Presentazione ufficiale al Parlamento europeo dell’EAPO&IC

Relazione di Gino Falleri
Presidente EAPO&IC

Parlamento Europeo, Bruxelles
Sala ASP 3H1

Martedì 1 aprile 2014

 E’ innanzitutto doveroso ringraziare per la sua presenza il vice presidente vicario del Parlamento europeo, Gianni Pittella, che ha contribuito non poco all’organizzazione di questa serata e ringrazio inoltre, con lo stesso sentimento di gratitudine i colleghi stranieri ed italiani, che hanno voluto accettare l’invito. Un grazie a Lorenzo Consoli, già presidente dell’Associazione stampa internazionale e responsabile del Master in comunicazione presso l’Università di Bruxelles, ed a Ove Joanson, vice presidente del Centro europeo di giornalismo.

Un ringraziamento va pure rivolto ad Andrea Maresi, che si è assunto l’onere di tradurre quanto starò per dire per coloro che non sono di lingua italiana. Andrea, oltre ad essere un validissimo collega è anche un mio corregionale. Entrambi siamo nati nelle Marche.

Questa sera siamo qui riuniti in una delle sale del Parlamento dell’Unione europea, che avrà di certo visto transitare e soffermarsi tanti personaggi che, giorno dopo giorno, hanno contribuito e contribuiscono alla creazione dell’Europa, per presentare ufficialmente l’Eapo&IC a livello internazionale. A meno di 60 giorni dal 25 maggio, quando i cittadini dell’Unione saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento, e a qualche giorno in più dall’inizio del Semestre italiano.

E’ stata già presentata in via informale nella Capitale dell’Unione in occasione del 23° Meeting dell’Oafcen, la Rete dei comunicatori antifrode dell’Olaf, organizzato alla fine di novembre dello scorso anno, e a dicembre nello “Spazio Europa” di Roma, prima dell’inizio della cerimonia di premiazione dei vincitori della quarta edizione del premio giornalistico internazionale Argil:uomo europeo, con una tavola rotonda sul tema “Roma chiama Bruxelles: spiegamola bene questa Europa”.

Cosa è questa Eapo and IC, quali sono i suoi programmi e le sue finalità e perché la sua dirigenza e parte dei suoi aderenti sono saliti a Bruxelles? Alcuni di questi già soci o dirigenti dell’AGE, membri della Sezione italiana del Movimento europeo e dell’Unione giornalisti europei per il federalismo secondo Altiero Spinelli.

A prima vista è solo e soltanto un acronimo. Una delle tante sigle che circolano nell’Unione europea a cui sono legate le più svariate iniziative. Un acronimo che potrebbe voler significare tanto o niente, ha persino l’ampersand inglese. Inoltre è pure criptico per via delle due lettere dell’alfabeto, che seguono appunto l’ampersand e per giunta sono senza il punto alla loro destra. L’una attaccata all’altra.

Quindi deve essere decrittato. Per metterlo in chiaro non serve di certo Ultra e tanto meno la capacità matematica di Alan Turing, che, come si ricorderà, è stato, assieme al ceco Kurt Godel, uno degli antesignani dell’intelligenza artificiale.

Sua è l’idea del computer, la Macchina di Turing costruita negli anni Trenta del 900, e con la sua diffusione, quale strumento di lavoro e di comunicazione, nasce la Società dell’informazione, per i contributi forniti da Fritz Machlup, Jacob Marschak e Daniel Bell, e su cui ha puntato l’Unione con le tecnologie dell’informazione.

Per la cronaca, sempre con riferimento a Turing, si potrebbe aggiungere quanto è circolato sulla Rete e ripreso nelle “spigolature” da Le Scienze per via della mela sbocconcellata da una parte, abbandonata sul comodino della sua stanza da letto allorché è stato trovato morto. Si era suicidato.

Quella mela è ora il simbolo dell’Apple di Cupertino. Lo si trova su tutti gli iPad, gli iPhone, e sebbene la società nordamericana non lo abbia finora ammesso, è da considerare un omaggio al genio di un inglese. E gl’inglesi, come i Greci, hanno seminato democrazia. Il bicameralismo è opera loro, è stato introdotto al tempo di Edoardo III, come la democrazia liberale e la ripartizione dei poteri per le intuizioni di John Locke.

