’arte della progettazione didattica. Dall’analisi dei contenuti alla valutazione dell’efficacia, Franco Angeli Ed., Milano, 2009.

[10] Le self-organizing maps (SOM) sono una fattispecie di organizzazione di processi di informazione in rete analoghi alle reti neurali artificiali. E’ addestrata usando l’apprendimento non supervisionato per produrre una rappresentazione dei campioni di training in uno spazio a bassa dimensione preservando le proprietà topologiche dello spazio degli ingressi. Questa proprietà  rende le SOM particolarmente utili per la visualizzazione di dati di dimensione elevata. Il modello fu inizialmente descritto dal professore finlandese Teuvo Kohonen e spesso ci si riferisce a questo modello come Mappe di Kohonen.