di Lorenzo Pisoni
Il santuario di Nostra Signora di Harissa si trova nei dintorni di Beirut, capitale del Libano.
La statua della Vergine si erge sulla collina, a 650 metri di altezza, sopra la cittadina di Jounieh, distesa sulla costa sottostante il santuario.
La cittadina, località balneare rinomata con un mare cristallino, sembra voler tendere le braccia al santuario.
Harissa è emozionante per i fedeli e per ogni turista che visita questo luogo sacro, costruito vicino al villaggio di Daroun. Per le comunità cristiane libanesi riveste una grande importanza, religiosa e simbolica. Per i libanesi rappresenta il simbolo della devozione a Maria. I libanesi cristiani hanno portato e portano con sé l'immagine della Madonna di Harissa. Copie della statua si trovano a New York , nel Sudafrica, persino in Canada e a Rio.
Harissa venne scelta come sede del santuario nel 1904, in occasione del cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione da parte di Papa Pio IX. Due anni dopo l'enorme statua, che pesa 15 tonnellate, di bronzo rivestito di bianco, venne trasportata da Parigi in Libano. E posta sull'alto piedistallo a spirale dal quale domina la valle.
Nel 1908 l'inaugurazione ufficiale, presieduta dal patriarca maronita monsignor Elias Hoyek. Da allora la festa di Nostra Signora del Libano si celebra il primo maggio di ogni anno.
Il santuario di Harissa è diventato un centro nevralgico che avvicina tutte le comunità cristiane del Paese: nelle immediate vicinanze si trovano la sede patriarcale maronita di Bkerké, la sede della nunziatura apostolica in Libano, il convento dei padri Missionari di San Paolo (Chiesa melkita), il convento dei padri francescani, la sede del patriarcato siro-cattolico e quella del patriarcato armeno-cattolico.
Il santuario è visitato anche da fedeli musulmani, che venerano l'immagine di Maria. Ogni anno arrivano qui pullman in visita dall'Iran, per esempio. E anche tra i musulmani o i drusi libanesi Harissa è importante.
In tutto il Paese si trovano santuari mariani, meno conosciuti di quello di Harissa, ma altrettanto venerati dalle diverse comunità cristiane: Balamand, Bikfaya, Bzommar, Kannubin, Ksara, Magdouché, Zahlé.
E nella maggior parte delle chiese, c'è almeno un altare consacrato alla figura della Madonna.
I maroniti hanno una particolare devozione a Maria. Al termine di ogni celebrazione eucaristica il sacerdote, con l'immagine della Madonna tra le mani, si rivolge ai fedeli invocando l'intercessione della Vergine Maria sulla comunità.
In un Paese che vanta antichissime radici cristiane, il santuario di Harissa ha anche un profondo valore simbolico per i cristiani.
Il Libano rimane la società più pluralista in una regione dominata dalle due principali comunità musulmane, quella sunnita e quella sciita.
Vi convivono 18 gruppi confessionali diversi. Ma il crescente senso di isolamento e vulnerabilità dei cristiani (che in mancanza di un censimento reale si stimano intorno al 35-40 per cento della popolazione) è nato specialmente con il conflitto siriano, che ha acuito le tensioni tra i vari cittadini musulmani.
In questo contesto si capisce perché i cristiani libanesi percepiscano Nostra Signora del Libano anche come simbolo di conforto che in Libano ci sarà sempre posto per la comunità cristiana.
Nel 1997, in una storica visita al Paese dei cedri, Giovanni Paolo II celebrò la Messa proprio ad Harissa. Tutto era stato preparato con grande attenzione, un'elaborata cerimonia, l'omelia e la benedizione del Santo Padre dentro la Chiesa. Si era pensato a ogni dettaglio – si ricorda - ma quando il Papa vide così tanta folla in attesa, molta più di quanta ne potesse contenere la chiesa, volle andare fuori, volle essere vicino a tutta quella gente.
Fu in quella visita, dalla collina di Nostra Signora di Harissa, che Giovanni Paolo II definì il Libano «un messaggio di tolleranza e apertura» per il mondo.
< Prec. | Succ. > |
---|