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LO STATO INTERALLEATO DELLA TRACIA OCCIDENTALE, 1919-1920

di Vittorio Vogna

 

La creazione dello Stato interalleato della Tracia occidentale (1919-1920) con la sua originalità e brevità di esistenza marca la sua funzione di soluzione provvisoria di un problema complicato e di difficile soluzione, che ha implicazioni politiche e di sicurezza anche nell’attuale scenario contemporaneo, in particolare per quanto riguarda i difficili rapporti tra Grecia e Turchia, entrambi Paesi membri della NATO.

 

Fu subito conteso da greci, bulgari e indirettamente dagli ottomani che avrebbero voluto appropriarsene. Il suo stesso governo, presieduto da un generale francese e formato da persone di sei nazionalità diverse, cercava di farlo annettere ora ad uno Stato ora ad un altro. Era chiaro che l’annessione a una delle nazioni confinanti di questa piccola entità artificiale, abitata da popolazioni di etnie diverse (come la maggior parte dei paesi balcanici), avrebbe inevitabilmente spinto alla ribellione quelle escluse, causando una grave instabilità politica nella zona [1]. Quindi le soluzioni, secondo i dettami dell’epoca, erano due: o si effettuava uno scambio di popolazioni o si prometteva l’eguaglianza e si cercava di convivere pacificamente. Nel caso della Tracia, all’inizio fu adottata la seconda, che però non assicurò la pace per molto tempo.

 

In definitiva, questo piccolo Stato, che in realtà altro non era se non un protettorato degli alleati, aveva la funzione di evitare rivolte e massacri, peraltro già avvenuti non molto tempo prima, nonché assicurare alla zona un governo, un’amministrazione e più in generale un’unità politica. Era naturalmente destinato a scomparire presto per essere annesso alla Grecia o alla Bulgaria. La lotta fra i due Stati fu senza esclusione di colpi e, senza la presenza del governo interalleato, più di una volta si sarebbe potuto fare ricorso alle armi. Le decisioni prese in quel periodo sono ancora oggi visibili nella odierna città di Komotini [2] e nei paesi circostanti. Si possono infatti vedere moschee e chiese cristiane, minareti e campanili, ortodossi o armeni gregoriani. Fino agli anni novanta del Novecento anche una sinagoga. Difatti, pur appartenendo alla Grecia, la Tracia occidentale ha conservato molto della sua antica immagine che lo Stato interalleato ha avuto il compito di preservare.

 

La Tracia Occidentale dal 1919 al 1920

 

Con la fine della prima guerra balcanica il 30 marzo 1913, le frontiere dell’impero ottomano si spostarono ancora una volta a est, lungo il fiume Evros, mentre tutti i territori a ovest furono ceduti agli alleati balcanici. La questione della spartizione della Macedonia e della Tracia portarono a una nuova guerra, questa volta tra gli stessi ex alleati. Fu in questa occasione che, nel giugno del 1913, l’Esercito Greco entrò nei territori della Tracia, fino ad allora occupati dai bulgari. La seconda guerra balcanica si concluse con la totale sconfitta della Bulgaria e la firma del trattato di Bucarest del 10 agosto 1913. Così la Serbia occupò la Macedonia del nord (il Kosovo), la Grecia la città di Salonicco, l’Epiro meridionale con la città di Ioannina e il porto di Kavala con quasi tutto l’entroterra. Le furono concesse tutte le isole dell’Egeo eccetto il Dodecaneso appartenente all’Italia, e le isole di Imvros e Tenedos [3]. La Tracia occidentale fu assegnata ai bulgari come sbocco sull’Egeo con il porto di Dedeagach [4]. Di conseguenza, pochi giorni dopo la firma del trattato, le truppe greche si ritirano dalla Tracia e da Ghiumuldjina.