EAPO&IC non vuole significare altro che “Associazione europea degli addetti al press office e alle aree di comunicazione istituzionale dell’Unione Europea e nazionali” con sede a Roma e a Bruxelles. Una associazione apartitica, apolitica e senza scopo di lucro, alla quale possono aderire tutti coloro che fanno parte dell’Unione e si interessano di comunicazione ed informazione per le istituzioni pubbliche.

Una associazione bidirezionale: informazione, che è fine a sé stessa, e comunicazione, che presuppone un ritorno. Informazione per raccontare cosa avviene nei Palazzi delle istituzioni europee o di quelli nazionali, per rimuovere i luoghi comuni, per portare a conoscenza i provvedimenti comunitari, sollecitare la partecipazione ed indicare quali traguardi si vogliono tagliare.

Spiegare il perché si debbono tenere in ordine i conti pubblici e riferire agli euroscettici, purtroppo non sono pochi, che non è l’euro la causa della situazione di crisi in cui ci si trova. Per quanto ci riguarda è l’aver accettato un rapporto di cambio lira/euro non di favore. Chi fa informazione, e tutto il giorno è sul fronte della notizia, non può omettere di segnalare il recentissimo libro di Giulio Tremonti “Bugie e Verità”, che fornisce particolari inediti e sorprendenti.

Se i prezzi sono saliti rispetto all’epoca della lira, mentre le retribuzioni sono restate al palo, le autorità pubbliche hanno le loro responsabilità. Rutelli e Tremonti ne dovrebbero sapere qualcosa: parcheggi e lotto. Sostare per un’ora costava mille lire, come la giocata minima al lotto. Tutto fatto salire ad un euro. Praticamente il doppio. Non è uscendo dalla moneta comune che si risolvono i problemi. Sintomatici al riguardo un recente articolo pubblicato su l’Espresso dal titolo “Quelli che l’euro no” a firma di Claudio Lindner ed il libro di Alan Friedman intitolato “Ammazziamo il gattopardo”.

Una informazione che ruoti non solo sui principi fissati dall’articolo 2 della legge sull’Ordinamento della professione di giornalista, ma anche sulle tradizionali tre “I”. I giornalisti debbono essere indipendenti, irriverenti ed indisponenti. La stessa Carta dei doveri, approvata nel luglio del 1993, afferma solennemente che il giornalista è il responsabile della corretta informazione e questa non può essere subordinata agli interessi dei terzi. Sia degli editori, del governo e quindi anche dei politici.

Attenzione pure alle trasformazioni della professione, ai nuovi mezzi per informare e comunicare. Ai blog, ad Internet, ai social network ed a Google, che continua a presidiare il mondo dell’informazione giornalistica ed al riguardo di rilievo un articolo di Frédéric Filloux dal titolo “The press, Google, its algorithm, their scale”.

Attenzione non solo alla libertà di stampa, che in alcune parti della stessa Unione talvolta traballa, ma soprattutto alle trasformazioni dell’ufficio stampa. Non è più quello dell’altro secolo. E’ assurto, come hanno affermato Andrea Benvenuti e Salvo Guglielmino nel loro libro intitolato Combook, ad un “vero e proprio catalogo di prodotti editoriali da mettere a disposizione delle redazioni giornalistiche e di tutti gli utenti”.

La seconda strada è la comunicazione. Non quella di Edward Louis Bernays. Il nipote di Freud aveva il vezzo di manipolare l’opinione pubblica e al riguardo si ricordino le “Fiaccole della libertà”. Senza sottovalutare quanto ha di recente affermato Noam Chomosky sulle 10 strategie per la manipolazione mediatica con i mezzi di comunicazione di massa. Una comunicazione istituzionale che sappia promuovere un ritorno, stimolare il consenso e soprattutto osteggiare l’assenteismo di massa.

