di Gino Falleri
L’Europa è stato il tema dominante dal momento in cui il governo presieduto dal prof. Mario Monti si è insediato a Palazzo Chigi. Da allora sono entrati nelle conversazioni quotidiane, talvolta senza comprenderne il reale significato, i termini spread, fiscal compact, spending review, default, baratro e pareggio di bilancio. Termini che prima erano quasi del tutto ignorati, ma non nei dovuti ambienti.
Solo allora si è presa cognizione che qualcosa nei nostri conti pubblici, spese ed entrate, non andava per il verso giusto e questo preoccupava le autorità di Bruxelles. Di qui la famosa lettera della Bce nell’estate del 2011 e un paio di articoli a firma di Mario Monti sul “Corriere della Sera”, che metteva in risalto i punti negativi della politica economica del governo Berlusconi e in particolare dei provvedimenti proposti da Tremonti.
Poi a novembre dello stesso anno Monti è andato a Palazzo Chigi e in ossequio ai suggerimenti dell’Unione europea ha dato il via ad una politica di rigore, che avrà pur portato ordine nei conti pubblici, ma ha messo in ginocchio l’economia nazionale. Ci sono stati suicidi, moniti ad Equitalia per i suoi metodi (autorizzati dai parlamentari), disoccupazione alle stelle e una miriade di chiusure di piccole e medie attività produttive ed ancora non si ha cognizione quando potremo uscirne. Forse nel secondo semestre di quest’anno.
E’ solo una ipotesi. Il risultato elettorale, un quasi pari e patta tra Pd e Pdl, con il Movimento Cinque Stelle primo partito alla Camera, non ha premiato. Anzi, per un giorno, il 26 febbraio, ha acuito la diffidenza dei mercati. C’è stato un altro martedì nero della borsa e una impennata dello spread. Tutto questo preoccupa, cui deve aggiungersi che il prossimo governo dovrà mettere mano ad una nuova manovra fiscale.
Si parla di 15 miliardi. Dove si andranno a trovare? L’ipotesi è solo una: lavoratori dipendenti, pensionati e possessori di una casa. Sulla casa non si deve dimenticare quanto ha detto Fassina durante una puntata di Omnibus. Progressione sopra il valore di un milione e mezzo. Ha dimenticato di riferire che gli estimi catastali saranno rivalutati. Ecco dove si andranno a trovare le risorse.
Un interrogativo si impone e riguarda chi è stato in Parlamento, chi ci ritorna o c’entra per la prima volta. Non sembra che la classe politica, senza alcuna esclusione, per quanto si sente in giro e per quello che è stato affermato durante la campagna elettorale, sia riuscita a far comprendere quali siano i reali benefici di far parte dell’Unione europea e di avere la moneta unica auspicata da Mitterand dopo la riunificazione delle due Germanie. Riferito senza alcun recondito scopo l’euro ha fatto raddoppiare il costo dei servizi ed i prezzi al consumo, non le pensioni e gli stipendi. Sono rimasti al palo pure gli aumenti al personale pubblico. Li vedranno dopo il 2014. E’ uno degli ultimi atti del governo Monti.
Sempre i nostri politici non hanno informato, repetita iuvant, dei motivi per i quali altri partners hanno ritenuto più conveniente mantenere in vita la propria moneta. E’ il caso della Gran Bretagna, che, a più riprese, mostra la sua insofferenza e non fa mistero di guardare con simpatia al di là dell’Atlantico. Pure verso l’Europa del Nord.
L’Unione europea ha, a parte le battute pronunciate nella campagna elettorale, un importante ruolo, ma non può significare solo e soltanto rigore e inoltre non si può consentire che ci sia un paese egemone rispetto agli altri. Come non può essere l’unione dei banchieri e della finanza. In una parola degli affari. Dovrebbe innanzitutto significare benessere collettivo, welfare e fiscalità comune, come peraltro la politica estera volta a tutelare gl’interessi dei Ventisette. Tutto questo si vede? L’ombra del dubbio esiste.
Durante la campagna elettorale, che ha visto il Movimento Cinque Stelle riunire nelle piazze migliaia di persone, tanto da far ricordare le adunate oceaniche o i comizi nell’immediato dopoguerra dei grandi rappresentanti della sinistra, il tema Europa ha avuto il suo spazio. Soprattutto per mettere in risalto gli aspetti meno positivi come il patto di stabilità, che contrae lo sviluppo. Comunque minore di quello riservato all’Imu.
La tassa sulla prima abitazione imposta dal professor Monti e non accettata dalla stragrande maggioranza degli italiani. E’ uno dei motivi che hanno impedito a “Scelta civica” di brillare. Le urne non l’hanno premiata e non si può ricorrere, per giustificare il risultato, ai ristretti tempi per dare consistenza allo schieramento politico guidato dall’ex rettore della Bocconi. Da non tralasciare gli “aiutini” venuti da Bruxelles.
I risultati elettorali sono stati sorprendenti. Hanno attestato la disapprovazione di una grande parte del corpo elettorale nei confronti dei politici di professione. Ha vinto Beppe Grillo ed il suo movimento. In Parlamento ne vedremo delle belle. Intanto ha detto, ma ci potrebbero pure essere dei ripensamenti, che non sarà data alcuna fiducia al Pd. E non c’è da parte del duo Bersani - Vendola la volontà di dialogare con il Pdl. Siamo all’ingovernabilità e a non pochi problemi con i mercati. Sebbene non manchi chi affermi che il nostro paese è ingovernabile da almeno un ventennio. E’ ingessato e le riforme necessarie non sono mai state fatte. Lo stesso Monti è stato molto timido e non ha premuto sull’acceleratore quando invece sarebbe stato produttivo.
Le urne che hanno scombussolato tutte le previsioni sono state impietose nei confronti di alcuni politici di non scarsa caratura. Gianfranco Fini, Antonio Di Pietro, Paola Concia, Guido Crosetto, Italo Bocchino e Franco Marini sono restati fuori. E’ un ulteriore segnale del cambiamento?
Il vero problema, quello cui guarda Bruxelles, è la stabilità di governo e cosa vorrà fare il Movimento di Grillo. Se si fa riferimento a Parma non sembra che abbia finora brillato nella gestione della cosa pubblica. Nello stesso tempo non si capisce cosa voglia significare il decidere volta per volta secondo se la proposta coincide con il loro programma. E tanto meno si comprende da quale parte si dovrebbero andare a trovare le risorse per il reddito di cittadinanza e il sussidio per tutti i disoccupati. Ci sarebbe la bancarotta se lo si facesse. La spesa pubblica viaggia sopra gli 800 miliardi all’anno. E non è poco per quello che si vede.
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