 

E’ in questo lasso di tempo che si verifica un fatto curioso che darà vita alla prima repubblica turca, precedente di circa dieci anni quella di Kemal Ataturk. Subito dopo la ritirata delle truppe greche, la popolazione di Ghiumuldjina cacciò le truppe bulgare [5] giunte a occupare il territorio e, affiancate da truppe ottomane, crearono la cosiddetta “Repubblica di Ghiumuldjina” o “governo provvisorio della Tracia occidentale” [6]. Il 25 settembre 1913 la “repubblica” dichiarò ufficialmente e unilateralmente la propria indipendenza e adottò il nome di: “governo indipendente della Tracia occidentale” [7].

 

Essa comprendeva l’area tra i fiumi Evros a est, Nestos a ovest, i monti Rodopi nel nord e il mar Egeo a sud. Il suo territorio era di circa 8.600 km. La popolazione, per approssimazione, era di 500.000, di cui il 50% (250.000) greci e il resto turchi, pomacchi, zingari, armeni, ebrei e bulgari.

 

Non appena dichiarata l’indipendenza, il governo provvisorio determinò i confini del paese, istituì una bandiera che innalzò sugli edifici governativi, commissionò un inno nazionale, creò un esercito, i propri francobolli e passaporti, preparò il bilancio del nuovo paese e soprattutto scrisse una costituzione ispirata ai principi dei giovani turchi [8]. Per tale motivo non fu mai riconosciuta dall’impero ottomano, non ancora pronto a principi democratici. Il sostanziale allontanamento degli ottomani risulterò a breve fatale alla giovane repubblica [9]. Un cittadino ebreo, Samuel Karaso, fu incaricato dal governo di creare una agenzia stampa ufficiale e la pubblicazione di un giornale chiamato Mùstakil (Indipendente) redatto in lingua turca e francese.

 

Alla fine, il trattato di Costantinopoli, stipulato tra Turchia e Bulgaria il 16 settembre 1913, rimosse gli ultimi ostacoli per l’occupazione militare della regione, e le forze bulgare entrarono nuovamente in città nel mese di ottobre. Questa rivolta autorizzò il governo bulgaro ad attuare una politica di eliminazione soprattutto della popolazione di etnia greca. Così molti greci della Tracia conobbero la morte o l’esilio. Alcuni degli abitanti furono trasferiti in Bulgaria, altri imprigionati mentre altri ancora riuscirono a fuggire in Grecia. Da allora e per anni i greci saranno assenti a Ghiumuldjina, salvo due famiglie che avevano però la cittadinanza austriaca [10]. Così terminò la prima esperienza repubblicana turca, durata 53 giorni appena.

 

A parte questa parentesi repubblicana, gli anni dal 1913 al 1919 sono caratterizzati da continui sforzi da parte della Bulgaria per il consolidamento dell’occupazione della Tracia. A tal fine, nel 1914 si allea alla Germania e all’impero austroungarico, che le promettono il mantenimento della Tracia, Macedonia e il primato nei Balcani. Un accordo con il terzo alleato, l’impero ottomano, stipulato nel 1915, cancella le rivendicazioni bulgare sulla Tracia orientale.

 

Nel settembre del 1918, dopo la disfatta degli eserciti tedesco e bulgaro, la Bulgaria chiese una tregua separata con l’Entente, firmata il 17 settembre 1918 a Salonicco. Fu costretta a ridimensionarsi entro i suoi confini precedenti il trattato di Bucarest mentre gli eserciti alleati entrarono nel suo territorio occupando in breve i Balcani. Nella regione della Tracia occidentale si insediarono le forze francesi e inglesi. Parallelamente fu imposto un ufficioso controllo interalleato.

 

Più tardi, dopo la resa della Germania, ed entro i limiti delle grandi trattative per la pace che incominciarono nel gennaio del 1919 e che durarono un anno, fu firmato a Neuilly, nel novembre del 1919, il trattato di pace separato con la Bulgaria. Questa fu costretta a cedere agli Alleati tutti i territori annessi dal 1913 in poi, rinunciava a ogni diritto acquisito in Tracia occidentale e dava il suo consenso a priori a tutte le decisioni prese in futuro dagli Alleati.

