Matt Cameron, figura chiave della scena grunge per aver militato in band come Soundgarden, Pearl Jam e Temple of the Dog, ha recentemente offerto uno sguardo ravvicinato alla costruzione ritmica di uno dei brani più celebri degli anni ’90: “Black Hole Sun”.
Nonostante la fama planetaria della canzone, “Black Hole Sun” non fu frutto di una lunga gestazione in studio. Come racconta lo stesso Cameron, il brano arrivò in corsa durante le sessioni dell’album Superunknown e venne inciso senza nemmeno una vera prova collettiva.
“L’abbiamo registrata in un pomeriggio, senza preoccuparci troppo dei dettagli, perché l’arrangiamento funzionava subito” (Matt Cameron).
La semplicità apparente dell’arrangiamento nasconde però una struttura che lascia molto spazio all’espressività della batteria, specie nei giochi di piatti e tom, elementi che Cameron ha saputo dosare con gusto in ogni sezione della canzone.
Il Keplinger da 7″ e il suono di Superunknown
Uno degli elementi più interessanti del walkthrough è l’introduzione di uno strumento ormai leggendario per gli appassionati di batteria: il rullante Keplinger in acciaio inossidabile da 7 pollici, costruito da Gregg Keplinger nei primi anni ’90 proprio per Cameron.
Il batterista lo definisce “una specie di Frankenstein”, per la sua costruzione non convenzionale e il look grezzo, accentuato da una vistosa saldatura centrale che ne è diventata parte integrante dell’estetica.
Ma non è solo una questione di estetica. Questo rullante, dice Cameron, gli ha permesso di creare una coesione timbrica con tom e piatti, dando quel sound compatto e riconoscibile che permea tutto Superunknown. Non a caso, è stata una delle chiavi sonore dell’album, un suono che ha contribuito a definire l’identità della band in quel periodo.
Dall’analisi al revival della batteria completa
Nel video è stato ricostruito fedelmente il setup di Cameron usato nei live con i Pearl Jam, integrando però il famoso rullante Keplinger proprio per omaggiare “Black Hole Sun”. Una scelta simbolica che sottolinea quanto quell’approccio sonoro sia rimasto influente, anche fuori dal contesto originale.
Cameron accompagna il pubblico sezione per sezione, mostrando come ogni parte del pezzo sia stata costruita più con l’istinto che con la pianificazione, ma sempre mantenendo un’attenzione chirurgica al bilanciamento timbrico.
La batteria, nel brano, non è solo accompagnamento: è struttura narrativa e dinamica.
Cameron dimostra come anche un brano inciso “al volo” possa rimanere scolpito nella storia della musica grazie a una combinazione di elementi ben calibrati: strumenti scelti con cura, interplay tra i musicisti e capacità di leggere la canzone per quello che chiede, non per quello che si vuole imporle.
Per chi segue il percorso live di Cameron, sarà possibile rivederlo con i Pearl Jam nel tour in partenza dagli Stati Uniti. Ma anche per chi resta fermo dietro lo schermo, questo tipo di contenuto è una risorsa preziosa per comprendere cosa significhi suonare in una band di quel livello.
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Source: Musicoff