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Abbazia S.Maria di Pulcherada (To). Dopo mille anni rivede la luce un Cristo Pantocratore

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di Massimo Boccaletti
Oltre alle increspature della superficie murale, sono state quelle lunghe dita affusolate visibili a stento sul muro curvo dell’abside ad insospettire i restauratori del Consorzio San Luca di Torino. “Sotto” quella mano, e quelle increspature, due segnali univoci  e concordanti, “doveva” esserci qualcosa. Un qualcosa  che valeva la pena identificare e riportare alla luce. 
L’abside del resto è l’unica parte originale rimasta dell’Abbazia romanica di Santa Maria di Pulcherada, chiesa del X secolo, affacciata sul Po a San Mauro ed punto di passaggio tra l’antica Augusta Taurinorum (Torino)  e la città romana di Industria. Nei rifacimenti del 1665 e del 1920 il resto della chiesa era stato talmente rimaneggiato da stravolgerne l’identità:  basti pensare che delle tre navate originarie ne è rimasta una sola, quella attuale.  Con quei segnali così intriganti, però, l’abside lasciava chiaramente intravvedere di essere stata esclusa  dai pesanti interventi dei secoli successivi. 
Avviate così nel 2010  dal Consorzio San Luca, vincitore dell’appalto per i restauri, le prime indagini per scoprire che cosa nascondesse l’abside si rivelarono subito un successo  perché i sondaggi stratigrafici confermarono l’esistenza di un ciclo pittorico risalente a poco prima dell’anno Mille, coevo, quindi, alla costruzione della chiesa. “Contrariamente a quanto accade talvolta in tali circostanze – osserva Luca Emilio Brancati, amministratore del Consorzio -  dinanzi ad una scoperta che gettava nuova luce sull’importanza dell’Abbazia e della stessa S. Mauro,  si formò subito un circolo virtuoso di studiosi, finanziatori (San Paolo e Cassa di Risparmio ndr.) e pubbliche istituzioni (Comune, Università, Soprintendenze,  Politecnico, Curia), i quali, di comune accordo stabilirono in un convegno della primavera 2012, le linee di indirizzo del recupero”. “Nel felice concorso di consensi – osserva  ancora-  non fu di poco conto anche l’appoggio della popolazione di S. Mauro, che, messa al corrente del ritrovamento, diede pieno sostegno alle operazioni di  recupero, malgrado il persistere della crisi”.
Con l’avanzare dei lavori, l’intuizione iniziale venne pienamente e felicemente confermata: gli abili restauratori del Consorzio, già reduci da altre brillanti operazioni di recupero (es. le celebri Porte Palatine di Torino) riportarono alla luce  nel catino absidale la figura centrale di un Cristo Pantocratore assiso in trono, contornata da figure minori, deteriorate per lo più, ma dai dettagli significativi. L’importanza del recupero non è data solo dall’intrinseco valore pittorico degli affreschi, ma dalla nuova luce che gettano sull’importanza dell’abbazia e della comunità monastica ivi residente, storicamente collegata alla Novalesa e quindi spunto prezioso per nuovi studi e ricerche .
“La scommessa oggi – continua Brancati – è salvaguardare e valorizzare questo patrimonio, facendolo conoscere non solo agli studiosi (peraltro accorsi da tutt’Europa alla notizia della scoperta ndr.)  ma a ben più ampio raggio”.  Una prima iniziativa promozionale è stata già realizzata. In favore del bene monumentale di San Mauro il 14 febbraio, giorno di  S. Valentino (non a caso, visto che la campagna si intitola “I love Pulcherada”), si è svolta “una kermesse di arte, cultura, tango, architettura, storia, teatro danza, gusto, poesia, fotografia e cinema”.  “La complessa manifestazione - spiega la coordinatrice Monica Mantelli - comprendeva una passeggiata storico-paesaggistica nel centro e ai piedi della collina, una visita agli affreschi, musica, street-tango, corteo di figuranti storici, il concerto di un Quartetto classico, fino a degustazioni di bevande e specialità create ad hoc nei locali di San Mauro per la Pulcherada”.  
Al termine della kermesse, a  vegliare sulla Abbazia e sul suo futuro  è rimasto  un “Tavolo permanente” (ed affollato) di Lavoro”, affiancato da Enti ed Istituzioni e da tutti coloro che a vario titolo intendono contribuire al progetto di valorizzazione. Del Tavolo fa parte anche Ippolito Ostellino, Direttore dell’Ente di gestione delle Aree Protette del Po e della Collina Torinese che colloca l’Abbazia e suoi ritrovamenti in una visione assai più   “ampia”: ”I beni culturali e paesaggi che contraddistinguono il territorio fra Po e collina – osserva - possono diventare un’opportunità di richiamo turistico e rilancio territoriale se inanellati in un palcoscenico unitario. Il progetto di promozione integrata di Collina Po comprende  un vasto comprensorio tra cui S. Mauro ha valore di scala regionale, ma nel 2015 si è candidata ad entrare nella lista delle Riserve della Biosfera del MAB* Unesco”.


(*) Il programma MAB (Man and the Biosphere) venne avviato dall’UNESCO negli anni ’70 per migliorare il rapporto tra uomo e ambiente e ridurre la perdita di biodiversità attraverso programmi di ricerca e sviluppo. Il programma ha portato al riconoscimento, da parte dell’UNESCO, delle Riserve della Biosfera, aree marine e/o terrestri che gli Stati membri s’impegnano a gestire nell’ottica della conservazione delle risorse, della valorizzazione dei beni naturali e  valori culturali e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali. Scopo della proclamazione delle Riserve è promuovere e dimostrare una relazione equilibrata fra la comunità umana e sue produzioni valoriali (beni artistici compresi) e gli ecosistemi, creare siti privilegiati per la ricerca, formazione e educazione ambientale, oltre che poli di sperimentazione di politiche mirate di sviluppo e pianificazione territoriale. 
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