 

Si creò così quell’originale staterello che passerà alla storia col nome di Thrace Interallié o “Tracia Interalleata”. Il sistema di governo fu istituito dal generale delle forze alleate in Oriente Franchet d’Espereyé che nominò come suo rappresentante il generale francese Charles Antoine Charpy e come capitale la città di Ghiumuldjina.

 

La Tracia fu allora evacuata dall’Esercito Bulgaro rimanente nonché da tutti i sistemi di governo importati dalla Bulgaria. In poche parole venne ufficialmente messa la parola “fine” alla dominazione bulgara. I francesi crearono tre nuove province: Xanthi, occupata dall’Esercito Greco, Ghiumuldjina, occupata dai francesi e KaraaÄŸaç (oggi in Turchia europea), occupata da francesi, inglesi e italiani.

 

Coloro che hanno cercato di studiare i sistemi sociali in Tracia dal 1919 in poi si sono trovati di fronte a un problema che rendeva quasi impossibili i loro studi: la quasi totale mancanza di dati [11]. In ogni caso è certo che all’epoca erano presenti in Tracia le caratteristiche delle società inglobate nell’impero ottomano [12] che conservò il sistema feudale precedentemente in vigore. Con la caduta dell’impero bizantino e la sua sostituzione da quello ottomano si verificarono in Tracia dei cambiamenti molto profondi; la sostituzione della classe dominante ottomana a quella bizantina e la sostituzione della religione musulmana a quella cristiana-ortodossa quale religione di Stato. Quindi della vecchia popolazione cristiana rimasero solo i contadini poveri e il clero, solo più tardi, per via delle esigenze della vita e della ripresa della popolazione, tra il XVII e XVIII secolo, si vennero a formare altri strati sociali cristiani.

 

Infatti, saranno proprio questi che un secolo più tardi seguiranno la rivoluzione greca del 1821 e che porteranno lo sviluppo economico in Tracia. Si verranno a formare nuovi mestieri e un pò più tardi delle corporazioni come quelle dei sarti, calzolai, falegnami e muratori. Seguiranno quelle dei piccoli commercianti, braccianti e allevatori, in continuo movimento per assicurarsi i pascoli. Studi più approfonditi hanno dimostrato l’esistenza di una specie di capitalismo popolare sorretto dall’abbondanza delle materie prime e della manodopera nella zona. I sistemi di proprietà collettiva dei mezzi di produzione ricordano il metodo di autogestione delle unioni artigianali o agricole moderne.

 

Oltre all’etnia greca, esistevano anche quella armena, ebrea e levantina, la popolazione ottomana e pommaca. I bulgari arrivarono in tempi relativamente più recenti. Gli armeni erano presenti in zona fin dai tempi di Giustiniano e assieme agli ebrei, giunti successivamente [13], controllavano gran parte del commercio. Con la nuova situazione politica incominciò il rimpatrio dei greci scappati o deportati che diede il via alle lotte diplomatiche di Venizelos che, per mezzo del suo inviato in Tracia Charisios Vamvacas, si adoperò per il ritorno della popolazione greca e per l’annessione della Tracia allo Stato greco. Parallelamente, anche i bulgari, per mezzo del primo ministro Aleksandér Stambolijski, incominciarono a mobilitarsi per una nuova annessione al fine di riassicurarsi il perduto sbocco sul Mediterraneo.

 

La Grecia nominò come suo rappresentante presso il nuovo Stato Vamvacas, mentre la Bulgaria nominò Gregof. Vamvacas si mise subito all’opera convincendo il generale Charpy a istituire un “consiglio datore di consigli”, che presto si trasformò nel “consiglio governativo”. Le difficoltà sollevate a questo progetto da parte dei componenti del movimento dei giovani turchi vennero subito stroncate dalla frase pronunciata dal generale: Monsieur Vamvacas est mon ami [14]. Quel consiglio prese il nome di Conseil Supréme. Fu formato da cinque greci, cinque ottomani, due bulgari, un armeno, un ebreo e un levantino. Il numero dei rappresentanti era proporzionato all’etnia di appartenenza. I loro nomi ben rappresentano il quadro etnico dell’epoca: Emanuele Dumas, Stalios, Formozis, Lamnidis, Alessio Papathanasis per i greci; Tefik, Nedim, Hafus, Salik, Kemal, Osman per gli ottomani; i bulgari Gheorghief e Duskov; l’armeno Rupen, l’ebreo Carasso e il levantino Banetti. Vamvacas scrisse delle sue prime impressioni in Tracia:

 

“Appena arrivato a Ghiumuldjina, mi presentai al Generale Charpy che trovai nel suo ufficio intento a stendere il piano del Governo della Tracia. Chiese la mia opinione. Fu un momento di grande tensione, gli esposi con tutta sincerità le mie opinioni sull’eguaglianza politica e sui diritti di tutte le popolazioni di nazionalità diverse, sui diritti di partecipazione al governo di ognuna in proporzione al proprio numero ma, contemporaneamente, in base alle loro capacità etiche e culturali per il bene collettivo. Ero a conoscenza che in base a ciò la vittoria sarebbe stata nostra. Senza discutere molto su questo argomento finì coll’affidarmi questo incarico. Gli assicurai che sarebbe stato breve e semplice, perché ci vuole rapidità e i militari vogliono opere e non testi voluminosi. Fu completamente d’accordo. Mi avvicinai verso la mia abitazione provvisoria, una vecchia casa armena appena abbandonata dai Bulgari, senza finestre e con soli mobili, una stuoia, un materasso di paglia, un tavolo e una sedia, vale a dire un contenitore di latta pieno di petrolio. Là, con la luce di una piccola lampada, fu preparata la prima struttura governativa della Tracia Occidentale, in sole quattro pagine, con sei sotto – amministrazioni, senza avere in mezzo dei prefetti, ma sotto la diretta giurisdizione del Governatore Generale, che all’epoca era il Generale Charpy. In questo documento, lasciai intendere che i posti delle sotto-amministrazioni di Dedeagach, Ghiumuldjina e KaraaÄŸaç dovessero essere occupate da Greci … Il mattino dopo il Generale francese fu perfettamente d’accordo con il mio piano” [15].

 

Tra le prime incombenze della nuova amministrazione vi fu l’osservanza delle clausole del trattato di Neuilly. Tra queste la questione dell’allontanamento degli ufficiali e funzionari bulgari rimasti in Tracia. Nonostante le cariche più alte fossero state rimpatriate e sostituite da ottomani, greci e armeni, molti funzionari bulgari dei gradi più bassi mantennero il loro posto nell’amministrazione del nuovo Stato. La protesta del generale greco Leonardopulos non si fece attendere. I bulgari rimasti furono accusati di promuovere propaganda bulgara presso i funzionari francesi dell’apparato amministrativo. Il generale greco, appellandosi al trattato di Neuilly ne chiese l’immediato rimpatrio.

 

Il primo compito assunto da Vamvacas fu di aiutare il ritorno della popolazione greca. Il rimpatrio dei greci fu una delle questioni più spinose e fu causa di vivaci contrasti tra greci e francesi. I primi, fin dall’autunno del 1919 promuovevano il rimpatrio dei fuggitivi mentre i francesi rallentavano chiedendo ai greci una lista dettagliata e completa di chi aveva diritto al rimpatrio [16]. Alla fine il processo ebbe inizio e per molti giorni le ferrovie brulicarono di treni che trasportavano le famiglie costrette pochi anni addietro a espatriare. I primi rimpatriati furono subito mobilitati da Vamvacas per aiutare il rimpatrio degli altri concittadini. Entro il mese di gennaio del 1920 furono rimpatriate 5.000 persone, entro aprile, 21.000.

 

Subito dopo il rimpatrio dei greci, un altro successo della politica di Vamvacas fu l’elezione del greco Apostolos Sourou a presidente della camera di commercio centrale della Tracia occidentale. A questa elezione gli unici a reagire furono i bulgari mentre ebrei, armeni e ottomani, in questo non condizionati dai giovani turchi, la videro di “buon occhio”. Il passo successivo fu far eleggere un greco quale presidente dei quindici membri del consiglio politico supremo della Tracia interalleata.