Il motivo? C’è un notevole distacco dalla politica. Lo scorso anno Eurobarometro ha riferito, sul rapporto tra cittadini e i loro rappresentanti. L’Italia è scivolata, negli ultimi anni, nel fondo della classifica. Il 56 per cento dei cittadini italiani non è coinvolto, ad alcun livello, nella partecipazione politica, rispetto al 47 per cento dei tedeschi, al 38 per cento degli spagnoli, al 33 per cento degli inglesi ed al 28 per cento dei francesi.

Questo distacco significa assenteismo. Eloquente l’articolo pubblicato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore a firma di Adriana Cerretelli: L’Europa dilaniata tra ribellismo ed egoismi.

Le professionalità per realizzare quanto finora è stato accennato non mancano. L’Eapo&IC ha profonde radici nel Gruppo Giornalisti Uffici Stampa, il Gus, che è un gruppo di specializzazione della Federazione nazionale della stampa italiana su base regionale, costituito a Milano nella metà degli anni Sessanta, e in quella che era la Rete dei comunicatori dell’Antifrode, che il binomio Hermann Brunner/Alessandro Butticè ha a suo tempo istituito. Un patrimonio di professionalità e di esperienze da non dissolvere. Lo statuto apre infatti a coloro “che si interessano, o sono cultori, di comunicazione o informazione pubblica per favorire un interscambio delle reciproche esperienze professionali”.

Quali sono gli altri scopi che si prefigge? Uno è costituito dalla formazione ovvero l’aggiornamento. Le tecnologie sempre più sofisticate applicate al mondo della comunicazione ed informazione pretendono professionisti di grande caratura con qualificazioni polivalenti.

Il legislatore italiano ha stabilito, con una legge del 2012, che tutti i giornalisti, nessuno escluso, debbono sottoporsi alla formazione permanente. Acquisire 60 crediti in tre anni. Se non lo fanno vanno davanti ai Consigli territoriali di disciplina. La formazione è indispensabile pure per i comunicatori. Chi più sa ha maggiori possibilità di vincere le sfide che il Terzo Millennio dissemina lungo le nostre strade.

Qui si innesta un interrogativo. Chi sono i formatori? Le istituzioni giornalistiche o le Università? I soggetti pubblici o privati, quali le aziende editoriali che dovrebbero avere il diritto di aggiornare i giornalisti che lavorano per loro? L’industria della notizia, come diceva Giuliana Del Bufalo, la prima donna ad assurgere alla carica di segretario della Fnsi, non è dello Stato, bensì dei privati. Ha i contributi, sempre meno consistenti, del contribuente.

Quale la risposta? Dovrebbero essere le Università e i Centri specializzati e non un’occasione momentanea di lucro per gl’intra moenia. La formazione, l’aggiornamento continuo, la potrebbero fare, se attrezzate, pure le associazioni di categoria. L’Eapo l’ha tra le sue finalità.

Siamo alle battute finali. Come e quando è nata l’idea di costituire l’EAPO&IC. Si potrebbe affermare per un puro caso. All’improvviso si è accesa una lampadina, come spesso accadeva ad Archimede Pitagorico, il personaggio immaginario dei fumetti di Walt Disney. Si è accesa in un giorno del mese di luglio del 2011, un mese cruciale per l’Italia per via dei conti non in ordine, mentre chi vi sta parlando, assieme al collega Carlo Felice Corsetti ed a Alessandro Butticé quale mentore, andava in giro per le varie sedi istituzionali per saggiare quale fosse il vero clima nei confronti di uno dei paesi fondatori della Comunità.

La lampadina ha incominciato a brillare nel momento stesso in cui ha fatto il suo ingresso nello studio del vice presidente vicario del Parlamento europeo. L’Eapo and IC è nata così. I soci fondatori, oltre a chi ha finora parlato, sono Alessandro Butticè, Carlo Felice Corsetti, Ugo Mario Armati, recentemente scomparso, Roberto Rossi, Tommaso Polidoro e Lorenzo Pisoni. Una associazione per una informazione e comunicazione asettica, apolitica, ed al servizio dei 500 milioni di cittadini, compresi i civilissimi danesi.