 

Fino a quando non fosse stato eletto il presidente, la prima seduta sarebbe stata presieduta dal generale Charpy. I bulgari e i giovani turchi imposero ai loro di votare per il candidato bulgaro Gheorghief. Così i bulgari erano convinti di avere assicurati sette voti (cinque ottomani e due bulgari) e cercarono con ogni mezzo o di assicurarsi l’ottavo voto oppure di ottenere due schede bianche, quelle armena ed ebrea. Pensavano così di lasciare la parte greca con i suoi cinque voti. Vamvacas invece riuscì a convincere il rappresentante armeno, ebreo e due dei cinque ottomani a votare per il candidato greco Emanuele Doucas di Karagach, di nazionalità francese. In quanto cittadino francese, anche il levantino Banetti fu felice di votare per Doucas.

 

La prima seduta del consiglio politico supremo si riunì la domenica del 22 marzo 1920, con presidente provvisorio Charpy. Tra gli argomenti da discutere vi fu anche l’elezione di una commissione di aiuto per il presidente. Dalla votazione risultarono: dieci voti per il candidato greco (cinque greci, due ottomani, uno armeno, uno ebreo e uno levantino) mentre per il candidato bulgaro cinque (due bulgari e i restanti tre ottomani). Per l’elezione della commissione, composta da quattro membri furono eletti due greci, uno ottomano (uno dei due che avevano votato per Doucas) e uno bulgaro.

 

Da allora in poi incomincia la fine della vita di questa piccola entità artificiale. A Parigi era già incominciata la lotta fra greci, bulgari e ottomani per la Tracia. Le carte vincenti della partita furono presentate dalla Grecia ed erano la presenza dei due presidenti greci in Tracia occidentale: il presidente della camera di commercio centrale e il presidente del consiglio politico supremo. Si riuscì in tal modo a dimostrare che la popolazione più numerosa era quella greca. A validare tale affermazione aiutarono anche i registri ottomani del periodo 1870-1878 delle statistiche etnologiche riferiti al vecchio vilayet della Tracia e che riportavano i seguenti numeri: 264.471 greci, 223.477 turchi ottomani, 60.778 bulgari, mentre ebrei e armeni non superavano i 20.000 [17].

 

I bulgari e i musulmani, vedendo che stavano perdendo la partita, pensarono di reagire con le armi, spalleggiati da partigiani bulgari e nazionalisti ottomani che, infiltratisi nel territorio della Tracia interalleata, promossero l’idea dell’autonomia permanente della regione. Tra questi, gli ufficiali ottomani Caffer Tayar (che peraltro era il rappresentante di Kemal in Tracia) e Ismail Haki Bey e il partigiano bulgaro Simeon Georghiev [18].

 

Vamvacas però, ricordò ai turchi le sofferenze che dovettero subire dal 1913 al 1919 da parte bulgara. In un altro momento ancora, bulgari e giovani turchi furono “rincuorati” dalla presenza in Tracia occidentale del generale turco Jofir Tajar. A queste tensioni intervenne il generale Charpy che cercò di calmare provvisoriamente la situazione, non come generale francese ma attraverso le istituzioni del governo interalleato. Il tutto però era già stato deciso dalla Conferenza della Pace ancora dal mese di aprile a San Remo. La Grecia aveva vinto e aveva ottenuto sia la Tracia occidentale o “Interalleata” sia la Tracia orientale salvo Costantinopoli che per il momento era sotto l’occupazione interalleata. D’Esperey ne era a conoscenza fin dalla fine di aprile del 1920. Il 30 aprile 1920 Vamvacas avvisò il generale greco Zimvrakakis che il generale Charpy aveva ricevuto un telegramma dal suo superiore d’Espereyâéš nel quale gli veniva ordinato di consegnare la Tracia occidentale ai greci. Il 10 maggio veniva reso noto, ufficialmente ormai, a Charpy e a Zimvrakakis che il 14 maggio 1920 Ghiumuldjina sarebbe stata consegnata alla Grecia. Lo stesso giorno, ad Atene, Venizelos, presa la parola al Parlamento, disse tra gli applausi generali della sala:

 

Signori Senatori, ho l’onore di rendere noto al Parlamento che l’Esercito Nazionale partito da Xanthi ha occupato nella sua totalità la Tracia e parte di esso si trova già nella periferia di Adrianopoli, la città di KaraaÄŸaç. L’occupazione della Tracia Occidentale si è svolta in ordine e senza provocazioni. Sono certo che dopo questo successo verrà completata col tempo anche l’avanzata nel resto della Tracia Occidentale fino ai limiti a noi concessi dal Trattato. In questo momento sento il dovere di fare le congratulazioni del Governo al Comandante, gli ufficiali, i sottufficiali ed i soldati dell’Esercito Nazionale” [19].

 

Come da programma, all’alba del 14 reparti greci stazionati nelle vicinanze si mossero verso la città. Alle 10 del mattino, il generale di divisione Leonadopoulos, alla testa della Nona Divisione, entrò a Ghiumuldjina. Il generale Charpy assistette, al fianco di Vanvakas all’ingresso dei greci tra le ovazioni della folla, ormai da “semplice” militare. A breve avrebbe lasciato la Tracia, seguito dalle truppe francesi. Il 14 maggio del 1920 terminò l’esistenza della Tracia interalleata, iniziata nell’ottobre 1919.

La questione della Tracia Interalleata nella diplomazia internazionale

 

Il 30 dicembre 1918, nel corso delle trattative sulla pace a Parigi Eleftherios Venizelos, rappresentante del governo greco, chiese agli alleati l’espansione territoriale della Grecia. Tra gli altri territori chiese la Tracia occidentale e orientale. Le sue rivendicazioni su quel territorio erano basate sulle tavole statistiche del 1910 dei vilayet di Adrianopoli e Costantinopoli; greci: 730.822; ottomani: 956.425; bulgari: 107.843; armeni, ebrei e altri: 404.556 [20].

 

Le rivendicazioni greche sulla Tracia riguardavano la zona geografica compresa tra una linea retta che incominciava dalla cima del monte Kula, proseguiva parallelamente al fiume Arda fino ad Adrianopoli e seguiva il fiume Tunza fino al punto ove incontrava i confini bulgaro – ottomani del 1913 e da lì proseguiva fino a Santo Stefano. All’inizio i diplomatici inglesi, francesi e americani decisero di consegnare la Tracia occidentale alla Grecia nella sua totalità, con la condizione che essa avrebbe concesso alla Bulgaria uno sbocco di natura economica sull’Egeo nei porti di Dedeagach, Kavala o Salonicco.

 

Gli alleati furono d’accordo sulle rivendicazioni greche in Tracia orientale ma ci fu un improvviso mutamento di decisione da parte degli statunitensi nel marzo del 1919. Gli italiani, inoltre, appoggiando le rivendicazioni bulgare complicarono lo sviluppo delle trattative (luglio del 1919). Gli Stati Uniti, quindi, chiesero che la Tracia occidentale divenisse bulgara. Il 29 luglio, dopo la firma degli accordi Venizelos-Tittoni [21], l’Italia riconsiderò la sua posizione in merito alla Tracia. L’accordo italo-greco fece in modo che la proposta britannica per una Tracia indipendente (agosto del 1919) fosse annullata per proposta americana.

 

Alla proposta britannica seguirono una francese, (con allegata una proposta di costruzione di una linea ferroviaria Dedeagach-Adrianopoli), un’altra statunitense, parzialmente accolta dalla Grecia. Verso la conclusione delle trattative sulla Tracia, all’ultimo momento lo stesso presidente Wilson propose la cessione alla Grecia della zona Xanthi-Ghiumuljina, (solo un ottavo della Tracia occidentale), mentre il resto della Tracia nord-occidentale sarebbe stato consegnato alla Bulgaria. La parte sud-occidentale e orientale avrebbero fatto parte dello Stato di Costantinopoli. La proposta americana fu scartata da francesi e britannici mantenendo la questione insoluta fino al maggio del 1920. Il Trattato di Sévres del 10 agosto 1920 decretò che le due regioni passassero alla Grecia. Il nuovo confine greco-turco si spostò a soli 35 chilometri da Costantinopoli. Di conseguenza, la Turchia europea si ridusse a soli 2.000 chilometri quadrati di estensione.

 

Conclusioni

 

La storia della Tracia non finisce qua. Con il trattato di Losanna del 1923 la parte orientale fu consegnata alla nuova Turchia di Kemal Ataturk e, fino agli anni ’90 del XX secolo seguiranno fasi di occupazione, rivolte e dimostrazioni pacifiche e non sia nella Tracia occidentale sia in quella orientale. Oggi, la regione geografica della Tracia è divisa in tre parti: la Turchia occupa la Tracia orientale, la Grecia la parte occidentale e la Bulgaria la Romelia orientale.

 

Quindi i trattati di Neuilly e Sèvres posero fine allo sbocco bulgaro sul mare Egeo. La Bulgaria rimetterà sul tavolo la questione negli anni della seconda guerra mondiale. Dal 1941 al 1944, a fianco delle potenze dell’Asse, occuperà nuovamente i territori della Tracia Occidentale, riapplicando politiche di bulgarizzazione della popolazione. Nel secondo dopoguerra la questione fu nuovamente intavolata a partire dal 1964 e ancora nel 1973 e 1989, anni di importanti accordi bilaterali. La fine del bipolarismo porterà agli accordi di Sofia del 1995 che decretarono l’apertura di nuovi passaggi e valichi sui confini dei due paesi, chiusi e militarizzati dopo la seconda guerra mondiale. Indicativo, in questo senso, la riapertura del valico di Makaza, a nord di Komotini che pone fine alla questione dello sbocco sul mare e lo consegna, almeno per il momento, alla storia.

 

L’altro aspetto che lo Stato della Tracia interalleata ci ha tramandato è la preservazione della multiculturalità della regione, presente sin dai primi tempi di Bisanzio. Nonostante la scomparsa delle comunità bulgara ed ebrea, in Tracia, oggi, sono presenti le comunità armena-gregoriana, musulmana, gli zingari e i pommachi. La città di Komotini e i villaggi vicini sono abitati da popolazioni composite, il che si può riscontrare anche dal punto di vista urbano. Le moschee sono a fianco delle chiese cristiane, di confessione greco-ortodossa o armeno-gregoriana. Il profilo delle città è caratterizzato dagli svettanti minareti e dalle morbide curve delle cupole delle moschee, madrase e imaret, oltre che dalle chiese cristiane ortodosse; il visitatore occasionale, ascoltando il potente richiamo alla preghiera del muezzin può, per un momento, avere l’impressione di trovarsi in Medio Oriente piuttosto che in Unione Europea. Tale impressione si rafforzerebbe visitando il mercato dallo spiccato sapore orientale e osservando le donne musulmane velate oppure i tipici caffé orientali. Insomma, le comunità hanno mantenuto le proprie tradizioni e le hanno traghettate nel nuovo millennio.

 

Dal punto di vista politico, tale multiculturalità ha sempre attirato l’attenzione della Turchia. Il consolato turco a Komotini è secondo per importanza solo all’ambasciata di Atene. L’occhio di Ankara è sempre rimasto vigile: tra le altre attività, ha agevolato gli studi dei musulmani di Tracia in Turchia. Negli ultimi anni l’attenzione turca è ancora aumentata con l’apertura di importanti istituti bancari turchi nella regione. La considerazione finale sorge quindi quasi spontaneamente: la Turchia di Recep Tayyip ErdoÄŸan, un paese che sostanzialmente sta valutando la sua appartenenza all’Occidente o al mondo islamico, soprattutto alla luce delle recentissime tensioni, anche di natura territoriale, con la Grecia, che atteggiamento potrebbe assumere in merito alla Tracia occidentale?

 

 

NOTE

[1] Questa fu, nella sostanza, la posizione della rappresentanza statunitense presso la Conferenza della Pace. Nello specifico, la privazione della Tracia orientale occidentale e la conseguente perdita dello sbocco sul mare avrebbe causato una tale “amarezza” in Bulgaria da porre le basi di un futuro conflitto.

[2] Komotini è il nome che la città di Ghiumuldjina ha assunto dopo il 1920. Da ora in poi si farà riferimento nel testo con quest’ultima denominazione.

[3] Si decise di lasciarle alla sovranità ottomana in quanto si trovano proprio allo sbocco dei Dardanelli.

[4] L’odierna città di Alessandropoli in Grecia.

[5] Nell’ articolo di Le Petit Journal del 14 settembre 1913 si menziona che uomini donne e bambini armati di fucili e asce cacciarono le truppe bulgare atterrite.

[6] In turco ottomano: (Garbi Trakya Hukumet-i Muvakkatesi); in greco:  (Prosorini Kyvernisi Dytikis Thrakis).

[7] In turco ottomano:  (Garbi Trakya Hukumet-i Müstakilesi); in greco: (Avtonomi Kyvernisi Dytikis Thrakis).

[8] Secondo altri le leggi e i regolamenti ottomani furono approvati e applicati senza alcun cambiamento.

[9] La neonata repubblica, nel suo slancio repubblicano adottò dei principi politici che l’impero ottomano non poteva ancora accettare. Se la nuova entità fosse stata più “vicina” all’impero questo, oltre al riconoscimento, avrebbe potuto, in futuro e con condizioni politiche favorevoli, procedere alla sua annessione.

[10] Alcuni paesi furono risparmiati dalla deportazione. Maronia, Gratini e Cosmio, conservarono qualche traccia di popolazione greca.

[11] I bulgari bruciarono tutti gli archivi statali e parrocchiali che poterono trovare, sequestrato o distrutto i libri delle biblioteche. Ancora oggi molti libri e documenti della regione di Komotini e Xanthi si trovano negli archivi di Sofia.

[12] La Tracia ne farà parte dal 1361, epoca nella quale venne conquistata, fino al 1913 quando passò ai Bulgari.

[13] Si tratta principalmente di ebrei sefarditi, giunti dalla Spagna a seguito dell’espulsione del decreto dell’decreto dell’Alhambra del 1492. La comunità ebraica trace è stata annientata durante la shoah.

[14] I due si erano già conosciuti a Salonicco quando il generale era il Comandante della Commissione delle Forze Alleate in Oriente, con al capo il Generale in Capo Franchet d’Esperey. In ogni caso il filellenismo del generale francese fu sempre manifesto.

[15] Karkatselis Kostas, I Ensomatosi tis Thrakis stin Ellada, Chroniko tis Apeleuterosis, Komotini, 1991, pag. 12.

[16] Miranda Paximadopoulou-Stavrinou, I Ditiki Thraki stin exoteriki politiki tis Vulgarias, Gutemberg editore, Atene, 1997, pag. 60-61.

[17] Karkatselis K., op. cit., Komotini, 1991, pag. 16.

[18] K. A. Vakalopoulos, Istoria tou Voriou Ellinismou, Thraki, Adelfon Kyriakidi Editore, Salonicco, 1993, pag. 303.

[19] Karkatselis K., op. cit., Komotini, 1991, pag. pag 1.

[20] Petsalis-Diomidis N., Greece at the Paris Peace Conference (1919), Institute for Balkan Studies, Thessaloniki, 1978, pag. 345.

[21] L’Italia si impegnava ad appoggiare le rivendicazioni greche su Tracia, Epiro del nord e Dodecaneso (che avrebbe goduto di forti autonomie) eccetto l’isola di Rodi. In cambio la Grecia avrebbe appoggiato quelle italiane sulle questioni di Fiume, Trieste, Istria e Dalmazia, avrebbe ceduto alcuni territori in Asia Minore, fino ad allora contesi.

 

Vittorio Italo Vogna  docente di Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università di Gorizia. Esperto dell’area balcanica, ha collaborato attivamente come storico ed analista per l’Esercito Italiano in qualità di Ufficiale della Riserva Selezionata